Vita Chiesa

Papa Francesco a Curia romana: riforma è segno della vivacità della Chiesa in cammino

Se nel 2014 si era soffermato su alcune “malattie” curiali e nel 2015 sul catalogo delle virtù necessarie per chi presta servizio in Curia e per tutti coloro «che vogliono rendere feconda la loro consacrazione o il loro servizio alla Chiesa», questa volta ha chiuso l’ideale trittico spiegando le ragioni di fondo della riforma, che «non è fine a se stessa, ma è un processo di crescita e soprattutto di conversione».

La riforma della Curia romana – ha detto Francesco nell’incontro di stamani nella sala Clementina del Palazzo apostolico – «è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo semper reformanda». Francesco è partito dalla logica del Natale, «capovolgimento della logica mondana, della logica del potere, della logica del comando, della logica fariseistica e della logica casualissima o deterministica». «Nella Curia – ha precisato – il significato della riforma può essere duplice: anzitutto renderla conforme alla Buona Novella che deve essere proclamata gioiosamente e coraggiosamente a tutti, specialmente ai poveri, agli ultimi e agli scartati; conforme ai segni del nostro tempo e a tutto ciò che di buono l’uomo ha raggiunto per meglio andare incontro alle esigenze degli uomini e delle donne che siamo chiamati a servire; al tempo stesso si tratta di rendere la Curia più conforme al suo fine, che è quello di collaborare al ministero proprio del Successore di Pietro».

«Non sono le rughe che nella Chiesa si devono temere, ma le macchie», ha rimarcato Papa Francesco. La riforma della Curia, ha sottolineato, «non ha un fine estetico», «né può essere intesa come un lifting», «e nemmeno come un’operazione di chirurgia plastica per togliere le rughe». «La riforma – ha rimarcato Francesco – sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini ‘rinnovati’ e non semplicemente con ‘nuovi’ uomini. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente. La riforma della Curia non si attua in nessun modo con il cambiamento delle persone – che senz’altro avviene e avverrà – ma con la conversione nelle persone. In realtà, non basta una formazione permanente, occorre anche e soprattutto una conversione e una purificazione permanente». «Senza un mutamento di mentalità lo sforzo funzionale risulterebbe vano», ha aggiunto il Papa, riconoscendo le «difficoltà» e le «resistenze».

No al «gattopardismo». Vi possono essere – ha avvertito Bergoglio – «resistenze aperte, che nascono spesso dalla buona volontà e dal dialogo sincero»; «resistenze nascoste, che nascono dai cuori impauriti o impietriti che si alimentano dalle parole vuote del ‘gattopardismo’ spirituale di chi a parole si dice pronto al cambiamento, ma vuole che tutto resti come prima»; «resistenze malevole, che germogliano in menti distorte e si presentano quando il demonio ispira intenzioni cattive», e si nascondono «dietro le parole giustificatrici e, in tanti casi, accusatorie, rifugiandosi nelle tradizioni, nelle apparenze, nelle formalità, nel conosciuto, oppure nel voler portare tutto sul personale senza distinguere tra l’atto, l’attore e l’azione».

«È indispensabile l’archiviazione definitiva della pratica del promoveatur ut amoveatur», ha poi sottolineato Papa Francesco, aggiungendo a braccio che «questo è un cancro». Il Papa, nel discorso, ha enumerato i 12 «criteri guida» della riforma: individualità (conversione personale), pastoralità (conversione pastorale), missionarietà (cristocentrismo), razionalità, funzionalità, modernità (aggiornamento), sobrietà, sussidiarietà, sinodalità, cattolicità, professionalità, gradualità (discernimento).

«Sono necessari una semplificazione e uno snellimento della Curia», ha detto il Papa, enumerando i criteri guida della riforma, parlando di «sobrietà». A tale riguardo, Francesco ha citato «accorpamento o fusione di dicasteri secondo materie di competenza e semplificazione interna di singoli dicasteri; eventuali soppressioni di uffici che non risultano più rispondenti alle necessità contingenti. Inserimento nei dicasteri o riduzione delle commissioni, accademie, comitati ecc., tutto in vista dell’indispensabile sobrietà necessaria per una corretta e autentica testimonianza». Il Papa ha citato pure «l’importanza della conversione individuale»; «pastoralità» e «spiritualità di servizio e di comunione» come «antidoto contro tutti i veleni della vana ambizione dell’illusoria rivalità»; la «razionalizzazione degli organismi della Curia romana», necessaria «per evidenziare che ogni dicastero ha competenze proprie» e «sulla base del principio che tutti i dicasteri sono giuridicamente pari tra loro»; «l’accorpamento tra due o più dicasteri» come azione per dare «una rilevanza maggiore» e aiutare «ad avere maggiore funzionalità»; il riordino delle competenze specifiche rispettando i «principi della sussidiarietà e della razionalizzazione nel rapporto con la Segreteria di Stato e all’interno della stessa».

La Curia romana – ha proseguito – «deve rispettare la cattolicità della Chiesa» anche «tra i collaboratori, oltre ai sacerdoti e consacrati/consacrate». Parlando della «cattolicità» tra i criteri guida della riforma, Francesco ha sollecitato «l’assunzione di personale proveniente da tutto il mondo, di diaconi permanenti e fedeli laici e laiche, la cui scelta dev’essere attentamente effettuata sulla base della loro ineccepibile vita spirituale e morale e della loro competenza professionale». «È opportuno prevedere – ha aggiunto il Papa – l’accesso a un numero maggiore di fedeli laici, specialmente in quei dicasteri dove possono essere più competenti dei chierici o dei consacrati. Di grande importanza è inoltre la valorizzazione del ruolo della donna e dei laici nella vita della Chiesa e la loro integrazione nei ruoli-guida dei dicasteri, con una particolare attenzione alla multiculturalità». Tra i criteri, il Papa ha richiamato pure la sinodalità: «Il lavoro della Curia dev’essere sinodale», ha ricordato, mediante riunioni «abituali» dei capi dicastero, «regolari udienze ‘di tabella’ dei capi dicastero», «consuete riunioni interdicasteriali». E «la sinodalità dev’essere vissuta anche all’interno di ogni dicastero, dando particolare rilevanza al Congresso e maggiore frequenza almeno alla Sessione ordinaria».

In dono il libro di padre Acquaviva. Si chiama «Accorgimenti per curare le malattie dell’anima» ed è la traduzione italiana di un libro del terzo superiore dei gesuiti, padre Claudio Acquaviva (1543-1615), il dono natalizio di Papa Francesco alla Curia romana. «Tre mesi fa è uscita un’edizione molto buona, in italiano, fatta dal padre Giuliano Raffo, morto recentemente», ha detto il Papa al termine del suo discorso odierno in occasione della presentazione degli auguri natalizi, citando il titolo originale, in latino,  Industriae pro superioribus eiusdem Societatis: Ad curandos Animae morbos. «La traduzione è bellissima, ben fatta, e credo che possa aiutare, e come dono di Natale mi piacerebbe offrirla a ognuno di voi», ha aggiunto, prima di salutare uno a uno i membri della Curia e consegnare loro il volume.