Vita Chiesa

Papa Francesco ai neo-cardinali: cercare i lontani, non isolarsi in una casta

«Per Gesù – ha spiegato – ciò che conta, soprattutto, è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio. E questo scandalizza qualcuno!». Si tratta, infatti, di «due logiche di pensiero e di fede: la paura di perdere i salvati e il desiderio di salvare i perduti. Anche oggi accade, a volte, di trovarci nell’incrocio di queste due logiche: quella dei dottori della legge, ossia emarginare il pericolo allontanando la persona contagiata, e la logica di Dio che, con la sua misericordia, abbraccia e accoglie reintegrando e trasfigurando il male in bene, la condanna in salvezza e l’esclusione in annuncio». Queste due logiche «percorrono tutta la storia della Chiesa: emarginare e reintegrare». Ma «la strada della Chiesa, dal Concilio di Gerusalemme in poi, è sempre quella di Gesù: della misericordia e dell’integrazione».

«Questo – ha chiarito il Papa – non vuol dire sottovalutare i pericoli o fare entrare i lupi nel gregge, ma accogliere il figlio prodigo pentito». La strada della Chiesa è «quella di non condannare eternamente nessuno; di effondere la misericordia di Dio a tutte le persone che la chiedono con cuore sincero; la strada della Chiesa è proprio quella di uscire dal proprio recinto per andare a cercare i lontani nelle ‘periferie’ essenziali dell’esistenza; quella di adottare integralmente la logica di Dio». Guarendo il lebbroso, «Gesù non reca alcun danno a chi è sano, anzi lo libera dalla paura; non gli apporta un pericolo ma gli dona un fratello». Di conseguenza, «la carità non può essere neutra, asettica, indifferente, tiepida o imparziale! La carità contagia, appassiona, rischia e coinvolge! Perché la carità vera è sempre immeritata, incondizionata e gratuita! La carità è creativa nel trovare il linguaggio giusto per comunicare con tutti coloro che vengono ritenuti inguaribili e quindi intoccabili. Trovare il linguaggio giusto… Il contatto è il vero linguaggio comunicativo». Questa è «la logica di Gesù, questa è la strada della Chiesa: non solo accogliere e integrare, con coraggio evangelico, quelli che bussano alla nostra porta, ma uscire, andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani manifestando loro gratuitamente ciò che noi abbiamo gratuitamente ricevuto».

«La totale disponibilità nel servire gli altri è il nostro segno distintivo, è l’unico nostro titolo di onore!», ha affermato Francesco. «Ci insegni Maria – è stato l’auspicio – a non avere paura di accogliere con tenerezza gli emarginati; a non avere paura della tenerezza. Quante volte abbiamo paura della tenerezza! Ci insegni a non avere paura della tenerezza e della compassione; ci rivesta di pazienza nell’accompagnarli nel loro cammino, senza cercare i risultati di un successo mondano». Di qui l’esortazione «a servire la Chiesa in modo tale che i cristiani – edificati dalla nostra testimonianza – non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale». Dunque, «a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda; il Signore che è presente anche in coloro che hanno perso la fede, o che si sono allontanati dal vivere la propria fede, o che si dichiarano atei; il Signore che è in carcere, che è ammalato, che non ha lavoro, che è perseguitato; il Signore che è nel lebbroso – nel corpo o nell’anima -, che è discriminato! Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato!». Sul Vangelo degli emarginati, «si gioca e si scopre e si rivela la nostra credibilità!».