Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: la chiusura ai migranti non è una soluzione e finisce per favorire i traffici criminali

«Nei nostri tempi è quanto mai attuale l’opera che riguarda i forestieri», ha detto Francesco, perché «la crisi economica, i conflitti armati e i cambiamenti climatici spingono tante persone a emigrare». Tuttavia, «è mancanza di memoria storica pensare che esse siano proprie solo dei nostri anni». «Anche la Santa Famiglia fu costretta ad emigrare per sfuggire alla minaccia di Erode», ha ricordato Francesco, e «la storia dell’umanità è storia di migrazioni: ad ogni latitudine, non c’è popolo che non abbia conosciuto il fenomeno migratorio».

«La chiusura non è una soluzione, anzi finisce col favorire il traffici criminali. L’unica via di soluzione è quella della solidarietà, solidarietà col migrante, col forestiero». Con queste parole il Papa ha affrontato il tema delle migrazioni. «Nel corso dei secoli – la sua analisi – abbiamo assistito a grandi espressioni di solidarietà, anche se non sono mancate tensioni sociali». «Oggi – ha aggiunto – il contesto di crisi economica favorisce purtroppo l’emergere di atteggiamenti di chiusura e di non accoglienza. In alcune parti del mondo sorgono muri e barriere. Sembra a volte che l’opera silenziosa di molti uomini e donne che, in diversi modi, si prodigano per aiutare e assistere i profughi e i migranti sia oscurata dal rumore di altri che danno voce a un istintivo egoismo».

L’accoglienza e la solidarietà verso profughi e migranti «è un impegno che coinvolge tutti, nessuno escluso», ha ribadito il Papa. «Le diocesi, le parrocchie, gli istituti di vita consacrata, le associazioni e i movimenti, come i singoli cristiani, tutti siamo chiamati ad accogliere i fratelli e le sorelle che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla violenza e da condizioni di vita disumane. Tutti insieme siamo una grande forza di sostegno per quanti hanno perso patria, famiglia, lavoro e dignità».

Una signora, un migrante e un tassista. Sono i protagonisti di «una storia piccolina, di città», raccontata a braccio dal Papa ai 25mila fedeli presenti all’udienza di oggi. «C’era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò: ‘Lei cerca qualcosa?», ha esordito Francesco: «Era senza scarpe quel rifugiato, ‘Io vorrei andare a San Pietro per entrare dalla Porta Santa’. E la signora pensò, ‘Ma senza scarpe…’ e chiama un taxi, ma quel rifugiato puzzava e l’autista del taxi quasi non voleva che salisse. Alla fine li ha lasciati salire e la signora ha domandato un po’ di storia al rifugiato, al migrante, e lui nei dieci minuti del percorso le ha raccontato la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua patria per arrivare qui. La signora apre la borsa per pagare il tassista e l’autista, che all’inizio non voleva che questo salisse perché puzzava, ha detto alla signora: ‘Sono io che devo pagare lei, perché mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore’. Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché era armena e sapeva la sofferenza del suo popolo pure». «Quando noi facciamo una cosa del genere – il commento del Papa – all’inizio ci rifiutiamo – puzza – ma alla fine la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e a cosa possiamo fare per i rifugiati!».

«Vestire chi è nudo» vuol dire «restituire dignità a chi è nudo», ha spiegato il Papa al termine dell’udienza, ricordando che a questa opera di misericordia corporale si risponde «certamente dando dei vestiti a chi ne è privo, ma pensiamo anche alle donne vittime della tratta gettate sulle strade, o agli altri, troppi modi di usare il corpo umano come merce, persino dei minori. E così pure non avere un lavoro, una casa, un salario giusto, o essere discriminati per la razza o per la fede». «Sono tutte forme di nudità di fronte alle quali come cristiani siamo chiamati ad essere attenti, vigilanti e pronti ad agire», l’appello di Francesco.