Vita Chiesa

Papa Francesco, Messa: «I rimorsi di coscienza sono un sintomo di salvezza»

Erode non sapeva «cosa pensare» ma «sentiva dentro» qualcosa, che «non era una curiosità», era «un rimorso nell’anima», «nel cuore»: cercava di vedere Gesù «per tranquillizzarsi». Voleva vedere miracoli compiuti da Cristo ma Gesù – racconta il Papa, come ricorda Radio Vaticana – non fece «il circo davanti a lui», quindi lo consegnò a Pilato: e Gesù pagò, con la morte. Quindi, ha coperto «un crimine con un altro», «il rimorso della coscienza con un altro crimine», come chi «uccide per timore». Il rimorso della coscienza non è, dunque, «un semplice ricordare qualcosa», bensì «una piaga»: «Una piaga che noi quando nella vita abbiamo fatto dei mali, fa male. Ma è una piaga nascosta, non si vede; neppure io la vedo, perché mi abituo a portarla e poi si anestetizza. È lì, alcuni la toccano, ma la piaga è dentro. E quando quella piaga fa male, sentiamo il rimorso. Non solo sono conscio di avere fatto del male, ma lo sento: lo sento nel cuore, lo sento nel corpo, nell’anima, lo sento nella vita. E da lì la tentazione di coprire questo per non sentirlo più».

È quindi «una grazia sentire che la coscienza ci accusa, ci dice qualcosa». D’altra parte, ripete Francesco, «nessuno di noi è un santo» e tutti siamo portati a guardare i peccati «degli altri» e non i nostri, compatendo magari chi soffre in guerra o a causa di «dittatori che ammazzano la gente». Di qui l’invito: «Imparare la scienza, la saggezza di accusare se stesso. Io accuso me stesso, sento il dolore della piaga, faccio di tutto per sapere da dove viene questo sintomo e poi accuso me stesso. Non avere paura dei rimorsi della coscienza: sono un sintomo di salvezza. Avere paura di coprirli, di truccarli, di dissimularli, di nasconderli … Quello sì, ma essere chiari. E così il Signore ci guarisce». La preghiera finale è affinché il Signore ci dia la grazia «di avere quel coraggio di accusare noi stessi» per incamminarci sulla via del perdono.