Vita Chiesa

Papa Francesco: visita a Milano, intervista a «Scarp de’ tenis». La «vera» elemosina

A poco meno di un mese dalla visita, Bergoglio sceglie di raccontare le sue attese al mensile della strada sostenuto da Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana, ideato proprio nella diocesi di Milano. L’intervista è stata rilasciata al direttore Stefano Lampertico e ad Antonio Mininni, in rappresentanza di tutti i venditori della rivista, nel corso di un colloquio privato a Santa Marta. Sul numero che viene venduto sulla strada da oggi, e per tutto il mese di marzo, Francesco parla delle volte precedenti in cui è stato a Milano, degli incontri con i poveri, gli ultimi e gli emarginati nelle villas miseria di Buenos Aires, quando era arcivescovo della capitale argentina e poi, da Pontefice, a Roma. Il Santo Padre ricorda di essere venuto a Milano in passato: «Nei lontani anni Settanta, avevo qualche ora libera prima di prendere un treno per Torino e ne ho approfittato per una breve visita al Duomo. In un’altra occasione, con la mia famiglia, sono stato una domenica a pranzo da una cugina che abitava a Cassina de’ Pecchi». Nella lunga intervista concessa in esclusiva alla testata, il Pontefice spiega le difficoltà di «mettersi nelle scarpe degli altri», rendendo omaggio al titolo della rivista e al progetto sociale che a essa è collegato. «È molto faticoso – riconosce il Papa –, perché spesso siamo schiavi del nostro egoismo».

Il Papa risponde poi a una domanda sull’elemosina alle persone che chiedono aiuto per strada. «Ci sono tanti argomenti – dice – per giustificare se stessi quando non si fa l’elemosina: ‘Ma come, io dono dei soldi e poi lui li spende per bere un bicchiere di vino?’». «Un bicchiere di vino – sottolinea il Papa – è l’unica felicità che ha nella vita, va bene così. Domandati piuttosto che cosa fai tu di nascosto? Tu quale ‘felicità’ cerchi di nascosto? Un aiuto è sempre giusto. Certo non è una buona cosa lanciare al povero solo degli spiccioli. È importante il gesto, aiutare chi chiede guardandolo negli occhi e toccando le mani. Buttare i soldi e non guardare negli occhi, non è un gesto da cristiano». Il Papa interviene anche sui migranti: «Hanno il diritto di emigrare e hanno diritto a essere accolti e aiutati».

Immigrati, appello accolto da molte parrocchie. «L’appello del Papa è stato ascoltato da molte persone e da molte parrocchie. In tanti l’hanno ascoltato». Così il Papa ha risposto ad una domanda su come sia stato recepito il suo appello ad ospitare nelle parrocchie o in altre strutture religiose i migranti. «In Vaticano – racconta Francesco a Scarp de’ Tenis – ci sono due parrocchie e ognuna di loro ha ospitato una famiglia siriana. Molte parrocchie di Roma hanno aperto le porte all’accoglienza, e so che altre, non avendo posto nelle canoniche, hanno raccolto il denaro per pagare l’affitto a persone e famiglie bisognose per un anno intero». «L’obiettivo da raggiungere deve essere quello dell’integrazione, per questo è importante accompagnarli per un periodo iniziale», il monito del Papa, secondo il quale «in tante parti d’Italia è stato fatto molto. Le porte sono state aperte in molte scuole cattoliche, nei conventi, in tante altre strutture. Per questo dico che l’appello è stato ascoltato. So anche di molte persone che fanno offerte in denaro affinché si possa pagare l’affitto per le persone senza dimora».

«Buttare i soldi e non guardare negli occhi, non è un gesto da cristiano», afferma il Papa, nell’intervista in cui si sofferma su una delle pratiche quaresimali, alla vigilia del Mercoledì delle Ceneri. «Un aiuto è sempre giusto», esordisce Francesco: «Certo non è una buona cosa lanciare al povero solo degli spiccioli. È importante il gesto, aiutare chi chiede guardandolo negli occhi e toccando le mani. Buttare i soldi e non guardare negli occhi, non è un gesto da cristiano». Come si può educare all’elemosina? Per rispondere alla domanda, il Papa ha racconto l’aneddoto, già utilizzato in una delle sue catechesi, di una signora di Buenos Aires, che mentre è a tavola con i suoi tre figli sente bussare alla porta. «Mamma c’è un uomo che chiede da mangiare. Cosa facciamo?»,  chiede il figlio più grande, e la mamma: «Tagliamo a metà la nostra bistecca». «Ma no mamma, ce n’è un’altra», l’obiezione della bambina: «È per papà, per questa sera. Se dobbiamo donare, dobbiamo dare la nostra». «Con poche semplici parole hanno imparato che si deve dare del proprio, quello di cui non vorresti mai separarti», il commento del Papa: «Due settimane dopo, la stessa signora andò in città per sbrigare alcune commissioni e fu costretta a lasciare i bambini a casa, avevano i compiti da fare e lasciò loro la merenda già pronta. Quando tornò, trovò i tre figli in compagnia di un senzatetto a tavola che stavano mangiando la merenda. Avevano imparato troppo bene e troppo in fretta, di certo era un po’ mancata loro la prudenza».

«Milano – ha rivelato il Papa – non la conosco. Ci sono stato una volta soltanto, per poche ore, nei lontani anni Settanta». «Avevo qualche ora libera prima di prendere un treno per Torino e ne ho approfittato per una breve visita al duomo», ricorda Francesco: «In un’altra occasione, con la mia famiglia, sono stato una domenica a pranzo da una cugina che abitava a Cassina de’ Pecchi. Milano non la conosco, ma ho un grande desiderio, mi aspetto di incontrare tanta gente». Quanto alle iniziative di solidarietà per i senza fissa dimora messe in campo dalla diocesi ambrosiana, il Papa osserva: «Certo non è semplice integrare una persona senza dimora, perché ognuno di loro ha una storia particolare. Per questo bisogna avvicinarsi a ciascuno di loro, trovare il modo per aiutarli e dare loro una mano». Poi la sua visione del rapporto tra il centro e la periferia, partendo dalla sua esperienza a Buenos Aires: «Nelle baraccopoli c’è più solidarietà che non nei quartieri del centro. Nelle villa miseria ci sono molti problemi, ma spesso i poveri sono più solidali tra loro, perché sentono che hanno bisogno l’uno dell’altro. Ho trovato più egoismo in altri quartieri, non voglio dire benestanti perché sarebbe qualificare squalificando, ma la solidarietà che si vede nei quartieri poveri e nelle baraccopoli non si vede da altre parti, anche se lì la vita è più complicata e difficile. Nelle baraccopoli, per esempio, la droga si vede di più, ma solo perché negli altri quartieri è più ‘coperta’ e si usa con i guanti bianchi».