Vita Chiesa

Papa Francesco, udienza: «non lasciamo sole le persone malate», ospedali «cattedrali del dolore»

«La vita di Gesù, soprattutto nei tre anni del suo ministero pubblico, è stata un incessante incontro con le persone», ha esordito Francesco, ricordando che «tra queste, un posto speciale hanno avuto gli ammalati. Quante pagine dei Vangeli narrano questi incontri! Il paralitico, il cieco, il lebbroso, l’indemoniato, l’epilettico, e innumerevoli malati di ogni tipo… Gesù si è fatto vicino a ognuno di loro e li ha guariti con la sua presenza e la potenza della sua forza risanatrice». «Visitare e assistere le persone malate» ed «essere vicino alle persone che si trovano in prigione», il binomio additato dal Papa ai 20mila fedeli presenti oggi in piazza San Pietro: «Con queste opere di misericordia il Signore ci invita a un gesto di grande umanità: la condivisione».

Ospedali cattedrali del dolore. «Non lasciamo sole le persone malate!», ha esclamato il Papa: «Non impediamo loro di trovare sollievo, e a noi di essere arricchiti per la vicinanza a chi soffre». Per Francesco, «gli ospedali sono oggi vere cattedrali del dolore, dove però si rende evidente anche la forza della carità che sostiene e prova compassione». «Chi è malato, spesso si sente solo», il grido d’allarme: «Non possiamo nascondere che, soprattutto ai nostri giorni, proprio nella malattia si fa esperienza più profonda della solitudine che attraversa gran parte della vita». «Una visita può far sentire la persona malata meno sola e un po’ di compagnia è un’ottima medicina!», ha assicurato Francesco: «Un sorriso, una carezza, una stretta di mano sono gesti semplici, ma tanto importanti per chi sente di essere abbandonato a se stesso». «Quante persone si dedicano a visitare gli ammalati negli ospedali o nelle loro case!», ha esclamato subito dopo: «È un’opera di volontariato impagabile. Quando viene fatta nel nome del Signore, allora diventa anche espressione eloquente ed efficace di misericordia».

No a «giustizialismo». «È troppo facile lavarsi le mani» con i carcerati: «nessuno punti il dito contro qualcuno». È il monito del Papa, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi ha spiegato come «visitare le persone in carcere è un’opera di misericordia che soprattutto oggi assume un valore particolare per le diverse forme di giustizialismo a cui siamo sottoposti». Gesù «non ha dimenticato» i detenuti, e anzi «ponendo la visita ai carcerati tra le opere di misericordia, ha voluto invitarci, anzitutto, a non farci giudici di nessuno», le parole di Francesco. «Se uno è in carcere è perché ha sbagliato, non ha rispettato la legge e la convivenza civile. Perciò in prigione, sta scontando la sua pena. Ma qualunque cosa un carcerato possa aver fatto, egli rimane pur sempre amato da Dio», ha ribadito il Papa: «Chi può entrare nell’intimo della sua coscienza per capire che cosa prova? Chi può comprenderne il dolore e il rimorso?». «È troppo facile lavarsi le mani affermando che ha sbagliato», l’ammonimento: «Un cristiano è chiamato piuttosto a farsene carico, perché chi ha sbagliato comprenda il male compiuto e ritorni in sé stesso. La mancanza di libertà è senza dubbio una delle privazioni più grandi per l’essere umano. Se a questa si aggiunge il degrado per le condizioni spesso prive di umanità in cui queste persone si trovano a vivere, allora è davvero il caso in cui un cristiano si sente provocato a fare di tutto per restituire loro dignità». «Nessuno dunque punti il dito contro qualcuno», l’esortazione: «Tutti invece rendiamoci strumenti di misericordia, con atteggiamenti di condivisione e di rispetto». «Penso spesso ai carcerati, li porto nel cuore», ha ripetuto Francesco: «Mi domando che cosa li ha portati a delinquere e come abbiano potuto cedere alle diverse forme di male. Eppure, insieme a questi pensieri sento che hanno tutti bisogno di vicinanza e di tenerezza, perché la misericordia di Dio compie prodigi. Quante lacrime ho visto scendere sulle guance di prigionieri che forse mai in vita loro avevano pianto; e questo solo perché si sono sentiti accolti e amati».

