Vita Chiesa

Papa Francesco in Armenia: «Mi inchino di fronte alla fede del popolo armeno»

«Mi inchino di fronte alla misericordia del Signore, che ha voluto che l’Armenia diventasse la prima Nazione, fin dall’anno 301, ad accogliere il Cristianesimo, quale sua religione». «La fede in Cristo non è stata per l’Armenia quasi come un abito che si può indossare o togliere a seconda delle circostanze o delle convenienze, ma una realtà costitutiva della sua stessa identità, un dono di enorme portata da accogliere con gioia e da custodire con impegno e fortezza, a costo della stessa vita». Queste le prime parole pronunciate da Papa Francesco in terra armena.

Atterrato oggi alle 15 (ore locali, le 13 in Italia) all’aeroporto internazionale «Zvartnots» di Yerevan, Papa Francesco è stato accolto dal Presidente della Repubblica dell’Armenia, Serzh Sargsyan, e dal Supremo Patriarca e Catholicos di Tutti gli Armeni, Sua Santità Karekin II. Dopo l’esecuzione degli inni e gli onori militari, il Santo Padre, accompagnato dal Catholicos, si è trasferito in auto alla Sede Apostolica di Etchmiadzin. Entrati nella Cattedrale, davanti all’altare della Discesa (dell’Unigenito) il Papa e il Catholicos hanno baciato la Croce e il libro dei Vangeli. Poi sull’altare maggiore si sono scambiati un abbraccio di pace. «Grazie, Santità – ha detto subito Papa Francesco -, per avermi accolto nella Sua casa; tale segno di amore dice in maniera eloquente, molto più delle parole, che cosa significhino l’amicizia e la carità fraterna».

Il mondo attende dai cristiani una testimonianza di «reciproca stima e fraterna collaborazione», ha detto Papa Francesco nel suo primo discorso in terra armena prendendo la parola nella cattedrale della Sede Apostolica di Etchmiadzin. «Il mondo – ha detto il Santo Padre – è purtroppo segnato da divisioni e conflitti, come pure da gravi forme di povertà materiale e spirituale, compreso lo sfruttamento delle persone, persino di bambini e anziani». Da qui l’urgenza di lavorare per l’unità delle Chiese. «Il paziente e rinnovato impegno verso la piena unità, l’intensificazione delle iniziative comuni e la collaborazione tra tutti i discepoli del Signore in vista del bene comune – ha infatti sottolineato Papa Francesco -, sono come luce fulgida in una notte oscura e un appello a vivere nella carità e nella mutua comprensione anche le differenze. Lo spirito ecumenico acquista un valore esemplare anche al di fuori dei confini visibili della comunità ecclesiale, e rappresenta per tutti un forte richiamo a comporre le divergenze con il dialogo e la valorizzazione di quanto unisce».

Sempre questo spirito di stima reciproca e di collaborazione «impedisce la strumentalizzazione e manipolazione della fede» e «si offre in tal modo al mondo – che ne ha urgente bisogno – una convincente testimonianza che Cristo è vivo e operante, capace di aprire sempre nuove vie di riconciliazione tra le nazioni, le civiltà e le religioni. Si attesta e si rende credibile che Dio è amore e misericordia». «Quando il nostro agire – ha concluso Francesco – è ispirato e mosso dalla forza dell’amore di Cristo, si accrescono la conoscenza e la stima reciproche, si creano migliori condizioni per un cammino ecumenico fruttuoso e, nello stesso tempo, si mostra ad ogni persona di buona volontà e all’intera società una concreta via percorribile per armonizzare i conflitti che lacerano la vita civile e scavano divisioni difficili da sanare».