Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «benessere» rende «insensibili alle esigenze degli altri»

«Si fa di tutto per illuderle presentando modelli di vita effimeri, che scompaiono dopo qualche anno, come se la nostra vita fosse una moda da seguire e da cambiare a ogni stagione», ha proseguito Francesco: «Non è così. La realtà va accolta e affrontata per quello che è, e spesso ci fa incontrare situazioni di bisogno urgente». «È per questo che, tra le opere di misericordia, si trova il richiamo alla fame e alla sete», ha spiegato il Papa: «Dare da mangiare agli affamati – ce ne sono tanti, oggi – e da bere agli assetati». «Quante volte i media c’informano di popolazioni che soffrono la mancanza di cibo e di acqua, con gravi conseguenze specialmente per i bambini», ha sottolineato Francesco.

«La povertà in astratto non ci interpella: ci fa pensare, ci fa lamentare, ma quando tu vedi la povertà nella carne di un uomo, di una donna, di un bambino, bambino, questo sì che ci interpella». Lo ha detto, a braccio, il Papa, che sempre fuori testo, durante l’udienza di oggi, ha stigmatizzato «quell’abitudine che abbiamo di fuggire dai bisognosi, di non avvicinarci, o di truccare un po’ la realtà dei bisognosi». «Le abitudini alla moda, così ci allontaniamo da questa realtà», il grido d’allarme di Francesco, secondo il quale, invece, «non c’è più distanza tra me e il povero, quando lo incrocio». «In questi casi, qual è la mia reazione?», ha chiesto il Papa ai fedeli: «Giro lo sguardo altrove e passo oltre? Oppure mi fermo a parlare e mi interesso del suo stato?». «E se tu fai questo, non mancherà qualcuno che dica: ‘Questo è pazzo, parlare con il povero!», ha aggiunto Francesco a braccio. «Vedo se posso accogliere in qualche modo quella persona o cerco di liberarmene al più presto?», ha proseguito: «Ma forse essa chiede solo il necessario: qualcosa da mangiare e da bere». «Quante volte recitiamo il Padre nostro, eppure non facciamo veramente attenzione a quelle parole: ‘Dacci oggi il nostro pane quotidiano’», ha detto il Papa. «Di fronte a certe notizie e specialmente a certe immagini, l’opinione pubblica si sente toccata e partono di volta in volta campagne di aiuto per stimolare la solidarietà», l’analisi: «Le donazioni si fanno generose e in questo modo si può contribuire ad alleviare la sofferenza di tanti». Per Francesco, «questa forma di carità è importante, ma forse non ci coinvolge direttamente». Invece, «quando, andando per la strada, incrociamo una persona in necessità, oppure un povero viene a bussare alla porta di casa nostra, è molto diverso, perché non sono più davanti a un’immagine, ma vengo coinvolto in prima persona. Non c’è più alcuna distanza tra me e lui o lei, e mi sento interpellato».

La fede senza le opere «è morta, è incapace di fare opere, di fare carità, di fare amore», ha ricordato il Papa alle 35mila persone presenti in piazza San Pietro. «L’esperienza della fame è dura», ha detto Francesco: «Ne sa qualcosa chi ha vissuto periodi di guerra o di carestia. Eppure questa esperienza si ripete ogni giorno e convive accanto all’abbondanza e allo spreco». Di qui l’attualità delle parole di Giacomo: «A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere fede, ma non ha le opere? Quella fede può forse salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: ‘Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi’, ma non date loro il necessario per il corpo, a che cosa serve? Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in sé stessa è morta». «È incapace di fare opere, di fare carità, di fare amore», ha aggiunto il Papa a braccio. «C’è sempre qualcuno che ha fame e sete e ha bisogno di me», il suo appello: «Non posso delegare nessun altro. Questo povero ha bisogno di me, del mio aiuto, della mia parola, del mio impegno». «Tutti siamo coinvolti in questo», ha proseguito Francesco ancora una volta fuori testo.

«Il poco che abbiamo, se lo affidiamo alle mani di Gesù e lo condividiamo con fede, diventa una ricchezza sovrabbondante». Con queste parole il Papa, al termine della catechesi dell’udienza di oggi, ha sintetizzato «l’insegnamento di quella pagina del Vangelo in cui Gesù, vedendo tanta gente che da ore lo seguiva, chiede ai suoi discepoli: ‘Dove possiamo comprare il pane perché costoro possano mangiare?’ E i discepoli rispondono: ‘È impossibile, è meglio che tu li congedi…’. Invece Gesù dice loro: ‘No. Date loro voi stessi da mangiare’. Si fa dare i pochi pani e pesci che avevano con sé, li benedice, li spezza e li fa distribuire a tutti». «È una lezione molto importante per noi», il commento di Francesco alla moltiplicazione dei pani e dei pesci. «Dar da mangiare agli affamati è un imperativo etico per la Chiesa universale», ha ricordato il Papa citando la Caritas in Veritate di Benedetto XVI: «Il diritto all’alimentazione, così come quello all’acqua, rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti. È necessario pertanto che maturi una coscienza solidale che conservi l’alimentazione e l’accesso all’acqua come diritti universali di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni». «Non dimentichiamo le parole di Gesù: ‘Io sono il pane della vita’ e ‘Chi ha sete venga a me’», l’appello finale di Francesco: «Sono per tutti noi credenti una provocazione a riconoscere che, attraverso il dare da mangiare agli affamati e il dare da bere agli assetati, passa il nostro rapporto con Dio, un Dio che ha rivelato in Gesù il suo volto di misericordia».

Il ricordo di Popieluszko. «Si espose in prima persona a favore degli operai e delle loro famiglie, chiedendo giustizia e degne condizioni di vita, la libertà civile e religiosa della patria». Con queste parole il Papa, salutando i pellegrini polacchi, ha citato il beato martire Don Popieluszko, di cui oggi ricorre la memoria liturgica. «Le parole di San Paolo: ‘Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene’ – ha proseguito Francesco – siano oggi anche per voi, per tutte le famiglie e il popolo polacco una sfida per costruire il giusto ordine sociale nella quotidianità alla ricerca del bene evangelico».

«Domenica prossima celebreremo la Giornata Missionaria Mondiale, occasione preziosa per riflettere sull’urgenza dell’impegno missionario della Chiesa e di ciascun cristiano». È il saluto del Papa ai fedeli di lingua slovacca. «Anche noi siamo chiamati ad evangelizzare nell’ambiente in cui viviamo e lavoriamo», l’invito di Francesco. Nel triplice saluto ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli, il Papa ha citato la memoria liturgica di san Paolo della Croce, sacerdote fondatore dei Passionisti: «Cari giovani, specialmente i ragazzi aderenti al Festival della Diplomazia, la meditazione della Passione di Gesù vi insegni la grandezza del suo amore per noi». Francesco ha salutato, tra gli altri i fedeli della diocesi di Caltagirone, con il vescovo Calogero Peri – «siete rumorosi, eh?», il saluto affettuoso al loro caloroso applauso – i cresimati della diocesi di Faenza-Modigliana, accompagnati da monsignor Mario Toso, e i partecipanti al Seminario promosso dall’Università della Santa Croce. Non è mancato un saluto alle suore di San Giovanni Battista, giunte a Roma per la canonizzazione di sant’Alfonso Maria Fusco – «il carisma del fondatore venga diffuso anche nell’odierna società», l’auspicio del Papa -, agli ufficiali dell’Accademia di Modena, all’associazione «Diversamente disabili», alla Fondazione Centro di creatività nazionale e ai partecipanti al secondo incontro su «Donne, Medio Oriente e Mediterraneo».