Vita Chiesa

Papa Francesco: «Misericordia et misera», «la misericordia non può essere una parentesi nella vita della Chiesa»

«La misericordia non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo», ammonisce il Papa, secondo il quale «tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre». «Una donna e Gesù si sono incontrati», racconta Francesco: «Lei, adultera e, secondo la Legge, giudicata passibile di lapidazione; Lui, che con la sua predicazione e il dono totale di sé, che lo porterà alla croce, ha riportato la legge mosaica al suo genuino intento originario. Al centro non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona, per comprenderne il desiderio più nascosto, e che deve avere il primato su tutto». «In questo racconto evangelico, tuttavia, non si incontrano il peccato e il giudizio in astratto, ma una peccatrice e il Salvatore», precisa il Papa: «Gesù ha guardato negli occhi quella donna e ha letto nel suo cuore: vi ha trovato il desiderio di essere capita, perdonata e liberata. La miseria del peccato è stata rivestita dalla misericordia dell’amore. Nessun giudizio da parte di Gesù che non fosse segnato dalla pietà e dalla compassione per la condizione della peccatrice. A chi voleva giudicarla e condannarla a morte, Gesù risponde con un lungo silenzio, che vuole lasciar emergere la voce di Dio nelle coscienze, sia della donna sia dei suoi accusatori. I quali lasciano cadere le pietre dalle mani e se ne vanno ad uno ad uno». E dopo quel silenzio, Gesù dice: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? … Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». «In questo modo la aiuta a guardare al futuro con speranza e ad essere pronta a rimettere in moto la sua vita», il commento di Francesco: «D’ora in avanti, se lo vorrà, potrà camminare nella carità. Una volta che si è rivestiti della misericordia, anche se permane la condizione di debolezza per il peccato, essa è sovrastata dall’amore che permette di guardare oltre e vivere diversamente».

No a «tristezza, solitudine, incertezza» per il futuro. «In una cultura spesso dominata dalla tecnica, sembrano moltiplicarsi le forme di tristezza e solitudine in cui cadono le persone, e anche tanti giovani. Il futuro sembra essere ostaggio dell’incertezza che non consente di avere stabilità. È così che sorgono spesso sentimenti di malinconia, tristezza e noia, che lentamente possono portare alla disperazione». È l’analisi del nostro tempo, così come emerge dalla «Misericordia et misera» (testo integrale). «C’è bisogno di testimoni di speranza e di gioia vera, per scacciare le chimere che promettono una facile felicità con paradisi artificiali», l’invito del Papa, secondo il quale «il vuoto profondo di tanti può essere riempito dalla speranza che portiamo nel cuore e dalla gioia che ne deriva. C’è tanto bisogno di riconoscere la gioia che si rivela nel cuore toccato dalla misericordia». «Il perdono è il segno più visibile dell’amore del Padre, che Gesù ha voluto rivelare in tutta la sua vita. Non c’è pagina del Vangelo che possa essere sottratta a questo imperativo dell’amore che giunge fino al perdono», ricorda il Papa: «La gioia del perdono è indicibile, ma traspare in noi ogni volta che ne facciamo esperienza. All’origine di essa c’è l’amore con cui Dio ci viene incontro, spezzando il cerchio di egoismo che ci avvolge, per renderci a nostra volta strumenti di misericordia». «Fare esperienza della misericordia dona gioia», l’invito: «Non lasciamocela portar via dalle varie afflizioni e preoccupazioni. Possa rimanere ben radicata nel nostro cuore e farci guardare sempre con serenità alla vita quotidiana». Poi il bilancio del Giubileo, «un anno intenso, durante il quale ci è stata donata con abbondanza la grazia della misericordia. Come un vento impetuoso e salutare, la bontà e la misericordia del Signore si sono riversate sul mondo intero. E davanti a questo sguardo amoroso di Dio che in maniera così prolungata si è rivolto su ognuno di noi, non si può rimanere indifferenti, perché esso cambia la vita. In questo Anno Santo la Chiesa ha saputo mettersi in ascolto e ha sperimentato con grande intensità la presenza e vicinanza del Padre, che con l’opera dello Spirito Santo le ha reso più evidente il dono e il mandato di Gesù Cristo riguardo al perdono».

