Vita Chiesa

Papa Francesco, Regina Caeli: «il maligno non può nulla». A Lesbo «ho visto tanto dolore»

«Niente e nessuno potrà strapparci dalle mani di Gesù, perché niente e nessuno può vincere il suo amore». Ad assicurarlo è stato il Papa, che durante il Regina Coeli di ieri ha esclamato: «L’amore di Gesù è invincibile! Il maligno, il grande nemico di Dio e delle sue creature, tenta in molti modi di strapparci la vita eterna. Ma il maligno non può nulla se non siamo noi ad aprirgli le porte della nostra anima, seguendo le sue lusinghe ingannatrici». Al centro delle parole di Francesco, l’immagine del pastore e delle pecore, che «indica lo stretto rapporto che Gesù vuole stabilire con ciascuno di noi. Egli è la nostra guida, il nostro maestro, il nostro amico, il nostro modello, ma soprattutto è il nostro Salvatore». «Queste parole ci comunicano un senso di assoluta sicurezza e di immensa tenerezza», ha commentato il Papa: «La nostra vita è pienamente al sicuro nelle mani di Gesù e del Padre, che sono una sola cosa: un unico amore, un’unica misericordia, rivelati una volta per sempre nel sacrificio della croce». «Per salvare le pecore smarrite che siamo tutti noi, il Pastore si è fatto agnello e si è lasciato immolare per prendere su di sé e togliere il peccato del mondo», ha concluso Francesco: «Per questo non abbiamo più paura: la nostra vita è ormai salvata dalla perdizione».

«Ringrazio quanti hanno accompagnato con la preghiera la visita che ho compiuto ieri nell’Isola di Lesbo, in Grecia», ha poi detto il Papa dopo il Regina Coeli di ieri, facendo cenno al viaggio-lampo del 16 aprile, già entrato nella storia. «Ai profughi e al popolo greco ho portato la solidarietà della Chiesa», ha riassunto: «Erano con me il Patriarca Ecumenico Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymos di Atene e di tutta la Grecia, a significare l’unità nella carità di tutti i discepoli del Signore». «Abbiamo visitato uno dei campi dei rifugiati», ha proseguito: «Provenivano dall’Iraq, dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Africa, da tanti Paesi… Abbiamo salutato circa 300 di questi profughi, uno ad uno. Tutti e tre: il Patriarca Bartolomeo, l’arcivescovo Ieronymos ed io». «Tanti di loro erano bambini», la sottolineatura del Papa: «Alcuni di loro – di questi bambini – hanno assistito alla morte dei genitori e dei compagni, alcuni morti annegati in mare». «Ho visto tanto dolore!», il grido da Lesbo: «E voglio raccontare un caso particolare, di un uomo giovane, non ha 40 anni. Lo ho incontrato ieri, con i suoi due figli. Lui è musulmano e mi ha raccontato che era sposato con una ragazza cristiana, si amavano e si rispettavano a vicenda. Ma purtroppo questa ragazza è stata sgozzata dai terroristi, perché non ha voluto rinnegare Cristo e abbandonare la sua fede. È una martire! E quell’uomo piangeva tanto…».

«Sono vicino alle tante famiglie preoccupate per il problema del lavoro. Penso in particolare alla situazione precaria dei lavoratori italiani dei Call Center: auspico che su tutto prevalga sempre la dignità della persona umana e non gli interessi particolari». È l’appello con cui il Papa ha concluso il Regina Caeli di ieri, durante il quale ha ricordato il «violento terremoto» che ha colpito l’Ecuador, «causando numerose vittime e ingenti danni». «Preghiamo per quelle popolazioni – le parole del Papa – e anche per quelle del Giappone, dove pure ci sono stati alcuni terremoti in questi giorni. L’aiuto di Dio e dei fratelli dia loro forza e sostegno». Poi un riferimento alla Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, durante la quale ha ordinato undici nuovi sacerdoti: «Siamo invitati a pregare per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata», l’invito di Francesco, che si è anche rivolto ai giovani presenti in piazza San Pietro: «Pensate se il Signore non vi chiama a consacrare la vita al suo servizio, sia nel sacerdozio, sia nella vita consacrata», l’esortazione del Papa.