Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: messaggio «Nostra aetate» è sempre attuale

«Questo tema – ha spiegato – stava fortemente a cuore al beato Papa Paolo VI, che già nella festa di Pentecoste dell’anno precedente la fine del Concilio, aveva istituito il Segretariato per i non cristiani, oggi Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso». Di qui la gratitudine un caloroso benvenuto «a persone e gruppi di diverse religioni, che oggi hanno voluto essere presenti, specialmente a quanti sono venuti da lontano». Il Concilio Vaticano II , ha aggiunto Francesco, «è stato un tempo straordinario di riflessione, dialogo e preghiera per rinnovare lo sguardo della Chiesa Cattolica su sé stessa e sul mondo. Una lettura dei segni dei tempi in vista di un aggiornamento orientato da una duplice fedeltà: fedeltà alla tradizione ecclesiale e fedeltà alla storia degli uomini e delle donne del nostro tempo. Infatti Dio, che si è rivelato nella creazione e nella storia, che ha parlato per mezzo dei profeti e compiutamente nel suo Figlio fatto uomo, si rivolge al cuore ed allo spirito di ogni essere umano che cerca la verità e le vie per praticarla».

«La crescente interdipendenza dei popoli», la «ricerca umana di un senso della vita, della sofferenza, della morte, interrogativi che sempre accompagnano il nostro cammino», la «comune origine e il comune destino dell’umanità» e «l’unicità della famiglia umana» sono alcuni dei punti principali della Dichiarazione Nostra ætate, richiamati dal Papa all’udienza generale odierna, interreligiosa nel 50° anniversario del documento. «Le religioni come ricerca di Dio o dell’Assoluto, all’interno delle varie etnie e culture»; lo «sguardo benevolo e attento della Chiesa sulle religioni», la stima della Chiesa per «i credenti di tutte le religioni» sono altri temi evocati da Francesco.

L’Incontro di Assisi del 27 ottobre 1986, voluto e promosso da san Giovanni Paolo II, una «fiamma» che, «accesa ad Assisi, si è estesa in tutto il mondo e costituisce un permanente segno di speranza», ha ricordato Papa Francesco. «Una speciale gratitudine a Dio merita la vera e propria trasformazione che ha avuto in questi 50 anni il rapporto tra cristiani ed ebrei – ha detto il Papa -. Indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza. Da nemici ed estranei, siamo diventati amici e fratelli. Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra aetate, ha tracciato la via: ‘sì’ alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; ‘no’ ad ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano». «La conoscenza, il rispetto e la stima vicendevoli costituiscono la via che, se vale in modo peculiare per la relazione con gli ebrei, vale analogamente anche per i rapporti con le altre religioni». In particolare i musulmani, che ‘adorano il Dio unico, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra’», venerano Gesù come profeta, onorano Maria, «attendono il giorno del giudizio, e praticano la preghiera, le elemosine e il digiuno«

«Il dialogo di cui abbiamo bisogno non può che essere aperto e rispettoso, e allora si rivela fruttuoso – il monito di Papa Francesco -. Il rispetto reciproco è condizione e, nello stesso tempo, fine del dialogo interreligioso: rispettare il diritto altrui alla vita, all’integrità fisica, alle libertà fondamentali, cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione». Il mondo, ha proseguito Francesco – guarda a noi credenti, ci esorta a collaborare tra di noi e con gli uomini e le donne di buona volontà che non professano alcuna religione, ci chiede risposte effettive su numerosi temi: la pace, la fame, la miseria che affligge milioni di persone, la crisi ambientale, la violenza, in particolare quella commessa in nome della religione, la corruzione, il degrado morale, le crisi della famiglia, dell’economia, della finanza, e soprattutto della speranza». Pur non avendo «ricette per questi problemi», noi credenti «abbiamo una grande risorsa: la preghiera. La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni, per chiedere i doni ai quali anela l’umanità».