Più «cura» per omelie e «lectio divina». «Adesso, concluso questo Giubileo, è tempo di guardare avanti e di comprendere come continuare con fedeltà, gioia ed entusiasmo a sperimentare la ricchezza della misericordia divina». Ne è convinto il Papa, secondo il quale il futuro delle nostre comunità ecclesiali è racchiuso nella parola: «Conversione pastorale», «plasmata quotidianamente dalla forza rinnovatrice della misericordia». In primo luogo, occorre «celebrare la misericordia» con la liturgia, dove «ogni momento fa riferimento alla misericordia di Dio». Poi i due sacramenti «di guarigione», cioè la Riconciliazione e l’Unzione dei malati. Per Papa Francesco, ha «un significato particolare anche l’ascolto della Parola di Dio», prima di tutto nella messa domenicale: la raccomandazione, per i sacerdoti, è la preparazione dell’omelia e la «cura» della predicazione, «per far vibrare il cuore dei credenti dinanzi alla grandezza della misericordia», partendo dalla consapevolezza che «comunicare la certezza che Dio ci ama non è un esercizio retorico, ma condizione di credibilità del proprio sacerdozio». «La Bibbia è il grande racconto che narra le meraviglie della misericordia di Dio», scrive il Papa: «Ogni pagina è intrisa dell’amore del Padre che fin dalla creazione ha voluto imprimere nell’universo i segni del suo amore. La vita di Gesù e la sua predicazione segnano in modo determinante la storia della comunità cristiana». «È mio vivo desiderio che la Parola di Dio sia sempre più celebrata, conosciuta e diffusa, perché attraverso di essa si possa comprendere meglio il mistero di amore che promana da quella sorgente di misericordia», il mandato di Francesco, secondo il quale «sarebbe opportuno che ogni comunità, in una domenica dell’anno liturgico, potesse rinnovare l’impegno per la diffusione, la conoscenza e l’approfondimento della Sacra Scrittura: una domenica dedicata interamente alla Parola di Dio, per comprendere l’inesauribile ricchezza che proviene da quel dialogo costante di Dio con il suo popolo». Di qui l’appello alla «creatività per arricchire questo momento con iniziative che stimolino i credenti ad essere strumenti vivi di trasmissione della Parola»: tra queste, il Papa cita «la diffusione più ampia della lectio divina».

Ritrovare la centralità  del sacramento della riconciliazione. «La celebrazione della misericordia avviene in modo del tutto particolare con il sacramento della riconciliazione – ricorda il Papa -. È questo il momento in cui sentiamo l’abbraccio del Padre che viene incontro per restituirci la grazia di essere di nuovo suoi figli». Nella «Misericordia et misera» (testo integrale), Francesco rinnova l’invito ai sacerdoti «a prepararsi con grande cura al ministero della Confessione, che è una vera missione sacerdotale». «Il sacramento della riconciliazione ha bisogno di ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana», afferma Francesco: «Per questo richiede sacerdoti che mettano la loro vita a servizio del ministero della riconciliazione». «Un’occasione propizia», per il Papa, «può essere la celebrazione dell’iniziativa 24 ore per il Signore in prossimità della IV domenica di Quaresima, che già trova molto consenso nelle diocesi e che rimane un richiamo pastorale forte per vivere intensamente il sacramento della confessione». «Solo Dio perdona i peccati, ma chiede anche a noi di essere pronti al perdono verso gli altri, così come lui perdona i nostri», ricorda Francesco: «Quanta tristezza quando rimaniamo chiusi in noi stessi e incapaci di perdonare! Prendono il sopravvento il rancore, la rabbia, la vendetta, rendendo la vita infelice e vanificando l’impegno gioioso per la misericordia». Ai sacerdoti, il Papa chiede, nel confessionale, «di essere accoglienti con tutti; testimoni della tenerezza paterna nonostante la gravità del peccato; solleciti nell’aiutare a riflettere sul male commesso; chiari nel presentare i principi morali; disponibili ad accompagnare i fedeli nel percorso penitenziale, mantenendo il loro passo con pazienza; lungimiranti nel discernimento di ogni singolo caso; generosi nel dispensare il perdono di Dio. Come Gesù davanti alla donna adultera scelse di rimanere in silenzio per salvarla dalla condanna a morte, così anche il sacerdote nel confessionale sia magnanimo di cuore, sapendo che ogni penitente lo richiama alla sua stessa condizione personale: peccatore, ma ministro di misericordia».

