Vita Chiesa

PRATO, PRETI STRANIERI A LEZIONE DI CULTURA LOCALE

Qualche volta è meglio staccarsi dalle campane. Una sola volta alla settimana, beninteso, e per ascoltare il suono della campanella. Il primo squillo è fissato giovedì 10 e riguarda i sacerdoti stranieri che esercitano il loro ministero pastorale a Prato. Per un’ora e mezza, dalle 10 alle 11,30, seguiranno lezioni di lingua, di storia, di arte, di usi e costumi locali, «con particolare attenzione – spiega il vicario generale della Diocesi, monsignor Eligio Francioni – alla dizione, alla lettura del Vangelo e alle prove pratiche d’esposizione dell’omelia». Preti stranieri a scuola, insomma, «ogni giovedì e per tutto l’anno – riprende il vicario – nell’interesse loro, della nostra comunità, delle chiese e dei paesi dai quali provengono». L’intenzione della Diocesi pratese è chiara e rispetta gli accordi che intercorrono fra il vescovo che accoglie e quello che invia, quando un sacerdote emigra per un periodo abbastanza lungo. La permanenza a Prato, come si legge nella lettera che il vicario stesso ha inviato agli interessati, oltre «al fare esperienza pastorale è occasione per prendere conoscenza della lingua e della cultura italiana. Sono anni preziosi che vanno messi a frutto». Ed ecco che da giovedì 10 settembre, alle Casa del clero pratese, tutti i sacerdoti provenienti dall’estero si ritroveranno per seguire insieme corsi di lingua italiana con riconoscimento e approfondimento della struttura del discorso, con particolare riguardo alla declinazione dei verbi, lezioni di storia, arte, usi e costumi, tradizioni religiose con particolare riferimento alla città e diocesi di Prato. La classe sarà formata da un buon numero d’allievi. Sono almeno 40 i sacerdoti stranieri presenti in questo momento in Diocesi, fra i quali il vicario generale ricorda anche i 4 che sono incardinati e che hanno fatto il seminario da noi». Altri 6 appartengono a comunità religiose alle quali è stata affidata la guida di una parrocchia. «Inoltre, 22 sacerdoti sono presenti a Prato come studenti – continua monsignor Francioni – In pratica, fanno il dottorato a Roma e svolgono servizio da noi. Altri ancora sono a “tempo pieno”». Attenzione, però. «Le convenzioni fra i vescovi sono di 3 anni, prorogabili per altri 3, fino a un massimo di 9 – precisa il vicario generale – Vogliamo che questi sacerdoti portino il loro frutto nei Paesi d’origine, nelle loro chiese e nelle loro università». Non dimentichiamo, poi, una peculiarità della multietnica Prato. «A questi sacerdoti è affidata la cura delle cappellanie che seguono le varie comunità di loro connazionali che vivono in Diocesi – aggiunge il vicario generale – È un’attività importante che va dalla celebrazione della messa nella lingua madre degli immigrati a momenti d’incontro, fino a un sostegno spirituale e a volte materiale del quale tante persone soffrirebbero la mancanza». Sempre per parlare di dati e nazioni, ricordiamo che nelle chiese pratesi la messa viene celebrata in romeno, ucraino, in polacco e viene detta appositamente per i moldavi che spesso sono pure di lingua romena o ucraina. Non solo. In chiesa, ogni domenica, si ritrovano i singalesi, i cinesi fedeli a Roma, i nigeriani e le diverse comunità francofone o latino-americane. «Parliamo tanto di globalizzazione – chiosa il vicario – Ma è pur vero che per vocazione, storia e tradizione la prima a vivere l’universalità è stata la Chiesa, anche sul piano culturale che come su quello degli aiuti alle persone».

Fabio Barni