Vita Chiesa

Papa Francesco: udienza, «La rassegnazione non è una virtù»

Gesù predica ai suoi discepoli: «Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito», ha detto Francesco citando il Vangelo di Luca. «In questo tempo che segue la risurrezione di Gesù, in cui si alternano in continuazione momenti sereni e altri angosciosi, i cristiani non si adagiano mai», ha ammonito il Papa sulla scorta del Vangelo, che «raccomanda di essere come dei servi che non vanno mai a dormire, finché il loro padrone non è rientrato». «Questo mondo esige la nostra responsabilità, e noi ce la assumiamo tutta e con amore», l’invito di Francesco: «Gesù vuole che la nostra esistenza sia laboriosa, che non abbassiamo mai la guardia, per accogliere con gratitudine e stupore ogni nuovo giorno donatoci da Dio».

«Ogni mattina è una pagina bianca che il cristiano comincia a scrivere con le opere di bene», ha spiegato il Papa ricordando che «noi siamo già stati salvati dalla redenzione di Gesù, però ora attendiamo la piena manifestazione della sua signoria: quando finalmente Dio sarà tutto in tutti». «Nulla è più certo, nella fede dei cristiani, di questo appuntamento, di questo appuntamento col Signore, quando lui venga», ha detto Francesco: «E quando questo giorno arriverà, noi cristiani vogliamo essere come quei servi che hanno passato la notte con i fianchi cinti e le lampade accese: bisogna essere pronti per la salvezza che arriva, pronti all’incontro». «Avete pensato voi come sarà quell’incontro con Gesù?», la domanda di Francesco a braccio: «Sarà un abbraccio, una grande gioia, questo incontro. Noi dobbiamo vivere in attesa di questo incontro».

«Il cristiano non è fatto per la noia; semmai per la pazienza. Sa che anche nella monotonia di certi giorni sempre uguali è nascosto un mistero di grazia». Ne è convinto il Papa, che nella catechesi di oggi dedicata alla speranza come attesa vigilante, ha fatto notare che «ci sono persone che con la perseveranza del loro amore diventano come pozzi che irrigano il deserto». «Nulla avviene invano, e nessuna situazione in cui un cristiano si trova immerso è completamente refrattaria all’amore», ha assicurato Francesco: «Nessuna notte è così lunga da far dimenticare la gioia dell’aurora». «E quanto più è oscura, più vicina è l’aurora», ha aggiunto a braccio. «Se rimaniamo uniti a Gesù, il freddo dei momenti difficili non ci paralizza», ha assicurato: «E se anche il mondo intero predicasse contro la speranza, se dicesse che il futuro porterà solo nubi oscure, il cristiano sa che in quello stesso futuro c’è il ritorno di Cristo». «Quando questo succederà, nessuno lo sa, ma il pensiero che al termine della nostra storia c’è Gesù Misericordioso, basta per avere fiducia e non maledire la vita», l’incoraggiamento del Papa: «Tutto verrà salvato, tutto! Soffriremo, ci saranno momenti che suscitano rabbia e indignazione, ma la dolce e potente memoria di Cristo scaccerà la tentazione di pensare che questa vita è sbagliata».

«Gesù è come una casa, e noi ci siamo dentro, e dalle finestre di questa casa noi guardiamo il mondo». È l’immagine scelta dal Papa per spiegare che, «dopo aver conosciuto Gesù, noi non possiamo far altro che scrutare la storia con fiducia e speranza». «Non ci richiudiamo in noi stessi, non rimpiangiamo con malinconia un passato che si presume dorato, ma guardiamo sempre avanti, a un futuro che non è solo opera delle nostre mani, ma che anzitutto è una preoccupazione costante della provvidenza di Dio», l’invito centrale della catechesi dell’udienza di oggi: «Tutto ciò che è opaco un giorno diventerà luce». «E pensiamo che Dio non smentisce sé stesso, mai!», ha proseguito a braccio: «Dio non delude mai». «La sua volontà nei nostri confronti non è nebulosa, ma è un progetto di salvezza ben delineato», ha assicurato Francesco citando la prima lettera di San Paolo a Timoteo: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità». «Non ci abbandoniamo al fluire degli eventi con pessimismo, come se la storia fosse un treno di cui si è perso il controllo», ha ammonito il Papa.

