Vita Chiesa

Papa Francesco: al Cal, «la riforma liturgica è irreversibile, ma ancora in atto»

Il Concilio e la riforma liturgica, ha esordito Francesco, «sono due eventi direttamente legati, non fioriti improvvisamente ma a lungo preparati». I libri liturgici promulgati dal beato Paolo VI, «ben accolti dagli stessi vescovi che furono presenti al Concilio», sono ormai da quasi 50 anni universalmente in uso nel Rito Romano, ha ricordato il Papa: «I libri riformati a norma dei decreti del Vaticano II hanno innestato un processo che richiede tempo, ricezione fedele, obbedienza pratica, sapiente attuazione celebrativa da parte, prima, dei ministri ordinati, ma anche degli altri ministri, dei cantori e di tutti coloro che partecipano alla liturgia», senza contare che «l’educazione liturgica di pastori e fedeli è una sfida da affrontare sempre di nuovo». Di qui la necessità di «lavorare» per riscoprire «i motivi delle decisioni compiute con la riforma liturgica, superando letture infondate e superficiali, ricezioni parziali e prassi che la sfigurano». «Non si tratta di ripensare la riforma rivedendone le scelte, quanto di conoscerne meglio le ragioni sottese, anche tramite la documentazione storica, come di interiorizzarne i principi ispiratori e di osservare la disciplina che la regola», la consegna di Francesco, che ha affermato: «Dopo questo magistero e lungo cammino la riforma liturgica è irreversibile». «Il compito di promuovere e custodire la liturgia è affidato dal diritto alla Sede Apostolica e ai vescovi diocesani, sulla cui responsabilità e autorità conto molto nel momento presente», ha proseguito: «Sono coinvolti anche gli organismi nazionali e diocesani di pastorale liturgica, gli Istituti di formazione e i Seminari. In questo ambito formativo si è distinto, in Italia, il Centro di azione liturgica con le sue iniziative, tra cui l’annuale Settimana liturgica».

«La liturgia è vita per l’intero popolo della Chiesa», «per sua natura è popolare e non clericale», in quanto è «un’azione per il popolo, ma anche del popolo», ha detto il Papa ricordato che il rito liturgico «è l’azione che Dio stesso compie in favore del suo popolo, ma anche l’azione del popolo che ascolta Dio che parla e reagisce lodandolo, invocandolo, accogliendo l’inesauribile sorgente di vita e di misericordia che fluisce dai santi segni». «La Chiesa in preghiera raccoglie tutti coloro che hanno il cuore in ascolto del Vangelo, senza scartare nessuno», ha ammonito Francesco: «Sono convocati piccoli e grandi, ricchi e poveri, fanciulli e anziani, sani e malati, giusti e peccatori», perché «l’assemblea liturgica supera, in Cristo, ogni confine di età, razza, lingua e nazione». «La portata popolare della liturgia ci ricorda che essa è inclusiva e non esclusiva, fautrice di comunione con tutti senza tuttavia omologare, poiché chiama ciascuno, con la sua vocazione e originalità, a contribuire nell’edificare il corpo di Cristo», ha proseguito il Papa:  «L’Eucaristia non è un sacramento ‘per me’, è il sacramento di molti che formano un solo corpo, il santo popolo fedele di Dio». «Non dobbiamo dimenticare che è anzittutto la liturgia ad esprimere la pietas di tutto il popolo di Dio, prolungata poi da pii esercizi e devozioni che conosciamo con il nome di pietà popolare, da valorizzare e incoraggiare in armonia con la liturgia», ha affermato Francesco.

