Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «Se tu non perdoni, Dio non ti perdonerà»

«Non esistono nella Chiesa self made man, uomini che si sono fatti da soli». Ad assicurarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla seconda parte della quinta domanda del Padre Nostro: «Come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori». «Siamo tutti debitori verso Dio e verso tante persone che ci hanno regalato condizioni di vita favorevoli», ha ricordato Francesco: «La nostra identità si costruisce a partire dal bene ricevuto». «Noi ci dimentichiamo tante volte di dire: grazie! Siamo egoisti», il monito. «È proprio dell’uomo essere debitore davanti a Dio», ha spiegato il Papa: «da lui abbiamo ricevuto tutto, in termini di natura e di grazia, prima di tutto la vita. La nostra vita non solo è stata voluta, ma è stata anche amata. Davvero non c’è spazio per la presunzione quando congiungiamo le mani per pregare». «Chi prega impara a dire grazie e chiede a Dio di essere benevolo con lui o con lei», la tesi di Francesco: «Per quanto ci sforziamo, rimane sempre un debito incolmabile davanti a Dio, che mai potremo restituire: egli ci ama infinitamente più di quanto noi lo amiamo. E poi, per quanto ci impegniamo a vivere secondo gli insegnamenti cristiani, nella nostra vita ci sarà sempre qualcosa di cui chiedere perdono: pensiamo ai giorni trascorsi pigramente, ai momenti in cui il rancore ha occupato il nostro cuore, e così via… Sono queste esperienze, purtroppo non rare, che ci fanno implorare: ‘Signore, Padre, rimetti a noi i nostri debiti’». «Chiediamo perdono a Dio», l’invocazione a braccio.

«Il Dio buono ci invita ad essere tutti quanti buoni», ha spiegato il Papa, a proposito del legame tra la prima e la seconda parte della quinta domanda del Padre Nostro. «A pensarci bene, l’invocazione poteva anche limitarsi a questa prima parte, sarebbe stata bella», ha fatto notare Francesco: «Invece Gesù la salda con una seconda espressione che fa tutt’uno con la prima». «La relazione di benevolenza verticale da parte di Dio si rifrange ed è chiamata a tradursi in una relazione nuova che viviamo con i nostri fratelli, una relazione orizzontale», ha spiegato il Papa, osservando che «le due parti dell’invocazione si legano insieme con una congiunzione impietosa: come». «Chiediamo al Signore di rimettere i nostri debiti come noi perdoniamo ai nostri amici, alla gente che vive con noi, ai nostri vicini, alla gente che ci ha fatto qualcosa non bella», il commento a braccio: «Ogni cristiano sa che esiste per lui il perdono dei peccati. Questo lo sappiamo tutti, che Dio perdona tutto e perdona sempre». «Quando Gesù racconta ai suoi discepoli il volto di Dio, lo tratteggia con espressioni di tenera misericordia», ha ribadito Francesco: «Dice che c’è più gioia nei cieli per un peccatore che si pente, piuttosto che per una folla di giusti che non hanno bisogno di conversione. Nulla nei Vangeli lascia sospettare che Dio non perdoni i peccati di chi è ben disposto e chiede di essere riabbracciato».

