Vita Chiesa

Papa Francesco a Seminario Lombardo: non accontentatevi di una vita normale

La vita di san Carlo Borromeo, ha ricordato Francesco, è stata un costante «movimento di conversione»: per lui, i «veri preti» erano «sanguinis ministri», uomini cioè che sapevano «che il discorso passa nel reale a prezzo del sangue». «La grande opera dei teologi del tempo, culminata nella celebrazione del Concilio di Trento, fu attuata da Pastori santi come il Borromeo», ha sottolineato il Papa, esortando i seminaristi milanesi ad essere «eredi e testimoni di una grande storia di santità, che affonda le radici nei vostri patroni, i vescovi Ambrogio e Carlo, e in tempi più recenti ha visto, pure tra gli alunni, tre Beati e tre Servi di Dio. È questa la meta a cui tendere».

Per i preti c’è «una tentazione da respingere: quella della normalità, di un pastore a cui basta una vita normale». Parola di Papa Francesco, che ricevendo in udienza i seminaristi lombardi, guidati dal cardinale Angelo Scola, li ha messi in guardia scendendo nel dettaglio: «Allora questo sacerdote – ha spiegato – comincia ad accontentarsi di qualche attenzione da ricevere, giudica il ministero in base ai suoi successi e si adagia nella ricerca di ciò che gli piace, diventando tiepido e senza vero interesse per gli altri». «La normalità per noi è invece la santità pastorale, il dono della vita», ha ammonito Francesco: «Se un sacerdote sceglie di essere solo una persona normale, sarà un sacerdote mediocre, o peggio». San Carlo Borromeo, invece, «desiderava Pastori che fossero servi di Dio e padri per la gente, soprattutto per i poveri». «Ma può annunciare parole di vita solo chi fa della propria vita un dialogo costante con la Parola di Dio, o, meglio, con Dio che parla», l’altro monito papale: «In questi anni – ha detto ai presenti – vi è affidata la missione di allenarvi in questo dialogo di vita: la conoscenza delle varie discipline che studiate non è fine a sé stessa, ma va concretizzata nel colloquio della preghiera e nell’incontro reale con le persone».

Non giova formarsi «a compartimenti stagni»: «Preghiera, cultura e pastorale sono pietre portanti di un unico edificio». È il consiglio del Papa ai futuri preti. Queste tre dimensioni, ha proseguito Francesco, «devono stare sempre saldamente unite per sostenersi a vicenda, ben cementate tra loro, perché i sacerdoti di oggi e domani siano uomini spirituali e pastori misericordiosi, interiormente unificati dall’amore del Signore e capaci di diffondere la gioia del Vangelo nella semplicità della vita». «L’evangelizzazione, oggi, sembra chiamata a dover nuovamente percorrere proprio la via della semplicità», la tesi di fondo del Papa: «Semplicità di vita, che eviti ogni forma di doppiezza e mondanità, a cui basti la comunione genuina con il Signore e con i fratelli; semplicità di linguaggio: non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi». Altro aspetto «essenziale», per essere «un buon sacerdote», è il «contatto» e la «vicinanza» con il vescovo: «La caratteristica del sacerdote diocesano è precisamente la diocesanità – le parole di Francesco –  e la diocesanità ha la sua pietra angolare nella relazione frequente con il vescovo, nel dialogo e nel discernimento con lui. Un sacerdote che non ha un rapporto assiduo con il suo vescovo lentamente si isola dal corpo diocesano e la sua fecondità diminuisce, proprio perché non esercita il dialogo con il padre della diocesi».