Non fermarsi solo alla legge. «Non c’è legge né precetto che possa impedire a Dio di riabbracciare il figlio che torna da lui riconoscendo di avere sbagliato, ma deciso a ricominciare da capo», ammonisce Francesco: «Fermarsi soltanto alla legge equivale a vanificare la fede e la misericordia divina. Anche nei casi più complessi, dove si è tentati di far prevalere una giustizia che deriva solo dalle norme, si deve credere nella forza che scaturisce dalla grazia divina». « Noi confessori abbiamo esperienza di tante conversioni che si manifestano sotto i nostri occhi», scrive il Papa: «Sentiamo, quindi, la responsabilità di gesti e parole che possano giungere nel profondo del cuore del penitente, perché scopra la vicinanza e la tenerezza della Padre che perdona. Non vanifichiamo questi momenti con comportamenti che possano contraddire l’esperienza della misericordia che viene ricercata. Aiutiamo, piuttosto, a illuminare lo spazio della coscienza personale con l’amore infinito di Dio».

Il cammino dei «Missionari della misericordia» continua. Nella lettera apostolica «Misericordia et Misera» (testo integrale), il Papa cita il servizio dei 1.142 «Missionari della Misericordia», inviati da lui in tutto il mondo in occasione del Giubileo, la cui azione pastorale «ha voluto rendere evidente che Dio non pone alcun confine per quanti lo cercano con cuore pentito, perché a tutti va incontro come un Padre». «Questo ministero straordinario non si conclude con la chiusura della Porta Santa», annuncia il Papa ringraziandoli per il loro servizio e rivelando il desiderio che «permanga ancora, fino a nuova disposizione, come segno concreto che la grazia del Giubileo continua ad essere, nelle varie parti del mondo, viva ed efficace». «Sarà cura del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione seguire in questo periodo i Missionari della Misericordia, come espressione diretta della mia sollecitudine e vicinanza e trovare le forme più coerenti per l’esercizio di questo prezioso ministero», le indicazioni di Francesco.

Sacerdoti possono assolvere dal peccato di aborto. «Perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto». È quanto si legge nella «Misericordia et misera» (testo integrale), in cui si estende a tempo indeterminato una facoltà concessa ai sacerdoti per l’Anno Santo. «Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario», scrive il Papa. «Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente», precisa subito dopo: «Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione». «Nell’Anno del Giubileo avevo concesso ai fedeli che per diversi motivi frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità San Pio X di ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale dei loro peccati», prosegue Francesco: «Per il bene pastorale di questi fedeli, e confidando nella buona volontà dei loro sacerdoti perché si possa recuperare, con l’aiuto di Dio, la piena comunione nella Chiesa cattolica, stabilisco per mia propria decisione di estendere questa facoltà oltre il periodo giubilare, fino a nuove disposizioni in proposito, perché a nessuno venga mai a mancare il segno sacramentale della riconciliazione attraverso il perdono della Chiesa».

«Misericordia et misera», «asciugare le lacrime». «Tutti abbiamo bisogno di consolazione perché nessuno è immune dalla sofferenza, dal dolore e dall’incomprensione». Ne è convinto il Papa, che afferma che «asciugare le lacrime è un’azione concreta che spezza il cerchio di solitudine in cui spesso veniamo rinchiusi». «Quanto dolore può provocare una parola astiosa, frutto dell’invidia, della gelosia e della rabbia!», esclama il Papa: «Quanta sofferenza provoca l’esperienza del tradimento, della violenza e dell’abbandono; quanta amarezza dinanzi alla morte delle persone care! Eppure, mai Dio è lontano quando si vivono questi drammi. Una parola che rincuora, un abbraccio che ti fa sentire compreso, una carezza che fa percepire l’amore, una preghiera che permette di essere più forte… sono tutte espressioni della vicinanza di Dio attraverso la consolazione offerta dai fratelli. A volte, anche il silenzio potrà essere di grande aiuto; perché a volte non ci sono parole per dare risposta agli interrogativi di chi soffre». «In un momento particolare come il nostro, che tra tante crisi vede anche quella della famiglia, è importante che giunga una parola di forza consolatrice alle nostre famiglie», l’altro invito del Papa, a partire dalla constatazione che «il sentiero della vita che porta un uomo e una donna a incontrarsi, amarsi, e davanti a Dio a promettersi fedeltà per sempre, è spesso interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine. La gioia per il dono dei figli non è immune dalle preoccupazioni dei genitori riguardo alla loro crescita e formazione, riguardo a un futuro degno di essere vissuto intensamente». «L’esperienza della misericordia ci rende capaci di guardare a tutte le difficoltà umane con l’atteggiamento dell’amore di Dio, che non si stanca di accogliere e di accompagnare», ribadisce il Papa, che chiede ai sacerdoti «un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante perché chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio». Avere particolare cura del rito delle esequie, in una cultura «che spesso tende a banalizzare la morte fino a farla diventare una semplice finzione, o a nasconderla», la terza consegna del Papa.

