Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: la disgregazione della famiglia frana sui figli

Non trascurare le ferite. Quando le «ferite, che sono ancora rimediabili», delle famiglie «vengono trascurate, si aggravano: si trasformano in prepotenza, ostilità, disprezzo. E a quel punto possono diventare lacerazioni profonde, che dividono marito e moglie, e inducono a cercare altrove comprensione, sostegno e consolazione» ha osservato il Papa parlando delle «ferite che si aprono proprio all’interno della convivenza familiare: quando cioè, nella famiglia stessa, ci si fa del male». «La cosa più brutta!», ha esclamato Francesco, spiegando che quei «sostegni» che, in questi casi, si cercano al di fuori della famiglia, «non pensano al bene della famiglia». «Sappiamo bene che in nessuna storia familiare mancano i momenti in cui l’intimità degli affetti più cari viene offesa dal comportamento dei suoi membri», il realismo del Papa: «Parole e azioni, e omissioni, che, invece di esprimere amore, lo sottraggono o, peggio ancora, lo mortificano».

Le ferite dell’anima. «Nonostante la nostra sensibilità apparentemente evoluta, e tutte le nostre raffinate analisi psicologiche, mi domando se non ci siamo anestetizzati anche rispetto alle ferite dell’anima dei bambini», ha detto ancora. Da qui la sua provocazione: «Quanto più si cerca di compensare con regali e merendine, tanto più si perde il senso delle ferite – più dolorose e profonde – dell’anima».

L’anima dei bambini. «Parliamo molto di disturbi comportamentali, di salute psichica, di benessere del bambino, di ansia dei genitori e dei figli… Ma sappiamo ancora che cos’è una ferita dell’anima?», ha chiesto il Papa ai fedeli: «Sentiamo il peso della montagna che schiaccia l’anima di un bambino, nelle famiglie in cui ci si tratta male e ci si fa del male, fino a spezzare il legame della fedeltà coniugale?». E ancora: «Quale peso ha nelle nostre scelte – scelte sbagliate – l’anima dei bambini?». «Quando gli adulti perdono la testa, quando ognuno pensa a sé stesso, quando papà e mamma si fanno del male, l’anima dei bambini soffre molto, prova un senso di disperazione». «E sono ferite che lasciano il segno per tutta la vita!», ha esclamato Francesco.

«Tante volte i bambini si nascondono per piangere da soli. Quante volte!». Con questa frase, pronunciata a braccio, il Papa ha spiegato che «nella famiglia, tutto è legato assieme: quando la sua anima è ferita in qualche punto, l’infezione contagia tutti. E quando un uomo e una donna, che si sono impegnati ad essere una sola carne e a formare una famiglia, pensano ossessivamente alle proprie esigenze di libertà e di gratificazione, questa distorsione intacca profondamente il cuore e la vita dei figli». «Dobbiamo capire bene questo», l’invito ai fedeli: «Marito e moglie sono una sola carne. Ma le loro creature sono carne della loro carne. Se pensiamo alla durezza con cui Gesù ammonisce gli adulti a non scandalizzare i piccoli, possiamo comprendere meglio anche la sua parola sulla grave responsabilità di custodire il legame coniugale che dà inizio alla famiglia umana». «Quando l’uomo e la donna sono diventati una sola carne, tutte le ferite e tutti gli abbandoni del papà e della mamma incidono nella carne viva dei figli», ha ammonito il Papa.

«Ci sono casi in cui la separazione è inevitabile»: anzi, «a volte può diventare persino moralmente necessaria, quando si tratta di sottrarre il coniuge più debole, o i figli piccoli, alle ferite più gravi causate dalla prepotenza e dalla violenza, dall’avvilimento e dallo sfruttamento, dall’estraneità e dall’indifferenza». Lo ha detto il Papa, che a proposito della famiglia ha fatto notare che «non mancano, grazie a Dio, coloro che, sostenuti dalla fede e dall’amore per i figli, testimoniano la loro fedeltà ad un legame nel quale hanno creduto, per quanto appaia impossibile farlo rivivere». «Non tutti i separati, però, sentono questa vocazione», ha proseguito Francesco: «Non tutti riconoscono, nella solitudine, un appello del Signore rivolto a loro». «Attorno a noi troviamo diverse famiglie in situazioni cosiddette irregolari», ha detto il Papa, che subito dopo, a braccio, ha rivelato: «A me non piace questa parola». «E ci poniamo molti interrogativi», ha proseguito: «Come aiutarle? Come accompagnarle?». «Chiediamo al Signore una fede grande, per guardare la realtà con lo sguardo di Dio; e una grande carità, per accostare le persone con il suo cuore misericordioso», ha concluso riferendosi indirettamente ai temi del prossimo Sinodo dei vescovi, di cui ieri è stato presentato l’Instrumentum laboris.

