Vita Chiesa

Ora di religione: messaggio Cei a studenti e genitori, «non è una dichiarazione di appartenenza»

La scelta di avvalervi o meno dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) «non è una dichiarazione di appartenenza ad una religione, né è un modo per influenzare la coscienza di qualcuno, ma vuole esprimere solo la richiesta alla scuola di voler essere istruiti anche su quei contenuti religiosi previsti dalle Indicazioni didattiche e che costituiscono una chiave di lettura fondamentale della realtà in cui noi tutti oggi viviamo». Lo ricorda la presidenza della Conferenza episcopale italiana nel messaggio rivolto a studenti e genitori in vista della scelta di avvalersi dell’Irc per l’anno scolastico 2017-18. «Papa Francesco – proseguono i vescovi – ripete spesso che stiamo vivendo non solo un’epoca di cambiamenti e trasformazioni, ma proprio un ‘cambiamento di epoca’ e anche la società italiana può ormai definirsi plurale e multiculturale, ma la storia da cui veniamo è un dato immodificabile e le tracce che in essa ha lasciato e continua ad offrire la Chiesa cattolica costituiscono un contributo alla crescita della società di tutti». Nel messaggio, studenti e genitori vengono invitati «a compiere questa vostra scelta non solo a partire dalle vostre posizioni religiose e dalla consapevolezza del valore dell’Irc, ma anche e soprattutto sulla base di una reale conoscenza dei contenuti propri di questa disciplina scolastica».

«Avvalersi delle opportunità offerte dall’insegnamento della religione cattolica (Irc) a scuola permette di trovare negli insegnanti delle persone professionalmente molto qualificate, ma anche testimoni credibili di un impegno educativo autentico, pronti a cogliere gli interrogativi più sinceri di ogni persona e ad accompagnare ciascuno nel suo personale ed autonomo percorso di crescita», scrive ancora la presidenza della Cei. Richiamando quanto pubblicato nel volume «Una disciplina alla prova. Quarta indagine nazionale sull’insegnamento della religione nella scuola italiana», i vescovi sottolineano che «il volto attuale dell’Irc è assai diverso da quello delineato dalla situazione sociale e culturale dell’Italia del 1985, quando fu firmata la Prima Intesa sull’Irc dopo la Revisione del Concordato».

«La ‘prova’ di cui parla il titolo del volume – proseguono – è quella della scolarizzazione della disciplina, cioè della compatibilità dell’Irc con finalità e metodi della scuola, e gli autori della ricerca ritengono che si tratti di una prova superata in maniera egregia». Per la Cei, «all’epoca della firma del nuovo Concordato pochi avrebbero scommesso sulla tenuta di questo insegnamento, che oggi invece mostra di essere ancora vitale, con un tasso di adesione globale di poco inferiore al 90% di tutti gli studenti italiani». «La ricerca – sottolineano i vescovi – ha anche verificato il sapere religioso degli studenti, rilevando che le cose vanno meno peggio di quanto si possa immaginare: le conoscenze bibliche sono buone; la consapevolezza etica degli studenti cresce col crescere dell’età; alcune conoscenze sulle altre religioni appaiono discrete».