«A causa della violenza e del terrorismo si è diffuso un atteggiamento di sospetto o addirittura di condanna delle religioni», ha riconosciuto il Papa. Benché nessuna religione sia immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche, ha osservato ricordando il Discorso al Congresso Usa, lo scorso 24 settembre, «bisogna guardare ai valori positivi che esse vivono e propongono, e che sono sorgenti di speranza. Si tratta di alzare lo sguardo per andare oltre». Per Francesco, «il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso». «Possiamo camminare insieme – il suo incoraggiamento – prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Insieme possiamo lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose».

Il Giubileo Straordinario della misericordia «è un’occasione propizia per lavorare insieme nel campo delle opere di carità» e in questo campo «possono unirsi a noi tante persone che non si sentono credenti o che sono alla ricerca di Dio e della verità, persone che mettono al centro il volto dell’altro», ha detto Papa Francesco, concludendo la catechesi dell’udienza generale di oggi, dedicata al dialogo interreligioso. «La misericordia alla quale siamo chiamati – ha precisato – abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato perché ne siamo custodi, e non sfruttatori o, peggio ancora, distruttori. Dovremmo sempre proporci di lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato», a partire dall’ambiente e «dai piccoli gesti della nostra vita quotidiana». La prima cosa da fare per il futuro del dialogo interreligioso, «è pregare» e, ha aggiunto a braccio, «pregare gli uni per gli altri. Siamo fratelli!». «Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera aderire pienamente alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità». Infine, ancora a braccio, l’invito a pregare in silenzio, «ognuno secondo la propria tradizione religiosa, chiedendo al Signore che ci faccia più fratelli tra noi e più servitori dei nostri fratelli più bisognosi».

«Siamo vicini alle popolazioni del Pakistan e dell’Afghanistan colpite da un forte terremoto, che ha causato numerose vittime e ingenti danni», ha detto Papa Francesco, oggi all’udienza generale in piazza San Pietro. «Preghiamo per i defunti e i loro familiari, per tutti i feriti e i senza tetto, implorando da Dio sollievo nella sofferenza e coraggio nell’avversità. Non manchi a questi fratelli la nostra concreta solidarietà», l’appello di Francesco.

Gli altri saluti. «Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso». Lo ha detto Papa Francesco salutando i pellegrini di lingua araba, in particolare quelli provenienti dal Medio Oriente, al termine dell’udienza generale. AI pellegrini francesi il Pontefice ha chiesto preghiera e impegno «per stabilire un dialogo fraterno e fruttuoso». Dopo avere salutato i pellegrini di lingua inglese e tedesca, Francesco ha rivolto un saluto a quelli di lingua spagnola e ai partecipanti, collegati in streaming, al quinto Convegno della Fondazione Joseph Ratzinger – Benedetto XVI in corso a Madrid. Un saluto, infine, ai partecipanti all’udienza di lingua portoghese e polacca.

All’inizio dell’udienza i saluti dei cardinali Tauran e Koch. «Grazie per la sua luminosa testimonianza che ci incoraggia a proseguire sulla strada del dialogo interreligioso» e grazie «per i suoi incessanti e instancabili inviti, rivolti a noi credenti e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, ad adoperarci per la pace eliminando le ingiustizie e le disuguaglianze, e a prenderci cura della nostra casa comune». Con queste parole il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontifico Consiglio per il dialogo interreligioso, ha salutato Papa Francesco all’inizio dell’udienza generale, oggi interreligiosa. Anche «a nome dei rappresentanti della comunità ebraica» e della delegazione del World Jewish Congress, ha portato il suo saluto al Papa il cardinale e Kurt Koch, presidente del Pontifico Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. «Ai nostri giorni – ha detto – in un momento in cui risorgono purtroppo ondate si antisemitismo, Lei, Santo Padre, ricorda incessantemente a noi cristiani che è impossibile essere al contempo un cristiano ed un antisemita». Oggi l’udienza si svolge in due luoghi: piazza san Pietro e Aula Paolo VI dove hanno preso posto i malati.