«La liturgia è vita e non un’idea da capire. Porta a vivere un’esperienza iniziatica, ossia trasformativa del modo di pensare e di comportarsi, e non ad arricchire il proprio bagaglio di idee su Dio». Ne è convinto il Papa, che nel discorso rivolto oggi ai membri del Cal ha spiegato che il culto liturgico «non è anzitutto una dottrina da comprendere, o un rito da compiere; è naturalmente anche questo ma in un’altra maniera, è essenzialmente diverso: è una sorgente di vita e di luce per il nostro cammino di fede». «Le riflessioni spirituali sono una cosa diversa dalla liturgia», che è «entrare nel mistero di Dio; lasciarsi portare al mistero ed essere nel mistero», ha puntualizzato Francesco, secondo il quale «c’è una bella differenza tra dire che esiste Dio e sentire che Dio ci ama, così come siamo, adesso e qui. Nella preghiera liturgica sperimentiamo la comunione significata non da un pensiero astratto ma da un’azione che ha per agenti Dio e noi, Cristo e la Chiesa». In questo modo, «i riti e le preghiere, per quello che sono e non per le spiegazioni che ne diamo, diventano una scuola di vita cristiana, aperta a quanti hanno orecchi, occhi e cuore dischiusi ad apprendere la vocazione e la missione dei discepoli di Gesù». Tutto questo, per Francesco, «è in linea con la catechesi mistagogica praticata dai Padri, ripresa anche dal Catechismo della Chiesa Cattolica che tratta della liturgia, dell’Eucaristia e degli altri Sacramenti alla luce dei testi e dei riti degli odierni libri liturgici».

«La Chiesa è davvero viva se, formando un solo essere vivente con Cristo, è portatrice di vita, è materna, è missionaria, esce incontro al prossimo, sollecita di servire senza inseguire poteri mondani che la rendono sterile». È il legame tra fede e liturgia, così come è stato delineato dal Papa nella parte finale del discorso rivolto ai membri del Centro di azione liturgica.  «Non possiamo dimenticare che la ricchezza della Chiesa in preghiera in quanto ‘cattolica’ va oltre il Rito Romano, che, pur essendo il più esteso, non è il solo», ha ammonito Francesco, secondo il quale «l’armonia delle tradizioni rituali, d’Oriente e d’Occidente, per il soffio del medesimo Spirito dà voce all’unica Chiesa orante per Cristo, con Cristo e in Cristo, a gloria del Padre e per la salvezza del mondo». «Proseguire tenendo fede all’ispirazione originale, quella di servire la preghiera del popolo santo di Dio», la consegna finale per il Cal, che «si è sempre distinto per la cura prestata alla pastorale liturgica, nella fedeltà alle indicazioni della Sede Apostolica come dei vescovi e godendo del loro supporto». «La lunga esperienza delle Settimane liturgiche, tenutesi in numerose diocesi d’Italia, insieme alla rivista ‘Liturgia’ – il ringraziamento del Papa –  ha aiutato a calare il rinnovamento liturgico nella vita delle parrocchie, dei seminari e delle comunità religiose. La fatica non è mancata, ma neppure la gioia! È ancora questo l’impegno che vi chiedo oggi: aiutare i ministri ordinati, come gli altri ministri, i cantori, gli artisti, i musicisti, a cooperare affinché la liturgia sia fonte e culmine della vitalità della Chiesa».

Il saluto al Papa di mons. Maniago. «Il nostro servizio è stato e vuole continuare a essere il promuovere una liturgia viva per una Chiesa via che non si avviti su se stessa ma dia vita a cristiani in uscita». Ad assicurarlo al Papa è stato mons. Claudio Maniago, presidente del Centro di azione liturgica «Cal), in apertura dell’udienza. In questi 70 anni di storia, ha ricordato Maniago, il Cal «ha servito le diocesi italiane in stretta collaborazione con la Conferenza episcopale italiana, perché la centralità della liturgia come ci è stata ribadita dalla riforma del Concilio Vaticano II potesse divulgarsi e raggiungere le periferie della nostra Chiesa e ogni membro del popolo di Dio, anche il più semplice e povero, fosse messo in grado di partecipare all’evento di grazia che trasfigura l’esistenza con la presenza misericordiosa di Dio».