Vita Chiesa

Papa Francesco al ritiro mondiale del clero: «Dove non si discute la Chiesa è morta»

«Vedere i vescovi insieme ai sacerdoti è la cosa più bella di una Chiesa particolare»: ha esordito così Papa Francesco, nella lunga meditazione tenuta questo pomeriggio nella basilica di San Giovanni in Laterano agli oltre mille sacerdoti che, provenienti da 90 differenti Paesi dei cinque continenti, stanno partecipando al terzo ritiro mondiale a Roma.

«Abbiamo bisogno di sacerdoti vicini al popolo di Dio, abbiamo bisogno di vescovi vicini al popolo di Dio», ha proseguito Francesco», e tra loro si devono parlare con parresìa: «Questo è il principio che ha salvato la Chiesa primitiva, il coraggio di Paolo di dire le cose, il coraggio degli apostoli di discutere tra loro». «Dove c’è prossimità, lì c’è lo spirito di Dio», ha detto ancora il Pontefice sottolineando l’importanza di confrontarsi: «Che ci sia una discussione è un bene perché dove non si discute c’è una Chiesa morta. Solo nei cimiteri non si discute». Il Papa si è detto quindi «contento di vedere» i «preti di periferia in prima fila».

«Il genio femminile nella Chiesa è una grazia. La Chiesa è donna

«La chiamata al sacerdozio ministeriale è prima di tutto una chiamata d’amore

«Non dimenticate mai che non siete servi, ma amici. Alla chiamata d’amore si risponde con amore. Quando un sacerdote è innamorato di Gesù lo si vede, lo si riconosce, anche quando è stanco come uno straccio», l’efficace immagine del Pontefice, secondo il quale «il sensus fidei sa riconoscere quando un sacerdote è innamorato di Gesù, oppure è un funzionario con orari fissi, o una persona attaccata alla legge». «Che non ci sia doppiezza nel cuore!», l’esortazione di Francesco, «che non ci sia ipocrisia, ma ci sia misericordia, amore, tenerezza! Per favore, siate misericordiosi con la gente!». La prima motivazione per l’evangelizzazione, ha quindi spiegato, «è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, questa esperienza di essere salvati che ci spinge ad amare di più». «Sentitevi delle persone salvate!».

«Lasciatevi aprire il cuore e amare da Gesù, non solo contemplate Gesù, lasciate che Egli vi guardi: eccomi Gesù». Questa l’esortazione del Papa. Ma davanti al Tabernacolo ci si può anche addormentare per la stanchezza accumulata: se accade «è una preghiera bellissima – spiega Francesco – come il padre che guarda il figlio che dorme. Se vi addormentate davanti al Tabernacolo non vi preoccupate, va bene così. Gesù vi guarda». Il Tabernacolo «può essere noioso, non è la tv, ma lì c’è l’amore»; è «un dialogo d’amore, senza parole».

Nelle omelie «abbiate pietà del popolo di Dio», ha detto ancora Papa Francesco ai partecipanti al terzo ritiro mondiale del clero. «Le persone – ha spiegato – non sopportano più di otto minuti, poi si disconnettono, e vogliono si parli al cuore». «Un’idea, un’immagine, un sentimento: ecco – il suo monito – che cosa deve avere un’omelia», che «non è una conferenza, né una lezione di catechesi, né un sacramentale». La Parola di Dio, ha precisato il Papa, «è un linguaggio positivo, non proibitivo». Dal Pontefice un invito: «Riunitevi tra sacerdoti per preparare le omelie. Per favore, non spaventate il popolo di Dio, non perdete tempo. Parlate del Regno di Dio, delle beatitudini, dell’amore che trasforma il cuore. L’amore di Dio – le parole del Papa – è più forte di ogni terrorismo assassino».

«Ma noi chi siamo? Puritani? Per favore una Chiesa senza Gesù e senza misericordia no! Non fate scappare il popolo fedele», ha esclamato Papa Francesco, commentando nella sua meditazione a braccio ai partecipanti al terzo ritiro mondiale del clero, il rifiuto, da parte di un prete a Buenos Aires, di battezzare il figlio di una ragazza madre. «Quando questo accade, il cuore di un sacerdote è burocrate, è strettamente legato alla legge della Chiesa, la Chiesa che è madre si trasforma per tanti fedeli in una ‘matrigna’: per favore, fate sentire che la Chiesa è sempre madre!». «Siate misericordiosi! Siate misericordiosi!», ha ripetuto Francesco. «Il solo fatto che qualcuno venga, si metta giù, in ginocchio, nel confessionale è segno di penitenza, e il gesto precede la parola, è un gesto di penitenza. Il fatto che qualcuno arrivi con questo gesto al confessionale è proprio perché ha voglia di cambiare». «Misericordia nelle confessioni, misericordia», ha insistito il Papa, secondo il quale «l’amore trasforma e contagia».