Vita Chiesa

Papa Francesco: «Chiediamo perdono per le divisioni dei cristiani»

La conversione di San Paolo, «avvenuta dopo il folgorante incontro con Gesù Risorto sulla strada da Gerusalemme a Damasco», «non è prima di tutto un cambiamento morale, ma un’esperienza trasformante della grazia di Cristo, e al tempo stesso la chiamata ad una nuova missione, quella di annunciare a tutti quel Gesù che prima perseguitava perseguitando i suoi discepoli». Lo ha sottolineato, stasera, Papa Francesco, presiedendo, presso la basilica di San Paolo fuori le Mura, la celebrazione ecumenica dei Secondi Vespri nella solennità della conversione di San Paolo, a conclusione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. In quel momento, ha proseguito il Pontefice, «Paolo comprende che tra il Cristo vivente in eterno e i suoi seguaci esiste un’unione reale e trascendente: Gesù vive ed è presente in loro ed essi vivono in Lui. La vocazione ad essere apostolo si fonda non sui meriti umani di Paolo, che si considera ‘infimo’ e ‘indegno’, ma sulla bontà infinita di Dio, che lo ha scelto e gli ha affidato il ministero». Dunque, «la sovrabbondante misericordia di Dio è la ragione unica sulla quale si fonda il ministero di Paolo, ed è allo stesso tempo ciò che l’Apostolo deve annunciare a tutti».

Per i «primi cristiani, come oggi per tutti noi battezzati, è motivo di conforto e di costante stupore sapere di essere stati scelti per far parte del disegno di salvezza di Dio, attuato in Gesù Cristo e nella Chiesa», ha evidenziato, Papa Francesco. Partendo da alcune domande – «Perché, Signore, proprio me?»; «perché proprio noi?» -, il Pontefice ha invitato ad attingere da «qui il mistero della misericordia e della scelta di Dio: il Padre ama tutti e vuole salvare tutti, e per questo chiama alcuni, ‘conquistandoli’ con la sua grazia, perché attraverso di loro il suo amore possa raggiungere tutti. La missione dell’intero popolo di Dio è di annunciare le opere meravigliose del Signore, prima fra tutte il Mistero pasquale di Cristo, per mezzo del quale siamo passati dalle tenebre del peccato e della morte allo splendore della sua vita, nuova ed eterna».

Al di là delle differenze che ancora ci separano, ha esortato il Santo Padre, «riconosciamo con gioia che all’origine della vita cristiana c’è sempre una chiamata il cui autore è Dio stesso. Possiamo progredire sulla strada della piena comunione visibile tra i cristiani non solo quando ci avviciniamo gli uni agli altri, ma soprattutto nella misura in cui ci convertiamo al Signore, che per sua grazia ci sceglie e ci chiama ad essere suoi discepoli». E, ha aggiunto, «convertirsi significa lasciare che il Signore viva ed operi in noi». Per questo motivo, «quando insieme i cristiani di diverse Chiese ascoltano la Parola di Dio e cercano di metterla in pratica, compiono davvero passi importanti verso l’unità. E non è solo la chiamata che ci unisce; ci accomuna anche la stessa missione: annunciare a tutti le opere meravigliose di Dio». Infatti, «anche noi non possiamo non annunciare l’amore misericordioso che ci ha conquistati e trasformati. Mentre siamo in cammino verso la piena comunione tra noi, possiamo già sviluppare molteplici forme di collaborazione, di andare insieme e collaborare per favorire la diffusione del Vangelo. E camminando e lavorando insieme, ci rendiamo conto che siamo già uniti nel nome del Signore. Unità si fa in cammino.

«In questo Anno giubilare straordinario della Misericordia – ha proseguito il Papa -, teniamo ben presente che non può esserci autentica ricerca dell’unità dei cristiani senza un pieno affidarsi alla misericordia del Padre». Da qui l’invito a chiedere «anzitutto perdono per il peccato delle nostre divisioni, che sono una ferita aperta nel Corpo di Cristo». «Come vescovo di Roma e pastore della Chiesa cattolica, voglio invocare misericordia e perdono per i comportamenti non evangelici tenuti da parte di cattolici nei confronti di cristiani di altre Chiese – ha affermato -. Allo stesso tempo, invito tutti i fratelli e le sorelle cattolici a perdonare se, oggi o in passato, hanno subito offese da altri cristiani. Non possiamo cancellare ciò che è stato, ma non vogliamo permettere che il peso delle colpe passate continui ad inquinare i nostri rapporti». E ha proseguito: «La misericordia di Dio rinnoverà le nostre relazioni». In questo «clima di intensa preghiera», il Pontefice ha salutato «fraternamente» il metropolita Gennadios, rappresentante del Patriarcato ecumenico, David Moxon, rappresentante personale a Roma dell’arcivescovo di Canterbury, e tutti i rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità ecclesiali di Roma, convenuti questa sera a San Paolo fuori le Mura. «Con loro siamo passati attraverso la Porta Santa di questa basilica, per ricordare che l’unica porta che ci conduce alla salvezza è Gesù Cristo nostro Signore, il volto misericordioso del Padre», ha sottolineato. Francesco ha rivolto poi un cordiale saluto anche ai giovani ortodossi e ortodossi orientali che studiano a Roma con il sostegno del Comitato di collaborazione culturale con le Chiese ortodosse, che opera presso il Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, nonché agli studenti dell’Ecumenical Institute of Bossey, in visita a Roma per approfondire la loro conoscenza della Chiesa cattolica.

«L’unità è dono della misericordia di Dio Padre», ha detto ancora Papa Francesco, presiedendo la celebrazione ecumenica dei Secondi Vespri nella solennità della conversione di San Paolo. Dopo aver invitato a unirsi «alla preghiera che Gesù Cristo ha rivolto al Padre: ‘siano una sola cosa […] perché il mondo creda’», il Pontefice ha osservato: «Qui davanti alla tomba di san Paolo, apostolo e martire, custodita in questa splendida basilica, sentiamo che la nostra umile richiesta è sostenuta dall’intercessione della moltitudine dei martiri cristiani di ieri e di oggi. Essi hanno risposto con generosità alla chiamata del Signore, hanno dato fedele testimonianza, con la loro vita, delle opere meravigliose che Dio ha compiuto per noi, e sperimentano già la piena comunione alla presenza di Dio Padre. Sostenuti dal loro esempio, questo esempio fa proprio l’ecumenismo del sangue, e confortati dalla loro intercessione, rivolgiamo a Dio la nostra umile preghiera».