Vita Chiesa

Natale ortodosso, gli auguri di mons. Bianchi

Secondo gli ultimi dossier statistici di Caritas e Fondazione Migrantes gli ortodossi sono la prima comunità straniera d’Italia, seguiti dai musulmani, per una presenza di circa un milione e mezzo di fedeli. Il giorno della nascita del bambino Gesù è considerato la principale festività in tutte le confessioni cristiane, ma non viene festeggiato allo stesso modo nei Paesi cattolici e ortodossi. A cominciare dalla data. Il mondo cattolico e una parte di quello ortodosso, che hanno accettato la riforma del calendario gregoriano nel 1582, onorano il sacro evento il 25 dicembre. Per la Chiesa di Gerusalemme, la Chiesa ortodossa russa, serba, nonché antiche Chiese orientali e quella cattolica orientale, il Natale cade il 7 gennaio, secondo il calendario Giuliano. Ieri, all’Angelus dell’epifania, Benedetto XVI ha rivolto un pensiero al mondo ortodosso: “Numerose Chiese orientali, secondo il calendario Giuliano, festeggiano il Natale. Questa leggera differenza, che fa sovrapporre i due momenti, pone in risalto che quel Bambino, nato nell’umiltà della grotta di Betlemme, è la luce del mondo, che orienta il cammino di tutti i popoli”. Maria Chiara Biagioni per il Sir ha chiesto un pensiero a mons. Manueto Bianchi, vescovo di Pistoia e presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo della Cei.

Quale il valore ecumenico del Natale?

“Il mistero del Natale che noi cattolici abbiamo celebrato da poco e che alcuni ortodossi celebrano oggi, ci mette di fronte a quelli che sono i contenuti condivisi e fondamentali della fede cristiana e quindi è un incoraggiamento ad andare avanti sulla strada del dialogo, della reciproca comprensione e del rispetto per le due Chiese che convivono sul nostro territorio. Al di là, quindi, delle difficoltà che il dialogo può incontrare, la festa del Natale che abbiamo celebrato è un patrimonio talmente grande e così profondamente condiviso dalle Chiese che certamente rappresenta un motivo fortissimo per proseguire e portare avanti il cammino del dialogo ecumenico”.

Quale augurio si sente di fare oggi ai fedeli ortodossi immigrati in terra italiana?

“Guardando alle persone che appartengono alla Chiesa ortodossa e vivono la loro fede qui tra noi in Italia, vorrei esprimere un augurio e anche un impegno. L’augurio è che riescano a trovare quell’accoglienza, quella comprensione, quella integrazione a cui hanno diritto. Quell’accoglienza che riconosce e promuove la loro dignità umana e rispetta i motivi di vita che li hanno portati in mezzo a noi”.

E l’impegno?

“L’impegno è che le nostre Chiese che sono in Italia siano in questo cammino di accoglienza e integrazione veramente profetiche anche dinanzi all’impegno dello Stato e della società civili, indicando una strada di percorrenza che sia in qualche modo anticipatrice ed esemplare per quella che deve essere un percorso comune dell’intera società”.