Vita Chiesa

Papa Francesco, Angelus, appello per «moderazione» e «dialogo» a Gerusalemme

«Il Signore, che è la Sapienza incarnata, oggi ci aiuta a comprendere che il bene e il male non si possono identificare con territori definiti o determinati gruppi umani: ‘Questi sono i buoni, questi sono i cattivi’. Egli ci dice che la linea di confine tra il bene e il male passa nel cuore di ogni persona, passa nel cuore di ognuno di noi, cioè: siamo tutti peccatori». Lo ha detto il Papa, durante l’Angelus di ieri. «A me viene la voglia di chiedervi», ha proseguito rivolgendosi ai fedeli in piazza San Pietro: «’Chi non è peccatore alzi la mano’. Nessuno! Perché tutti lo siamo, siamo tutti peccatori». Per questo Gesù, oltre al battesimo, «ci ha dato anche la Confessione, perché abbiamo sempre bisogno di essere perdonati dai nostri peccati». «Guardare sempre e soltanto il male che sta fuori di noi, significa non voler riconoscere il peccato che c’è anche in noi», ha ammonito Francesco, che è partito dalla parabola del grano buono e della zizzania, «che illustra il problema del male nel mondo e mette in risalto la pazienza di Dio». «Quanta pazienza ha Dio!», ha esclamato: «Anche ognuno di noi può dire questo: ‘Quanta pazienza ha Dio con me!’».

Con l’immagine del grano e della zizzania, ha spiegato il Papa, «Gesù ci dice che in questo mondo il bene e il male sono talmente intrecciati, che è impossibile separarli ed estirpare tutto il male. Solo Dio può fare questo, e lo farà nel giudizio finale. Con le sue ambiguità e il suo carattere composito, la situazione presente è il campo della libertà, il campo della libertà dei cristiani, in cui si compie il difficile esercizio del discernimento fra il bene e il male». Di qui la necessità di «congiungere, con grande fiducia in Dio e nella sua provvidenza, due atteggiamenti apparentemente contraddittori: la decisione e la pazienza».

«La decisione – ha detto Francesco – è quella di voler essere buon grano, con tutte le proprie forze, e quindi prendere le distanze dal maligno e dalle sue seduzioni. La pazienza significa preferire una Chiesa che è lievito nella pasta, che non teme di sporcarsi le mani lavando i panni dei suoi figli, piuttosto che una Chiesa di ‘puri’, che pretende di giudicare prima del tempo chi sta nel Regno di Dio e chi no». Gesù, inoltre, «ci insegna un modo diverso di guardare il campo del mondo, di osservare la realtà. Siamo chiamati a imparare i tempi di Dio – che non sono i nostri tempi – e anche lo sguardo di Dio: grazie all’influsso benefico di una trepidante attesa, ciò che era zizzania o sembrava zizzania, può diventare un prodotto buono. È la realtà della conversione. È la prospettiva della speranza!». L’augurio finale del Papa è di «cogliere nella realtà che ci circonda non soltanto la sporcizia e il male, ma anche il bene e il bello; smascherare l’opera di Satana, ma soprattutto a confidare nell’azione di Dio che feconda la storia».

«Seguo con trepidazione le gravi tensioni e le violenze di questi giorni a Gerusalemme. Sento il bisogno di esprimere un accorato appello alla moderazione e al dialogo. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera, affinché il Signore ispiri a tutti propositi di riconciliazione e di pace». Sono le parole dedicate dal Papa, al termine dell’Angelus di ieri, all’escalation di violenza a Gerusalemme. Tra i saluti ai fedeli, quelli ai giovani di Casamassima, «che hanno svolto un servizio di volontariato a Roma», e ai ragazzi partecipanti al «Cantiere Hombre Mundo», che «sono impegnati a testimoniare la gioia del Vangelo nelle periferie più disagiate dei vari continenti».