«La rassegnazione non è una virtù cristiana. Come non è da cristiani alzare le spalle o piegare la testa davanti a un destino che ci sembra ineluttabile». Sono nette le parole finali della catechesi di oggi, in cui il Papa ha affermato che «chi reca speranza al mondo non è mai una persona remissiva». Gesù, infatti,  «ci raccomanda di attenderlo senza stare con le mani in mano», come si legge nel Vangelo di Luca: «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli». «Non c’è costruttore di pace che alla fine dei conti non abbia compromesso la sua pace personale, assumendo i problemi degli altri», ha affermato Francesco, secondo il quale – ha aggiunto a braccio – chi non assume tale atteggiamento «non è un costruttore di pace, è un pigro, è un comodo». «Perché il cristiano rischia, ha il coraggio di rischiare per portare il bene che Gesù  ci ha donato, ci ha dato come un tesoro», ha proseguito ancora fuori testo. «In ogni giorno della nostra vita – l’invito –  ripetiamo quell’invocazione che i primi discepoli, nella loro lingua aramaica, esprimevano con le parole Marana tha, e che ritroviamo nell’ultimo versetto della Bibbia: ‘Vieni, Signore Gesù!’. È il ritornello di ogni esistenza cristiana: nel nostro mondo non abbiamo bisogno di altro se non di una carezza del Cristo. Che grazia se, nella preghiera, nei giorni difficili di questa vita, sentiamo la sua voce che risponde e ci rassicura: ‘Ecco, io vengo presto’!».

Salutando i pellegrini proveniente dal Brasile e dagli altri Paesi di lingua portoghese, il Papa ha citato i 300 anni di Nossa Senhora Aparecida, la cui festa si celebra domani. «La storia dei pescatori che hanno ritrovato nel fiume Paraiba do Sul il corpo e poi il capo della statua della Madonna, successivamente uniti insieme – le parole di Francesco – ci ricorda che in questo momento difficile del Brasile, la Vergine Maria è un segno che spinge verso l’unità fondata sulla solidarietà e sulla giustizia». Salutando i pellegrini tedeschi, il Papa si è rivolto in particolare ai numerosi giovani e partecipanti alla settimana d’informazione della Guardia Svizzera Pontificia. «Gesù continua a bussare alla porta del nostro cuore», ha detto Francesco: «Vogliamo accoglierlo con prontezza mettendoci al servizio degli altri, specialmente dei poveri, dei malati e dei profughi». Rivolgendosi ai pellegrini di lingua inglese presenti tra i 20mila in piazza San Pietro, il Papa ha salutato in particolare coloro che celebreranno domani la Giornata mondiale della vista, assicurando ai non vedenti e agli ipovedenti la sua «vicinanza» e le sue «preghiera».

Il saluto alla plenaria della Congregazione per le Chiese Orientali. «Sono lieto di accogliere il prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, il cardinale Leonardo Sandri, e i Membri del Dicastero riuniti a Roma per la Sessione Plenaria, nella ricorrenza del primo centenario di fondazione». Con queste parole, prima di incontrarli domani in piazza Santa Maria Maggiore, il Papa ha salutato i patriarchi, gli arcivescovi maggiori e tutti coloro che partecipano ai lavori, affidandoli «all’intercessione di San Giovanni XXIII, di cui oggi ricorre la memoria liturgica, affinché la Congregazione per le chiese orientali continui con generosa dedizione il servizio all’Oriente cattolico.

Durante i saluti ai fedeli di lingua italiana, Francesco ha salutato tra gli altri i Missionari Verbiti, le Figlie di Maria Ausiliatrice, le Figlie e i Figli di Sant’Anna, la comunità del Seminario Minore San Giovanni XXIII di Montefiascone e «i tanti fedeli provenienti dalle parrocchie e dalle associazioni italiane». «La visita alle tombe degli apostoli favorisca in tutti voi il senso di appartenenza alla famiglia ecclesiale e stimoli un servizio sempre più generoso e pieno di speranza», l’auspicio collettivo. Durante il consueto triplice saluto finale ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, il Papa ha ricordato che «il mese di ottobre è il mese missionario, in cui siamo invitati a pregare la Vergine Maria, Madre delle Missioni: cari giovani, siate missionari di Cristo nei vostri ambienti con la sua stessa misericordia e tenerezza; cari ammalati, offrite la vostra sofferenza per la conversione dei lontani e degli indifferenti; e voi, cari sposi novelli, siate missionari nella vostra famiglia annunciando con l’esempio il Vangelo della salvezza».

C’era anche un gruppo di giovani cinesi, tra i 20mila fedeli in piazza San Pietro. L’udienza di oggi ha avuto un prologo sempre dedicato alla Cina: poco prima dell’udienza, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, il Papa ha incontrato infatti una trentina di sacerdoti della Congregatio Discipulorum Domini, provenienti appunto dal Pase del Sol Levante.