Vita Chiesa

Papa Francesco: Messa 1° gennaio, madri antidoto a «orfanezza spirituale»

«Una società senza madri sarebbe una società senza pietà, che ha lasciato il posto soltanto al calcolo e alla speculazione», ha proseguito: «Perché le madri, perfino nei momenti peggiori, sanno testimoniare la tenerezza, la dedizione incondizionata, la forza della speranza». «Ho imparato molto da quelle madri che, avendo i figli in carcere o prostrati in un letto di ospedale o soggiogati dalla schiavitù della droga, col freddo e il caldo, con la pioggia e la siccità, non si arrendono e continuano a lottare per dare loro il meglio», il tributo del Papa: «O quelle madri che, nei campi-profughi, o addirittura in mezzo alla guerra, riescono ad abbracciare e a sostenere senza vacillare la sofferenza dei loro figli. Madri che danno letteralmente la vita perché nessuno dei figli si perda. Dove c’è la madre c’è unità, c’è appartenenza, appartenenza di figli».

«Iniziare l’anno facendo memoria della bontà di Dio nel volto materno di Maria, nel volto materno della Chiesa, nei volti delle nostre madri, ci protegge della corrosiva malattia della ‘orfanezza spirituale’, quella orfanezza che l’anima vive quando si sente senza madre e le manca la tenerezza di Dio», la tesi del Papa: «Quella orfanezza che viviamo quando si spegne in noi il senso di appartenenza a una famiglia, a un popolo, a una terra, al nostro Dio. Quella orfanezza che trova spazio nel cuore narcisista che sa guardare solo a sé stesso e ai propri interessi e che cresce quando dimentichiamo che la vita è stata un dono, che l’abbiamo ricevuta da altri, e che siamo invitati a condividerla in questa casa comune». Si tratta della stessa «orfanezza autoreferenziale» che portò Caino a dire: «Sono forse io il custode di mio fratello?», ha spiegato Francesco, secondo il quale «un tale atteggiamento di orfanezza spirituale è un cancro che silenziosamente logora e degrada l’anima. E così ci degradiamo a poco a poco, dal momento che nessuno ci appartiene e noi non apparteniamo a nessuno: degrado la terra perché non mi appartiene, degrado gli altri perché non mi appartengono, degrado Dio perché non gli appartengo… E da ultimo finisce per degradare noi stessi perché dimentichiamo chi siamo, quale nome divino abbiamo». «La perdita dei legami che ci uniscono, tipica della nostra cultura frammentata e divisa, fa sì che cresca questo senso di orfanezza e perciò di grande vuoto e solitudine», l’analisi del Papa: «La mancanza di contatto fisico (e non virtuale) va cauterizzando i nostri cuori facendo perdere ad essi la capacità della tenerezza e dello stupore, della pietà e della compassione. L’orfanezza spirituale ci fa perdere la memoria di quello che significa essere figli, essere nipoti, essere genitori, essere nonni, essere amici, essere credenti. Ci fa perdere la memoria del valore del gioco, del canto, del riso, del riposo, della gratuità».