Vita Chiesa

Padre Roncari, un vescovo per due diocesi «Un cammino da fare insieme, sul serio»

Nel suo stemma episcopale c’è un ponte. Ricorda San Piero a Ponti, il paese in cui è cresciuto, ma soprattutto il ruolo del vescovo come «costruttore di ponti» tra Dio e gli uomini. Stavolta però papa Francesco ha chiesto a lui di essere il ponte che unisce in persona episcopi le diocesi di Grosseto e di Pitigliano, Sovana, Orbetello.Padre Giovanni Roncari ha un sorriso francescano che trasmette «perfetta letizia». Il 9 agosto, vigilia della festa di San Lorenzo, farà il suo ingresso a Grosseto ricevendo il pastorale dal vescovo Rodolfo Cetoloni, che al compimento dei 75 anni ha rimesso il suo mandato, come vuole la norma canonica.Una vocazione nata tra i cappuccini: «Ho seguito tutta la trafila, come si usava a quei tempi: seminario minore, noviziato, professione solenne, sacerdozio». A Firenze ha servito anche la Chiesa diocesana, come delegato per l’apostolato dei laici e vicario episcopale per il clero. Ma tra gli incarichi che ha ricoperto più a lungo, e che lo hanno più segnato, ne ricorda due: i 32 anni nella parrocchia di Montughi, prima come viceparroco e poi come parroco, e i 27 anni di insegnamento di Storia della Chiesa alla Facoltà teologica dell’Italia centrale. Lo studio e la vita pastorale in mezzo alla gente, due grandi passioni che segnano anche il suo episcopato, iniziato nel 2015, quando aveva 66 anni. «La nomina a vescovo – racconta – è arrivata a un’età in cui tutto mi aspettavo fuorché questo». Adesso, un’altra chiamata. «Un cammino tutto da inventare! Due diocesi che rimangono distinte: due vicari generali, due curie, due collegi dei consultori eccetera… con l’unico vescovo. Distinte, ma non separate. Un cammino da fare insieme, che porterà queste due Chiese dove Dio vorrà, con i tempi che Lui stabilirà. Non ci sono scadenze o percorsi prestabiliti. Non si tratta di fondere una storia con l’altra ma di portare ognuna le sue caratteristiche, i suoi punti di forza, le sue fragilità. Un cammino aperto, da fare senza fretta, ma anche da prendere sul serio».Qualcosa di simile a quello che succede alle parrocchie quando si crea un’unità pastorale? «Per certi versi sì, ma una diocesi non è una parrocchia, ci sono aspetti più complessi da tenere presenti. È il vescovo che genera la Chiesa, all’interno della successione apostolica». Quali sono allora ricchezze e fragilità che accomunano le due diocesi, su cui puntare per avviare questo cammino comune? Roncari non ha dubbi: «Il primo dato di fatto è la fede. Abbiamo secoli di presenza della Chiesa in queste zone, anche nei paesi più piccoli e sperduti. C’è una prossimità, come si usa dire oggi, della Chiesa tra la gente. Questa è una ricchezza da non disperdere, che appartiene anche ad altre zone d’Italia ma che qui è particolarmente forte».In questi anni in terra di Maremma, padre Roncari ha conosciuto «una terra di confine, marginale, spesso trascurata, dove nel passato anche recente c’è stata tanta povertà. La “Maremma amara” della canzone è l’eco di una situazione sociale in cui la Chiesa era presente a fianco della popolazione. In questa realtà i parroci condividono nel bene e nel male la vita della gente, sono per tante persone il fratello, il padre, il nonno». Un altro punto di forza della Chiesa in questi territori è la presenza delle religiose: «Piccole comunità che hanno svolto negli anni un’azione meravigliosa, non solo dal punto di vista religioso ma anche educativo, sociale. Adesso che questa presenza è in calo, ne sentiamo la mancanza. Resto convinto però che una grande ricchezza della Chiesa, e di questi territori in particolare, è il ruolo essenziale delle donne nella trasmissione della fede».Un altro elemento che segna questo territorio è la bellezza: «Una bellezza artistica e paesaggistica, dove accanto alle possibilità turistiche legate alla montagna e al mare si unisce la possibilità di un grande arricchimento culturale. Questa è una strada che le due diocesi dovranno continuare a percorrere insieme».Fra pochi giorni, l’arrivo a Grosseto: «Dovrò prendere visione della realtà diocesana: in questo conto sull’aiuto del vescovo Rodolfo, cui mi lega da tanti anni una cara amicizia, e del clero diocesano. La città di Grosseto ha dinamiche diverse ma è una realtà su cui converge tutto il territorio. Le vite di questa parte della Toscana sono già intrecciate da tanti punti di vista, economico, amministrativo: anche dal punto di vista ecclesiale si sono già intrecciate in passato. Adesso siamo chiamati a farlo sempre di più, grazie a una decisione del Papa che sta a noi cogliere come una grande opportunità. Ci riusciremo? Speriamo di sì».