Vita Chiesa

Papa Francesco: a Telepace, «essere voce di chi non ha voce»

«Soprattutto nel tempo attuale, in cui la cultura dello scarto lascia senza voce sempre più persone», ha sottolineato il Papa, definendo gli strumenti della comunicazione «un dono di Dio», ma anche «una responsabilità», da declinarsi soprattutto in termini di «prossimità» e di servizio autentico «a Dio e all’uomo nella Chiesa», come recita il motto di Telepace.  È in quest’ottica, secondo Francesco, «che va letta la scelta, sin dalle origini, di non accettare alcun tipo di pubblicità e di vivere unicamente di offerte libere», come nelle prime comunità cristiane. «Nel 1990, per desiderio di San Giovanni Paolo II, è stata aperta la sede di Roma», ha ricordato il Papa: «l’udienza del mercoledì, l’Angelus, il Rosario e le celebrazioni del Papa arrivano integralmente e direttamente in ogni casa. Un grande rapporto di relazione e di affetto con la Sede di Pietro, cui si lega anche il ‘Cenacolo Maria Stella dell’Evangelizzazione’».

«Nella vostra professione possiate essere ‘canali viventi’ di spiritualità verso Dio e verso tutti i vostri radioascoltatori e telespettatori. Soprattutto i poveri, gli ultimi, gli esclusi. Non dimenticatevi mai di loro, dei poveri della porta accanto!», ha esclamato il Papa. «Continuate a stare accanto ai carcerati, ai condannati a morte, come quando vi siete recati nel Braccio della morte in Texas, dove avete accompagnato e assistito al patibolo due giovani, dopo averli confortati con i sacramenti», l’invito di Francesco a proposito della «spiritualità della carità» e della consegna ad «essere antenne di spiritualità». «E’ brutto questo, dove c’è ancora la pena di morte», ha aggiunto a braccio.  «È sempre bella ed eloquente l’immagine dell’antenna, nella sua duplice funzione di emettere e ricevere un segnale», ha commentato il Papa: «Telepace, in quanto canale radiotelevisivo, è esperta in questo processo comunicativo. A voi il compito di saper riconoscere in tutto ciò che avviene i segni spirituali dell’amore misericordioso del Padre».

«Quanto mi piacerebbe che anche i media dedicassero più attenzione ai giovani, non solo raccontando i loro fallimenti ma anche i loro sogni e le loro speranze!». Il Papa ha confessato agli operatori di Telepace questo suo desiderio. «Educare i giovani alla scuola del Vangelo», l’esortazione di Francesco sulla scorta del recente Sinodo a loro dedicato. «Il Vangelo della gioia ci chiama a un impegno educativo che non può essere più rimandato», ha affermato Francesco, secondo il quale «educare i giovani alla scuola del Vangelo significa, anzitutto, essere testimoni dell’unica Parola che salva». «La vostra comunicazione sia in uscita, per porsi in dialogo e, prima ancora, in ascolto dei giovani», ha raccomandato il Papa: «Ricordiamoci: il Vangelo chiede di osare!». «Una delle istanze emerse nella recente Assemblea sinodale, dedicata ai giovani, riguarda proprio il loro rapporto con la Chiesa», ha ricordato Francesco citando il documento finale, dove si legge: «Tutti i giovani, nessuno escluso, sono nel cuore di Dio e quindi anche nel cuore della Chiesa. Riconosciamo però francamente che non sempre questa affermazione che risuona sulle nostre labbra trova reale espressione nella nostra azione pastorale. Eppure il Vangelo ci chiede di osare e vogliamo farlo senza presunzione e senza fare proselitismo, testimoniando l’amore del Signore e tendendo la mano a tutti i giovani del mondo».

«Essere narratori che non cadono nel pettegolezzo». Si è concluso con questo invito il discorso rivolto dal Papa ai collaboratori e amici di Telepace. «La comunicazione non è solo trasmissione di notizie: è disponibilità, arricchimento reciproco, relazione», ha fatto notare Francesco, secondo il quale «purtroppo, continua ad essere molto diffusa una forma di comunicazione che non ha nulla a che vedere con l’attenzione all’altro e con la comprensione reciproca: è pettegolezzo». «È un malcostume che ogni giorno insidia la comunità umana, seminando invidia, gelosia e bramosia di potere», il grido d’allarme del Papa: «Si può, perfino, uccidere una persona con quest’arma, sia impugnandola, ovvero costruendo pettegolezzo, sia passandola di mano, quando si presta ascolto prolungando la vita alla menzogna e alla delazione». Di qui la necessità di «comunicare responsabilmente, pensando anche a quanto male si può fare con la lingua, con il chiacchiericcio, con il pettegolezzo». Francesco ha concluso rinnovando l’invito a «promuovere un giornalismo di pace, un giornalismo fatto da persone per le persone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, specialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non hanno voce, un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale».

«Il Signore vi aiuti a non tradire mai l’obiettivo che portate impresso nel nome: Tele-pace», la consegna finale: «Ad essere sempre televisione della pace, che è dono di Dio ed è conquista umile e costante dell’umanità. Il vostro logo è la colomba che porta nel becco un ramoscello d’ulivo. Vi auguro di essere, ogni giorno, colombe di pace e di volare nell’etere con le due ali della preghiera e della carità».