Percorrere ogni giorno la «via della carità».  «Termina il Giubileo e si chiude la Porta Santa. Ma la porta della misericordia del nostro cuore rimane sempre spalancata». Nella parte finale della «Misericordia et misera» (testo integrale), il Papa parla dalle parole pronunciate ieri durante la Messa di chiusura. «La Porta Santa che abbiamo attraversato in questo anno giubilare ci ha immesso nella via della carità che siamo chiamati a percorrere ogni giorno con fedeltà e gioia», prosegue Francesco: «È la strada della misericordia che permette di incontrare tanti fratelli e sorelle che tendono la mano perché qualcuno la possa afferrare per camminare insieme». «Voler essere vicini a Cristo esige di farsi prossimo verso i fratelli, perché niente è più gradito al Padre se non un segno concreto di misericordia», incalza Francesco citando i «Venerdì della misericordia» e ringraziando i volontari. «È il momento di dare spazio alla fantasia della misericordia per dare vita a tante nuove opere, frutto della grazia», l’indicazione per il futuro: «Ancora oggi intere popolazioni soffrono la fame e la sete, e quanta preoccupazione suscitano le immagini di bambini che nulla hanno per cibarsi. Masse di persone continuano a migrare da un Paese all’altro in cerca di cibo, lavoro, casa e pace. La malattia, nelle sue varie forme, è un motivo permanente di sofferenza che richiede aiuto, consolazione e sostegno. Le carceri sono luoghi in cui spesso, alla pena restrittiva, si aggiungono disagi a volte gravi, dovuti a condizioni di vita disumane. L’analfabetismo è ancora molto diffuso e impedisce ai bambini e alle bambine di formarsi e li espone a nuove forme di schiavitù. La cultura dell’individualismo esasperato, soprattutto in occidente, porta a smarrire il senso di solidarietà e di responsabilità verso gli altri. Dio stesso rimane oggi uno sconosciuto per molti; ciò rappresenta la più grande povertà e il maggior ostacolo al riconoscimento della dignità inviolabile della vita umana».

Misericordia è «valore sociale». «Le opere di misericordia corporale e spirituale – scrive ancora il Papa – costituiscono fino ai nostri giorni la verifica della grande e positiva incidenza della misericordia come valore sociale», che «spinge a rimboccarsi le maniche per restituire dignità a milioni di persone che sono nostri fratelli e sorelle, chiamati con noi a costruire una città affidabile». Francesco poi  cita i «tanti segni concreti di misericordia realizzati durante questo Anno Santo», tramite i quali «comunità, famiglie e singoli credenti hanno riscoperto la gioia della condivisione e la bellezza della solidarietà». «Eppure non basta», l’appello di Francesco: «Il mondo continua a generare nuove forme di povertà spirituale e materiale che attentano alla dignità delle persone. È per questo che la Chiesa dev’essere sempre vigile e pronta per individuare nuove opere di misericordia e attuarle con generosità ed entusiasmo». «Non avere il lavoro e non ricevere il giusto salario; non poter avere una casa o una terra dove abitare; essere discriminati per la fede, la razza, lo stato sociale»: queste, e molte altre, osserva il Papa, «sono condizioni che attentano alla dignità della persona, di fronte alle quali l’azione misericordiosa dei cristiani risponde anzitutto con la vigilanza e la solidarietà». «Quante sono oggi le situazioni in cui possiamo restituire dignità alle persone e consentire una vita umana!», esclama Francesco: «Pensiamo solo a tanti bambini e bambine che subiscono violenze di vario genere, che rubano loro la gioia della vita. I loro volti tristi e disorientati sono impressi nella mia mente; chiedono il nostro aiuto per essere liberati dalle schiavitù del mondo contemporaneo. Questi bambini sono i giovani di domani; come li stiamo preparando a vivere con dignità e responsabilità? Con quale speranza possono affrontare il loro presente e il loro futuro?». «Il carattere sociale della misericordia esige di non rimanere inerti e di scacciare l’indifferenza e l’ipocrisia, perché i piani e i progetti non rimangano lettera morta», l’indicazione tracciata dal Papa.

