Vita Chiesa

Papa Francesco: «chiediamoci se siamo cristiani da salotto»

Il Santo Padre benedirà i palli, presi dalla Confessione dell’apostolo Pietro e destinati agli arcivescovi metropoliti nominati nel corso dell’anno. Il pallio verrà poi imposto a ciascun arcivescovo metropolita dal rappresentante pontificio nella rispettiva Sede metropolitana. «Chi confessa Gesù – ha detto il Papa – sa che non è tenuto soltanto a dare pareri, ma a dare la vita; sa che non può credere in modo tiepido, ma è chiamato a ‘bruciare’ per amore; sa che nella vita non può ‘galleggiare’ o adagiarsi nel benessere, ma deve rischiare di prendere il largo, rilanciando ogni giorno nel dono di sé. Chi confessa Gesù fa come Pietro e Paolo: lo segue fino alla fine; non fino a un certo punto, ma fino alla fine, e lo segue sulla sua via, non sulle nostre vie. La sua via è la via della vita nuova, della gioia e della risurrezione, la via che passa anche attraverso la croce e le persecuzioni».

Cristiani emarginati e discriminati. «Anche oggi in varie parti del mondo, a volte in un clima di silenzio – non di rado silenzio complice –, tanti cristiani sono emarginati, calunniati, discriminati, fatti oggetto di violenze anche mortali, spesso senza il doveroso impegno di chi potrebbe far rispettare i loro sacrosanti diritti». Dopo l’udienza generale del mercoledì interamente dedicata al tema del martirio, questa mattina Papa Francesco è tornato a parlare delle «persecuzioni» che ancora oggi in tante parti del mondo colpiscono le comunità cristiane a causa delle loro fede. «Senza la croce non c’è Cristo, ma senza la croce non c’è nemmeno il cristiano», ha detto il Santo Padre nella Messa celebrata in piazza San Pietro per la solennità dei santi Pietro e Paolo. Ai cristiani perseguitati Francesco ha detto di andare «avanti con fiducia perché non siamo soli» ed ha ripetuto le parole di Paolo: «In tutto siamo tribolati, ma non schiacciati; sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati».

«Quanto è urgente nella Chiesa avere maestri di preghiera, ma prima di tutto essere uomini e donne di preghiera, che vivono la preghiera!», ha detto Papa Francesco nell’omelia. «La preghiera – ha detto il Papa – è l’acqua indispensabile che nutre la speranza e fa crescere la fiducia. La preghiera ci fa sentire amati e ci permette di amare. Ci fa andare avanti nei momenti bui, perché accende la luce di Dio. Nella Chiesa è la preghiera che ci sostiene tutti e ci fa superare le prove». «Una Chiesa che prega – ha proseguito il Santo Padre – è custodita dal Signore e cammina accompagnata da Lui. Pregare è affidargli il cammino, perché se ne prenda cura. La preghiera è la forza che ci unisce e sorregge, il rimedio contro l’isolamento e l’autosufficienza che conducono alla morte spirituale. Perché lo Spirito di vita non soffia se non si prega e senza preghiera non si aprono le carceri interiori che ci tengono prigionieri».

Il saluto alla delegazione ecumenica. «Lo stesso Signore, che ardentemente desidera vedere tutto riunito il suo gregge, benedica e custodisca il Patriarca ecumenico e anche la Delegazione del Patriarcato ecumenico. Benedica il caro Fratello Bartolomeo, che qui l’ha inviata in segno di comunione apostolica». È il saluto che al termine dell’omelia Papa Francesco ha rivolto alla Delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, inviata da Sua Beatitudine Bartolomeo, come di consueto, per la Festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, patroni della Città di Roma. La delegazione è guidata da Sua Eminenza Job, arcivescovo di Telmessos, accompagnato dai padri Ambrosios Chorozidis e Agathanghelos Siskos.