«Chi ha ricevuto tanto deve imparare a dare tanto. E non trattenere per sé solo quello che ha ricevuto», ha spiegato il Papa ai 27 mila in piazza San Pietro per l’udienza, facendo notare che «la grazia di Dio, così abbondante, è sempre impegnativa». «Non è un caso che il Vangelo di Matteo, subito dopo averci regalato il testo del Padre nostro, tra le sette espressioni usate si soffermi a sottolineare proprio quella del perdono fraterno», ha sottolineato Francesco citando il passo specifico: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli altri, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe». «Ma questo è forte», ha commentato a braccio: «Alcune volte ho sentito gente che ha detto: ‘io non perdonerò mai a quella persona, quello che mi hanno fatto non lo perdonerò mai’. Ma Dio, se tu non perdoni, non ti perdonerà». «Pensiamo se noi siamo capaci di perdonare, o se non perdoniamo», l’invito ancora fuori testo. Poi, sempre a braccio, il Papa ha raccontato un aneddoto che risale a quando era arcivescovo di Buenos Aires:  «Un prete mi ha raccontato di essere angosciato. Era andato a dare gli ultimi sacramenti a un’anziana che era in punto di morte, e la povera signora non poteva palare. Le ha chiesto se si pentiva dei suoi peccati, e le ha detto che un ‘sì’ era sufficiente. E la signora in punto di morte ha detto: ‘no’. È rimasto angosciato, il prete».  «Se tu non perdoni, Dio non ti perdonerà», ha ripetuto Francesco: «Pensiamo se noi perdomiamo, se siamo capaci di perdonare. Se tu non ce la fai, chiedi al Signore che ti dia la forza per farlo: ‘Signore, aiutami a perdonare’». «Ritroviamo qui la saldatura tra l’amore per Dio e quello per il prossimo», ha proseguito ritornando al Padre Nostro: «Amore chiama amore, perdono chiama perdono».

«Nella vita non tutto si risolve con la giustizia. Soprattutto laddove si deve mettere un argine al male, qualcuno deve amare oltre il dovuto, per ricominciare una storia di grazia». Ne è convinto il Papa, che al termine della catechesi dell’udienza di oggi ha affermato che «il male conosce le sue vendette, e se non lo si interrompe rischia di dilagare soffocando il mondo intero». «Alla legge del taglione – quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te -, Gesù sostituisce la legge dell’amore: quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te!», ha esclamato Francesco, che poi ha proseguito a braccio: «Pensiamo oggi, in questa settimana di Pasqua, se io sono capace di perdonare. E se io on mi sento capace, chiedere al Signore che mi dia la grazia di perdonare, perché è una grazia». «Dio dona ad ogni cristiano la grazia di scrivere una storia di bene nella vita dei suoi fratelli, specialmente di quelli che hanno compiuto qualcosa di spiacevole e di sbagliato», ha assicurato il Papa: «Con una parola, un abbraccio, un sorriso, possiamo trasmettere agli altri ciò che abbiamo ricevuto di più prezioso: E che cosa è di prezioso che abbiamo ricevuto? Il perdono. Che noi siamo capaci di dare agli altri anche il perdono». La parabola citata poco prima dal Papa è quella «intensissima dedicata al perdono fraterno», narrata nel Vangelo di Matteo: «C’era un servo che aveva contratto un debito enorme con il suo re: diecimila talenti! Una somma impossibile da restituire. Non so quanto sarebbe oggi, centinaia di milioni.  Però succede il miracolo, e quel servo riceve non una dilazione di pagamento, ma il condono pieno. Una grazia insperata! Ma ecco che proprio quel servo, subito dopo, si accanisce contro un suo fratello che gli deve cento denari – piccola cosa – e, pur essendo questa una cifra accessibile, non accetta scuse né suppliche. Perciò, alla fine, il padrone lo richiama e lo fa condannare». «Se non ti sforzi di perdonare, non verrai perdonato; se non ti sforzi di amare, nemmeno verrai amato», il commento di Francesco: «Gesù inserisce nei rapporti umani la forza del perdono».

I saluti agli italiani. «Il Vangelo sia la vostra regola di vita, come lo fu per i vostri santi: Ambrogio e Carlo, i quali con l’amore cambiarono il loro mondo». È il saluto del Papa ai circa 6mila preadolescenti di Milano, accompagnati dal loro arcivescovo, mons. Mario Delpini, e dai loro sacerdoti ed educatori. Durante i saluti a i fedeli di lingua italiana, che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro con i fedeli, Francesco ha rivolto «un pensiero speciale» anche agli oltre mille cresimati della diocesi di Treviso, accompagnati dal loro vescovo, mons. Gianfranco Gardin: «Con la forza dello Spirito Santo, siate generosi testimoni di Cristo», l’invito.