«Cultura della misericordia è non dimenticare i poveri». «Siamo chiamati a far crescere una cultura della misericordia, basata sulla riscoperta dell’incontro con gli altri: una cultura in cui nessuno guarda all’altro con indifferenza né gira lo sguardo quando vede la sofferenza dei fratelli». È l’appello del Papa, nella parte finale della «Misericordia et misera» (testo integrale), in cui chiede di «dar vita a una vera rivoluzione culturale proprio a partire dalla semplicità di gesti che sanno raggiungere il corpo e lo spirito, cioè la vita delle persone». «È un impegno che la comunità cristiana può fare proprio, nella consapevolezza che la Parola del Signore sempre la chiama ad uscire dall’indifferenza e dall’individualismo in cui si è tentati di rinchiudersi per condurre un’esistenza comoda e senza problemi», assicura Francesco, che parte da una frase di Gesù – «I poveri li avete sempre con voi» – per affermare che «non ci sono alibi che possono giustificare un disimpegno quando sappiamo che Lui si è identificato con ognuno di loro». «La cultura della misericordia si forma nella preghiera assidua, nella docile apertura all’azione dello Spirito, nella familiarità con la vita dei santi e nella vicinanza concreta ai poveri», spiega il Papa: «È un invito pressante a non fraintendere dove è determinante impegnarsi», perché «la tentazione di fare la ‘teoria della misericordia’ si supera nella misura in cui questa si fa vita quotidiana di partecipazione e condivisione». «Non possiamo dimenticarci dei poveri», ripete Francesco: «Le nostre comunità si aprano a raggiungere quanti vivono nel loro territorio perché a tutti giunga la carezza di Dio attraverso la testimonianza dei credenti», il suo imperativo.

Istituire la Giornata mondiale dei poveri. «Alla luce del Giubileo delle persone socialmente escluse, mentre in tutte le cattedrali e nei santuari del mondo si chiudevano le Porte della Misericordia, ho intuito che, come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straordinario, si debba celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri». Questa la proposta del Papa. «Sarà la più degna preparazione per vivere la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il quale si è identificato con i piccoli e i poveri e ci giudicherà sulle opere di misericordia», prosegue Francesco: «Sarà una Giornata che aiuterà le comunità e ciascun battezzato a riflettere su come la povertà stia al cuore del Vangelo e sul fatto che, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa, non potrà esserci giustizia né pace sociale». La nuova Giornata, infine, nelle parole di Francesco «costituirà anche una genuina forma di nuova evangelizzazione, con la quale rinnovare il volto della Chiesa nella sua perenne azione di conversione pastorale per essere testimone della misericordia». «Questo è il tempo della misericordia», afferma Francesco: «Ogni giorno del nostro cammino è segnato dalla presenza di Dio che guida i nostri passi con la forza della grazia che lo Spirito infonde nel cuore per plasmarlo e renderlo capace di amare. È il tempo della misericordia per tutti e per ognuno, perché nessuno possa pensare di essere estraneo alla vicinanza di Dio e alla potenza della sua tenerezza. È il tempo della misericordia perché quanti sono deboli e indifesi, lontani e soli possano cogliere la presenza di fratelli e sorelle che li sorreggono nelle necessità. È il tempo della misericordia perché i poveri sentano su di sé lo sguardo rispettoso ma attento di quanti, vinta l’indifferenza, scoprono l’essenziale della vita. È il tempo della misericordia perché ogni peccatore non si stanchi di chiedere perdono e sentire la mano del Padre che sempre accoglie e stringe a sé».

(testo integrale della Lettera apostolica)