«Essere strumenti di misericordia farà più bene a noi che agli altri». «Tutti noi possiamo essere strumenti della misericordia di Dio, e questo ci farà più bene a noi che agli altri, perché la misericordia passa attraverso un gesto, una parola, una visita». Con queste parole, pronunciate a braccio, il Papa ha concluso la catechesi dell’udienza generale di oggi, in cui ha spiegato che compiere un atto di misericordia significa «restituire gioia e dignità a chi l’ha perduta». «Anche san Pietro e san Paolo sono stati in carcere», ha ricordato Francesco, che poi ancora a braccio ha raccontato un episodio che riguarda domenica scorsa, in cui ha presieduto la Messa per il Giubileo dei carcerati. «Nel pomeriggio – le parole di Francesco – è venuto a trovarmi un gruppo di carcerati padovani. Ho chiesto loro cosa avrebbero fatto il giorno dopo, prima di tornare a Padova. ‘Andremo al Carcere Mamertino, per condividere l’esperienza di Paolo’, mi hanno risposto. Sentire quello mi ha fatto bene: volevano andare a trovare Paolo che è stato prigioniero pure lui, e questo è bello, mi ha fatto bene». «È commovente la pagina degli Atti degli Apostoli in cui viene raccontata la prigionia di Paolo», ha proseguito Francesco: si sentiva solo e desiderava che qualcuno degli amici gli facesse visita». «Si sentiva solo perché la grande maggioranza l’aveva lasciato solo, al grande Paolo», il commento fuori testo. «Queste opere di misericordia sono antiche, eppure sempre attuali», ha sottolineato il Papa, ricordando ancora a braccio che «Gesù aveva lasciato di fare quello che stava facendo per fare visita alla suocera di Pietro: un’opera di carità antica, e Gesù l’ha fatta».

«Pregate per il successore dell’apostolo Pietro». È l’invito rivolto dal Papa ai giovani, al termine dell’udienza generale. Salutando i fedeli di lingua italiana, Francesco ha ricordato che «oggi celebriamo la dedicazione della basilica lateranense, la cattedrale di Roma», poi l’esortazione alla preghiera per il Papa. Tra i gruppi menzionati nei saluti, i ragazzi affetti dalla Sindrome di Rett e gli studenti, in particolare quelli dell’Istituto Severi-Guerrisi, accompagnati dal vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, monsignor Francesco Milito. Non è mancato il saluto del Papa ai militari del terzo Reggimento «Reos» di Viterbo, che con le loro mimetiche si distinguevano tra le transenne, in mezzo ai 20mila fedeli che hanno partecipato all’appuntamento del mercoledì.

In dono una pizza. Tra i 20 mila presenti oggi in piazza San Pietro, anche 500 rappresentanti dell’Associazione cuochi e scuole alberghiere della Campania e 120 membri dell’Associazione genitori uniti contro la sindrome di Rett, provenienti da Campania e Basilicata. I cuochi, riconoscibili dai cappelloni bianchi, hanno fatto dono al Papa, durante il suo giro tra i settori della piazza, di una pizza con scritto «W Francesco» e una torta. Una volta terminato il suo giro, prima di compiere a piedi l’ultimo tratto che lo conduce alla sua postazione al centro del sagrato, il Papa si è fermato divertito a guardare una bambina che, di corsa, ha lasciato le transenne per abbracciarlo. Non mancavano, tra i pellegrini provenienti da altri Paesi, una rappresentanza di studenti cinesi, circa 40, provenienti da Hong Kong.