Vita Chiesa

Papa in Bolivia: incontro clero, no alla «spiritualità dello zapping»

«Passare senza ascoltare il dolore della nostra gente, senza radicarci nella loro vita, nella loro terra, è come ascoltare la Parola di Dio senza lasciare che metta radici dentro di noi e sia feconda. Una pianta, una storia senza radici, è una vita arida», ha detto il Papa, che incontrando i sacerdoti, i religiosi, i religiose e i seminaristi nella scuola di don Bosco a Santa Cruz in Bolivia ha messo in guardia dalla «spiritualità dello zapping», che «passa e ripassa, ma mai si ferma. Sono quelli che vanno dietro all’ultima novità, all’ultimo best seller, ma non riescono ad avere un contatto, a relazionarsi, a farsi coinvolgere». «Passare», per Francesco, «è l’eco dell’indifferenza, passare accanto ai problemi e che questi non ci tocchino. Non li ascoltiamo, non li riconosciamo. È la tentazione di considerare naturale il dolore, di abituarsi all’ingiustizia. Diciamo a noi stessi: è normale, è sempre stato così. È l’eco che nasce in un cuore blindato, chiuso, che ha perso la capacità di stupirsi e quindi la possibilità di cambiare. Un cuore che si è abituato a passare senza lasciarsi toccare; un’esistenza che, passando da una parte all’altra, non riesce a radicarsi nella vita del suo popolo». «Nello stesso modo in cui ascoltiamo il nostro Padre dobbiamo ascoltare il popolo fedele di Dio», ha detto il Papa.

«Ridere con chi ride, piangere con chi piange, ecco una parte del mistero del cuore sacerdotale». Il Papa, ha stigmatizzato «l’atteggiamento di coloro che di fronte al popolo di Dio, stanno continuamente a rimproverarlo, a brontolare, a dirgli di tacere». «È il dramma della coscienza isolata, di coloro che pensano che la vita di Gesù è solo per quelli che si credono adatti», ha spiegato Francesco: «Sembrerebbe giusto che trovino spazio solo gli autorizzati, una «casta di diversi» che lentamente si separa, differenziandosi dal suo popolo. Hanno fatto dell’identità una questione di superiorità». Persone come queste, ha ammonito il Santo Padre, «ascoltano, ma non odono, vedono, ma non guardano. La necessità di differenziarsi ha bloccato loro il cuore. Il bisogno di dirsi: io non sono come lui, come loro, li ha allontanati, non solo dal grido della loro gente, o dal loro pianto, ma soprattutto dai motivi di gioia».

«Non esiste una compassione che non si fermi, non ascolti e non solidarizzi con l’altro. La compassione non è zapping, non è silenziare il dolore, al contrario, è la logica propria dell’amore». A puntualizzarlo è stato il Papa, che al clero boliviano ha spiegato: «È la logica che non si è centrata sulla paura, ma sulla libertà che nasce dall’amore e mette il bene dell’altro sopra ogni cosa. È la logica che nasce dal non avere paura di avvicinarsi al dolore della nostra gente. Anche se tante volte non sarà che per stare al loro fianco e fare di quel momento un’occasione di preghiera». Di fronte al cieco mendicante, ha ricordato Francesco, «a differenza degli altri, che passavano, il Vangelo afferma che Gesù si fermò e chiese che cosa stava accadendo. Si ferma di fronte al grido di una persona. Esce dall’anonimato della folla per identificarlo e in questo modo si impegna con lui. Mette radici nella sua vita. E invece di farlo tacere, gli chiede: Che cosa posso fare per te? Non lo classifica se è o meno autorizzato a parlare. Basta solo la domanda, lo riconosce volendo far parte della vita di quest’uomo, facendosi carico del suo stesso destino. Così, a poco a poco, gli restituisce la dignità che aveva perduto, lo include. Anziché vederlo dall’esterno, ha il coraggio di identificarsi con i problemi e così manifestare la forza trasformante della misericordia».

È questa «la logica del discepolato», ha proseguito: «Un giorno Gesù – ha raccontato – ci ha visto sul bordo della strada, seduti sui nostri dolori, sulle nostre miserie. Non ha messo a tacere il nostro grido, ma si è fermato, si è avvicinato e ci ha chiesto che cosa poteva fare per noi. E grazie a tanti testimoni che ci hanno detto: ‘Coraggio, alzati!’, a poco a poco siamo stati toccati da questo amore misericordioso, quell’amore trasformante, che ci ha permesso di vedere la luce». «Non siamo testimoni di un’ideologia, di una ricetta, di un modo di fare teologia», ha ammonito il Papa, esortando a «passare dall’indifferenza dello zapping al «Coraggio! Alzati, il Maestro ti chiama!’. Non perché siamo speciali, non perché siamo migliori, non perché siamo funzionari di Dio, ma solo perché siamo testimoni grati della misericordia che ci trasforma».