A Torino come a casa. «Mi sono sentito davvero a casa, abbracciato dal vostro affetto e dalla vostra ospitalità». È il ringraziamento del Papa a «tutti coloro che hanno collaborato» per la buona riuscita della visita pastorale a Torino di domenica e lunedì scorso. Prima di salutare i fedeli di lingua italiana, Francesco ha rivolto «un sentito ringraziamento alla gente piemontese e torinese per la loro calorosa accoglienza», menzionando prima di tutto l’arcivescovo della città, monsignor Cesare Nosiglia, i vescovi, i sacerdoti, i consacrati e tutti i fedeli e la popolazione per la loro «sentita partecipazione». Poi Papa Francesco ha indirizzato «un particolare pensiero ai malati del Cottolengo, che con l’offerta della loro sofferenza sostengono la vita della Chiesa» e ha ringraziato «i numerosi giovani per la loro audace testimonianza e la loro voglia di vivere i valori del Vangelo». Non è mancato un ringraziamento alle autorità istituzionali, alle forze dell’ordine, alle associazioni e ai movimenti, agli amministratori provinciali e comunali, al mondo del lavoro e a «tutte le persone che hanno contribuito a questa visita in occasione dell’Ostensione della Sindone e del bicentenario di don Bosco». «Mi sono sentito davvero a casa, abbracciato dal vostro affetto e dalla vostra ospitalità», le parole finali del Papa: «Che il Signore benedica tutti voi e la vostra bella città».

Saluto ecumenico. Un saluto particolare ai circa 20 rappresentanti del Gruppo misto di lavoro tra Chiesa cattolica e Consiglio ecumenico delle Chiese, presenti oggi in piazza san Pietro e con i quali ha scattato una «foto di gruppo», al termine dell’udienza. A rivolgerlo è stato il Papa, che tra i numerosi pellegrini di lingua italiana ha salutato anche i membri dell’Associazione «Fede e Luce», la Federazione Apicoltori Italiani e i Pellegrini della Via Francigena. Il triplice saluto finale Francesco lo ha dedicato alla solennità di san Giovanni Battista, che si festeggia oggi: «La radicalità evangelica del Precursore vi spinga a scelte coraggiose per il bene», l’invito ai giovani. «La sua fortezza vi sostenga nel portare la croce in spirituale unione con il cuore di Cristo», l’augurio ai malati. «Il suo legame con l’Agnello vi aiuti a unire nell’amore la vostra famiglia», l’auspicio per gli sposi.

Il vento e lo zucchetto. Oggi il Papa ha fatto a capo scoperto quasi tutto il giro della piazza per salutare le decine di migliaia di fedeli che lo attendevano festosi in piazza san Pietro, invocando a più riprese il suo nome. Appena arrivato in piazza, infatti, per il vento è volato lo «zucchetto» bianco. Il Papa se l’è rimosso poco dopo, ma visto che la situazione si ripeteva ha deciso di toglierselo e tenerlo in mano per quasi tutto il resto del tragitto, dato che il vento continuava a soffiare. Ha indossato di nuovo il copricapo nella parte finale del giro con la «papamobile», poco prima di fermare la jeep per compiere come di consueto l’ultimo tragitto che lo separa dal paco al centro del sagrato. Prima di compiere il tratto a piedi, è sceso per salutare un’anziana donna in carrozzella e una ragazza, sempre in carrozzella, che lo ha abbracciato commossa. In piazza, anche palloncini colorati, rossi e bianchi e striscioni, come quello blu con le scritte bianche dei pellegrini della Via Francigena. Nutrita, tra i fedeli, la delegazione proveniente dagli Stati Uniti, capitanata dal vescovo di Philadelphia, monsignor Chaput.