Vita Chiesa

Papa Francesco a religiosi e clero di Sarajevo: «Un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro»

Racconti dettagliati di sofferenze vissute in prima persona che ha indotto il Pontefice a parlare a braccio lasciando da parte il discorso scritto. A colpire il Pontefice le testimonianze di suor Ljubica Šekerija, di don Zvonimir Matijević e di fra Jozo Puškarić. Catturata nella casa parrocchiale da miliziani stranieri provenienti da alcuni paesi arabi del Medio Oriente, durante la guerra in Bosnia ed Erzegovina, la religiosa ha raccontato di essere stata picchiata e minacciata se non si fosse convertita all’Islam.

Altrettanto forte la testimonianza di don Matijević, di Banja Luka, anche lui fatto prigioniero, picchiato fino a essere ridotto in fin di vita, uno dei pochi sacerdoti della sua diocesi ad essere sopravvissuto alle torture. A causa di ciò ora è affetto da sclerosi multipla. Fra’ Jozo Puškarić, francescano, ha trascorso quattro mesi nel campo di concentramento. «Giorni molto lunghi perché erano pieni di incertezza e di paura» vissuti in condizioni disumane soffrendo la fame e la sete, senza le minime condizioni igieniche, maltrattati fisicamente ogni giorno e «torturati con diversi oggetti, con le mani e con i piedi». Dai tre consacrati è arrivato il ringraziamento al Papa per la sua visita e la gioia per aver creduto nella forza del perdono e nella vittoria del bene sul male».  

Papa Francesco – come abbiamo detto – è stato colpito dalle testimonianze dei tre consacrati al punto da abbandonare il testo scritto e parlare a braccio. «Ci hanno raccontato la vita – ha detto il Pontefice riferendosi alle loro storie di sofferenza – hanno raccontato esperienze brutte e belle che parlano da sole. Questa è la memoria del vostro popolo e un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro. Questa è la memoria dei vostri padri e madri nella fede. Oggi hanno parlato in tre ma in tanti hanno sofferto come loro. Non avete diritto a dimenticare la vostra storia, non per vendicarvi ma per fare pace, non per guardare le cose in maniera strana ma per amare come loro hanno amato. Nel vostro sangue c’è il sangue di questi tre martiri e c’è la voca-zione di tanti religiosi». «Riprendete la memoria per fare la pace», ha esortato Francesco citando l’apostolo Paolo che nella lettera agli ebrei dice: «non di-menticatevi dei vostri antenati, quelli che vi hanno trasmesso la fede. Questi vi hanno trasmesso come si vive la fede. Lo stesso Paolo ci dice: non dimenticatevi di Gesù Cristo, il primo martire. Questi consacrati sono andati sulle trac-ce di Gesù Cristo».

«Mi è rimasta nel cuore una parola: perdona. Un consacrato che non sa perdonare non serve. Perdonare quello che ti picchia, che ti tortura, che ti pesta è difficile e loro non solo lo hanno fatto ma predicano di farlo». «Altre parole che mi hanno colpito sono queste: i 120 giorni nel capo di concentramento», ha detto riferendosi alla storia di uno dei consacrati. «Quante volte lo spirito del mondo ci fa dimenticare le sofferenze dei nostri antenati. Quei giorni sono contati non per giorno, ma per minuti perché ogni minuto è una tortura. Vivere tutti insieme sporchi, senza pasto, senza acqua, col caldo e col freddo. Mentre noi che ci lamentiamo quando abbiamo un dente che ci fa male, o quando non abbiamo la tv in stanza o altre comodità. In quei momenti non dimenticatevi delle testimonianze dei vostri antenati, pensate a quanto hanno sofferto e portate una vita degna della croce di Gesù Cristo». «Cercate il bene di tutti – ha concluso papa Francesco – tutti ne hanno la possibilità, il seme del bene, tutti siamo figli di Dio. Benedetti voi che avete così vicino queste testimonianze, non dimenticatele. Che la vostra vita cresca con questo ricordo».