Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: mamme, papà e figli possono «apprendere» dalla famiglia di Nazaret

Il Figlio di Dio, ha spiegato il Papa, «poteva nascere in modo spettacolare, come un guerriero, un imperatore»: invece, ha scelto di nascere in una famiglia umana, ed «è importante guardare nel presepe questa scena tanto bella», ha commentato il Papa a braccio. A Nazaret, «tutto sembra accadere normalmente, secondo le consuetudini di una pia e operosa famiglia israelita». E il Papa ha descritto la quotidianità di quel villaggio della Galilea: «Il papà – ha detto a braccio – lavorava, la mamma cucinava, faceva tutte le cose di casa, stirava le camicie…». Giuseppe «era un falegname, lavorava e insegnava al figlio a lavorare». «Gesù è rimasto in quella periferia per trent’anni», ha ricordato Francesco, sempre fuori testo: «Per lui quello che è importante era la famiglia, e quello non era uno spreco». I suoi genitori, ha aggiunto, «erano due grandi santi: Maria era la donna più immacolata, la donna più santa, e Giuseppe era l’uomo più giusto».

Imparare da quella famiglia. «Non ci è difficile immaginare quanto le mamme potrebbero apprendere dalle premure di Maria per quel figlio, e quanto i papà potrebbero ricavare dall’esempio di Giuseppe, uomo giusto, che dedicò la sua vita a sostenere e a difendere il bambino e la sposa – la sua famiglia – nei passaggi difficili», ha esclamato il Papa nella sua catechesi. «Per non dire di quanto i ragazzi potrebbero essere incoraggiati da Gesù adolescente a comprendere la necessità e la bellezza di coltivare la loro vocazione più profonda, e di sognare in grande», ha aggiunto Francesco, secondo il quale «saremmo certamente inteneriti dal racconto di come Gesù adolescente affrontava gli appuntamenti della comunità religiosa e i doveri della vita sociale; nel conoscere come, da giovane operaio, lavorava con Giuseppe; e poi il suo modo di partecipare all’ascolto delle Scritture, alla preghiera dei salmi e in tante altre consuetudini della vita quotidiana». «I Vangeli, nella loro sobrietà, non riferiscono nulla circa l’adolescenza di Gesù e lasciano questo compito alla nostra affettuosa meditazione», ha ricordato infatti il Papa: «L’arte, la letteratura, la musica hanno percorso questa via dell’immaginazione».

La famiglia di Nazaret «non era una famiglia finta, irreale»: anzi, «ci impegna a riscoprire la vocazione e la missione della famiglia, di ogni famiglia», ha detto ancora il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi ha sottolineato che «ciascuna famiglia cristiana – come fecero Maria e Giuseppe – può anzitutto accogliere Gesù, ascoltarlo, parlare con Lui, custodirlo, proteggerlo, crescere con lui, e così migliorare il mondo». «Facciamo spazio nel nostro cuore e nelle nostre giornate al Signore», il suo invito: «Così fecero anche Maria e Giuseppe, e non fu facile: quante difficoltà dovettero superare!». «Come accadde in quei trent’anni a Nazaret, così può accadere anche per noi», ha assicurato Francesco: «Far diventare normale l’amore e non l’odio, far diventare comune l’aiuto vicendevole, non l’indifferenza o l’inimicizia». A Nazaret, ha aggiunto il Papa a braccio, «Gesù ha coltivato la sua vocazione, in quei trent’anni: mai in quel tempo si è scoraggiato, ma è cresciuto in coraggio».

La grande missione. «Custodire il mistero di Gesù che viene per salvare il mondo: è questa la grande missione della famiglia, fare posto a Gesù che viene». Concludendo, a braccio, la catechesi dell’udienza generale di oggi, il Papa ha sintetizzato in questi termini la «missione» della famiglia. «Fare posto a Gesù che viene», ha ripetuto, è il compito «del marito, della moglie, dei figli, dei nonni». «Accoglierlo lì, perché cresca spiritualmente la famiglia». «Non è un caso – ha spiegato poco prima – che Nazaret significhi ‘colei che custodisce’, come Maria, che – dice il Vangelo – custodiva nel suo cuore tutte queste cose». «Da allora, ogni volta che c’è una famiglia che custodisce questo mistero, fosse anche alla periferia del mondo, il mistero del Figlio di Dio è all’opera, e viene per salvare il mondo», ha assicurato il Papa, che all’inizio dell’udienza aveva annunciato che sarà la famiglia il tema delle catechesi del prossimo anno, in continuità con il cammino di preparazione alla fase finale del Sinodo, che si celebrerà nell’ottobre prossimo».

Appello contro le violenze. Al termine dell’udienza generale di oggi, dopo i saluti in lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì con i fedeli, il Papa ha rivolto un appello per le vittime dei tragici attentati di questi giorni. «Ora vorrei pregare insieme con voi per le vittime dei disumani atti terroristici compiuti nei giorni scorsi in Australia, in Pakistan e nello Yemen», le parole del Papa: «Il Signore accolga nella sua pace i defunti, conforti i familiari e converta i cuori dei violenti, che non si fermano neppure davanti a bambini», la sua preghiera.

Doppio saluto, oggi, per i «tangheri» presenti in piazza san Pietro. Il Papa si è rivolto a loro nei saluti ai pellegrini di lingua spagnola e in quelli ai fedeli di lingua italiana, che hanno risposto al suo indirizzo di saluto agitando i foulard bianchi che si sono dati come segno di riconoscimento. In piazza, infatti, i ballerini di tango si sono presentati vestiti normalmente, e non con gli abituali abiti eleganti, in genere in nero e rosso, che indossano nelle «milonghe», anche in quelle a cielo aperto come potrebbe trasformarsi piazza san Pietro. «Tutti esorto a rendere più intenso in questi giorni l’impegno nella preghiera e con le opere buone, affinché la nascita di Gesù riempia i cuori della gioia vera che solo Lui può donare», l’augurio collettivo del Papa in vista del Natale.