Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «Se sei egoista, non sei cristiano, sei mondano»

La Chiesa di Gerusalemme, icona di fraternità. Dopo la Pentecoste, ha ricordato Francesco, «circa tremila persone entrano a far parte di quella fraternità che è l’habitat dei credenti ed è il fermento ecclesiale dell’opera di evangelizzazione». In questo modo, «lo straordinario si fa ordinario e la quotidianità diventa lo spazio della manifestazione di Cristo vivo». La chiesa di Gerusalemme è «il paradigma di ogni comunità cristiana, l’icona di una fraternità che affascina e che non va mitizzata ma nemmeno minimizzata», la raccomandazione del Papa, secondo il quale «il racconto degli Atti ci permette di guardare tra le mura della domus dove i primi cristiani si raccolgono come famiglia di Dio, spazio della koinonia, cioè della comunione d’amore tra fratelli e sorelle in Cristo». «Si può vedere che essi vivono in un modo ben preciso», ha commentato Francesco: «sono perseveranti nell’insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere». Poi quelle che a braccio ha definito «le quattro tracce del buon cristiano», ripetendole e numerandole: «I cristiani ascoltano assiduamente la didaché o insegnamento apostolico – primo -; praticano un’alta qualità di rapporti interpersonali anche attraverso la comunione dei beni spirituali e materiali – secondo -; fanno memoria del Signore attraverso la frazione del pane, cioè l’Eucaristia – terzo – e dialogano con Dio nella preghiera, quarto». «Sono questi gli atteggiamenti del cristiano», ha commentato a braccio il Santo Padre: «sono le quattro tracce di un buon cristiano».

La prossimità e l’unità sono lo stile dei credenti. «Diversamente dalla società umana, dove si tende a fare i propri interessi a prescindere o persino a scapito degli altri, la comunità dei credenti bandisce l’individualismo per favorire la condivisione e la solidarietà». Il Papa, continuando il ciclo di catechesi sugli Atti degli apostoli, ha sottolineato che nella prima comunità cristiana «i credenti stanno insieme, segno che la grazia battesimale li ha sradicati dalla coscienza isolata e dall’autoreferenzialità». «Cadono antagonismi e divisioni, vengono meno le rivalità tra giovani e vecchi, uomini e donne, ricchi e poveri», ha osservato Francesco, precisando a braccio che nella comunità cristiana «non c’è posto per l’egoismo: se sei egoista, non sei cristiano. Sei mondano, cerchi il tuo favore, il tuo profitto a scapito degli altri». «La prossimità e l’unità sono lo stile dei credenti», ha ribadito il Papa: «Vicini, preoccupati l’uno dell’altro, non per sparlare uno dell’altro», ha commentato a braccio. «Condividere,  immedesimarsi con gli altri e a dare secondo il bisogno di ciascuno», gli imperativi dei discepoli di Cristo: «Un modo questo di ascoltare il grido del povero, cosa che piace molto a Dio, e di restituirgli quello che gli corrisponde», ha raccomandato il Papa, secondo il quale «la Chiesa è la comunità capace di condividere con gli altri non solo la Parola di Dio, ma anche il pane. Per questo essa diventa matrice di un’umanità nuova capace di trasfigurare il mondo, di immettere nella società il fermento della giustizia, della solidarietà e della compassione». «Preoccuparsi dell’altro», l’invito a braccio: «visitare gli ammalati, coloro che sono nel bisogno e hanno bisogno di consolazione».

«Proprio perché sceglie la via della comunione e dell’attenzione ai bisognosi, questa fraternità che è la Chiesa può vivere una vita autentica».  Ne è convinto il Papa, che ha citato a più riprese il libro degli Atti degli Apostoli, dove si legge che i credenti «ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo». Il racconto degli Atti, per Francesco, «ci ricorda che il Signore garantisce la crescita della comunità: il perseverare dei credenti nell’alleanza genuina con Dio e con i fratelli diventa forza attrattiva che affascina e conquista molti, principio grazie al quale vive la comunità credente di ogni tempo». «Preghiamo lo Spirito Santo – l’auspicio finale – perché faccia delle nostre comunità luoghi in cui accogliere e praticare la vita nuova, le opere di solidarietà e di comunione, luoghi in cui le liturgie siano incontro con Dio, che diviene comunione con i fratelli e le sorelle, luoghi che siano porte aperte sulla Gerusalemme celeste».

«Pregate per tutti i sacerdoti e per il mio ministero petrino, affinché ogni azione pastorale sia improntata sull’amore che Cristo ha per ogni uomo». Si è conclusa con questo invito, rivolto ai 13mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro, l’udienza del Papa, che salutando i pellegrini di lingua italiana – tra i quali i fedeli di Genova, accompagnati dal vescovo ausiliare, mons. Nicolò Anselmi – ha ricordato che «venerdì prossimo celebreremo la solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù». «Invito tutti a guardare a quel Cuore e a imitarne i sentimenti più veri», l’appello prima di congedarsi dai fedeli.  Alla festività liturgica di venerdì prossimo il Santo Padre ha fatto riferimento anche salutando i pellegrini polacchi. «Questa festa – ha detto loro – ci ricorda che Cristo è sempre vivo; ci ama, si offre a noi come sorgente di misericordia, di perdono, di redenzione. In lui possiamo ritrovare la pace lo spirito, spesso disturbato in noi dall’incertezza, dalla tristezza, dal senso di peccato. Offriamo al Divino Cuore noi stessi, tutta la nostra vita, il tempo di vacanze appena iniziate. Auguro a tutti un buon riposo estivo». All’inizio dei saluti in lingua italiana, il Papa a braccio ha ricordato che «quest’udienza, l’ultima prima della pausa estiva, si fa in due gruppi: voi che siete in piazza e gli ammalati che sono in Aula Paolo VI e seguono dai maxischermi, perché è tanto caldo ed è meglio che gli ammalati siano al riparo. Salutiamo il gruppo degli ammalati!».