Vita Chiesa

Papa Francesco al «Cara» di Castelnuovo di Porto: «Siamo fratelli e vogliamo vivere in pace»

«I gesti parlano più delle immagini e delle parole». Prima di lavare i piedi a 12 ospiti del «Cara» di Castelnuovo di Porto, il Papa ha cominciato così l’omelia della Messa: pronunciata interamente a braccio, in pochi ma intensi minuti, ha avuto per soggetto la contrapposizione tra «due gesti»: quelli del servizio e della fratellanza e quelli dei trafficanti di morte, che hanno dato luogo ai tragici attentati di tre giorni fa a Bruxelles.

«I gesti… Ci sono in questa Parola di Dio che abbiamo letto due gesti», ha spiegato Francesco: «Gesù che serve, che lava i piedi, Lui che era il capo lava i piedi ai suoi, ai più piccoli». Il secondo gesto: «Giuda che va dai nemici di Gesù, da quelli che non vogliono la pace con Gesù, a prendere il denaro col quale lo ha tradito, le trenta monete». «Anche oggi qui ci sono due gesti», ha attualizzato il Papa: «Questo, tutti noi, insieme – musulmani, indi, cattolici, copti, evangelici ma fratelli, figli dello stesso Dio – che vogliamo vivere in pace, integrati. Un gesto». «Tre giorni fa», invece, «un gesto di guerra, di distruzione, in una città dell’Europa: di gente che non vuole vivere in pace».

«Dietro quel gesto, come dietro al gesto di Giuda ce n’erano altri», ha spiegato il Papa, durante l’omelia, proseguendo il pensiero espresso subito prima. «Dietro al gesto di Giuda – ha proseguito nell’omelia pronunciata interamente a braccio – c’erano quelli che hanno dato il denaro perché Gesù fosse consegnato. Dietro quel gesto ci sono i trafficanti delle armi che vogliono il sangue, non la pace, che vogliono la guerra, non la fratellanza», ha affermato il Papa riferendosi agli attentati di tre giorni fa a Bruxelles, menzionati indirettamente poco prima. «Due gesti», ha rimarcato ancora Francesco: «Gesù che lava i piedi, Giuda che vende Gesù per denaro. Noi, tutti insieme, diversi come persone, come culture, ma figli dello stesso Padre, fratelli. E là, poveretti, quelli che comprano le armi per distruggere la fratellanza».

Siamo diversi, ma fratelli. «Oggi, in questo momento, quando io farò lo stesso gesto di Gesù di lavare i piedi a voi dodici, tutti noi stiamo facendo il gesto della fratellanza, e tutti noi diciamo: siamo diversi, siamo differenti, abbiamo differenti culture e religioni ma siamo fratelli e vogliamo vivere in pace, e questo è il gesto che io faccio con voi». Cosi Francesco ha introdotto il gesto della lavanda dei piedi che avrebbe fatto subito dopo, con 12 degli 892 ospiti del centro per i profughi, i migranti e i rifugiati. «Ognuno di noi ha una storia addosso – ha proseguito Francesco -: tante croci, tanti dolori, ma anche ha un cuore aperto che vuole la fratellanza». «Ognuno nella sua lingua religiosa preghi al Signore perché questa fratellanza si contagi nel mondo, perché non ci siano le trenta monete per uccidere il fratello, perché sempre ci sia la fratellanza e la bontà», la consegna del Papa ai presenti.

«Facciamo vedere che è bello vivere insieme come fratelli, con culture, tradizioni e religioni differenti. Ma siamo tutti fratelli e questo ha un nome: pace e amore»: così Papa Francesco, alla conclusione della Messa in Coena Domini, dopo aver ricevuto i doni da parte dei profughi e aver ascoltato un canto copto dedicato alla Vergine. Adesso si sta intrattenendo a salutare gli ospiti del centro.

Oltre ai dodici ai quali ha lavato i piedi, il Papa ha incontrato anche tre famiglie di profughi: Amin, originaria della Palestina, Haron e Mesfun che arrivano dall’Eritrea. La famiglia degli Amin è composta dalla bisnonna Taqia, che nel lontano 1948 si era rifugiata in Iraq e poi nel 2012 in Siria, dal figlio Hassan che è sposato con Sawsan con cui ha avuto una figlia, Tahani. Tahani a sua volta si è sposata con Dardir con il quale ha avuto due figli di otto e sei anni, Roshdi e Mohammad. Infine, la bisnonna Taqia ha anche un altro nipote di nome Hani. Gli Amin sono arrivati al Cara su un «barcone della speranza» lo scorso gennaio come la famiglia Haron. Quest’ultima ha dovuto affrontare un viaggio difficilissimo poiché Lucia, moglie di Hassen, era incinta. Arrivati, infatti, al Centro il 29 gennaio in due sono diventati tre il 12 marzo appena passato grazie alla nascita di Saber.

L’ultima famiglia che Papa Francesco ha incontrato è quella eritrea dei Mesfun composta solo da madre Luchia e dalla piccola Merhawit, il cui significato in italiano è «libertà». Madre e figlia, infatti, sono state protagoniste, nell’ottobre passato, di un altro viaggio pericoloso e difficoltoso. Luchia ha affrontato la traversata proprio nei giorni del parto: arrivata in Italia il 7 ottobre, il 9 ha dato alla luce a Grosseto Merhawit. Dalla Toscana poi l’ennesimo trasferimento al Centro dove sono state accolte il 12 dicembre 2015. Ora si sono integrate e partecipano attivamente alla vita del «Cara» come per esempio alla giornata del Migrante, lo scorso 17 gennaio, quando sono anche passate attraverso la Porta Santa.