Vita Chiesa

Papa in Cile: al carcere femminile di Santiago, no alla «logica semplicistica di dividere in buoni e cattivi»

«Chiediamo perdono a tutti quelli che abbiamo ferito con i nostri delitti». Il Papa ha cominciato il suo saluto al carcere femminile di Santiago (discorso integrale) citando la testimonianza di Janeth, una delle ospiti, che ha preso la parola poco prima di lui, portando la sua testimonianza. «Grazie perché ci ricordi questo atteggiamento senza il quale ci disumanizziamo, perdiamo la coscienza di aver sbagliato e che ogni giorno siamo chiamati a ricominciare», l’omaggio di Francesco. Commentando poi la frase di Gesù – «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» – il Papa ha fatto notare come «ci invita ad abbandonare la logica semplicistica di dividere la realtà in buoni e cattivi, per entrare in quell’altra dinamica capace di assumere la fragilità, i limiti e anche il peccato, per aiutarci ad andare avanti». «Quando sono entrato, mi aspettavano due mamme con i loro figli e con dei fiori», ha ricordato Francesco: «Sono stati loro a darmi il benvenuto, che si può esprimere in tre parole: madre, figli e fiori». E proprio su queste tre parole si è incentrato il saluto del Papa, che è arrivato al centro penitenziario femminile di Santiago alle 16 (ore locale, le 20 in Italia). Al suo arrivo, è stato accolto, nei pressi della Cappella, dalla comandante della struttura carceraria e dai 5 Cappellani. Dopo l’omaggio floreale di due recluse insieme ai loro bambini, Papa Francesco si è recato nella palestra del Centro dove si trovavano suor Nelly Leon, responsabile della pastorale, che ha porto un breve saluto a Francesco, e una rappresentanza di recluse, una delle quali ha portato la sua testimonianza, prima del saluto del Papa.

«Molte di voi sono madri e sapete cosa significa dare la vita», ha detto il Papa, rivolgendosi alle 600 donne recluse nel carcere femminile di Santiago, molte delle quali avevano  con sé i loro figli: «Avete saputo portare nel vostro seno una vita e l’avete data alla luce». «La maternità non è e non sarà mai un problema, è un dono, uno dei più meravigliosi regali che potete avere», ha proseguito Francesco: «Oggi siete di fronte a una sfida molto simile: si tratta ancora di generare vita. Oggi vi è chiesto di dare alla luce il futuro. Di farlo crescere, di aiutarlo a svilupparsi. Non solo per voi, ma per i vostri figli e per tutta la società». «Voi, donne, avete una capacità incredibile di adattarvi alle situazioni e di andare avanti», il tributo del Papa, che ha fatto appello «alla capacità di generare futuro che vive in ognuna di voi. Quella capacità che vi permette di lottare contro i tanti determinismi ‘cosificatori’ che finiscono per uccidere la speranza». «Non lasciamoci ‘cosificare’, siamo persone!», l’appello fuori testo. «Essere private della libertà non è sinonimo di perdita di sogni e di speranze», ha ammonito Francesco: «Essere privo di libertà non è la stessa cosa che essere privo di dignità». «La dignità non si tocca, a nessuno: nessuno deve essere privato della libertà», ha aggiunto a braccio. Di qui la necessità di «lottare contro ogni tipo di cliché, di etichetta che dica che non si può cambiare, o che non ne vale la pena, o che il risultato è sempre lo stesso». «No! Non è vero che il risultato è sempre lo stesso», l’obiezione del Papa, secondo il quale «ogni sforzo fatto lottando per un domani migliore – anche se tante volte potrebbe sembrare che cada nel vuoto – darà sempre frutto e vi verrà ricompensato».

I figli «sono forza, sono speranza, sono stimolo. Sono il ricordo vivo che la vita si costruisce guardando avanti e non indietro». È ai bimbi delle detenute del carcere femminile di Santiago che il Papa si è rivolto per spingere le sue «ospiti» a non rinunciare a credere in un futuro migliore. «Oggi siete private della libertà, ma ciò non vuol dire che questa situazione sia definitiva», ha assicurato Francesco: «Niente affatto. Sempre guardare l’orizzonte, in avanti, verso il reinserimento nella vita ordinaria della società». Poi l’apprezzamento e l’invito «a intensificare tutti gli sforzi possibili» affinché i progetti come «Espacio Mandela» e «Fundación Mujer levántate» possano «crescere e rafforzarsi». «Il nome di questa Fondazione mi fa ricordare quel passo evangelico in cui molti prendevano in giro Gesù perché diceva che la figlia del capo della Sinagoga non era morta, ma addormentata», ha detto Francesco riferendosi all’episodio evangelico della figlia di Giairo: «Di fronte allo scherno, l’atteggiamento di Gesù è paradigmatico: entrando dove stava lei, la prese per mano e le disse: ‘Fanciulla, io ti dico: alzati!’». «Questo tipo di iniziative sono segno vivo di Gesù che entra nella vita di ognuno di noi, che va oltre ogni scherno, che non dà per persa nessuna battaglia, ci prende per mano e ci invita ad alzarci», ha commentato il Papa: «Che bello che ci siano cristiani e persone di buona volontà che seguono le orme di Gesù e sanno entrare ed essere segno di quella mano tesa che fa rialzare».

La società ha l’obbligo di reinserire chi ha sbagliato. «Tutti sappiamo che molte volte, purtroppo, la pena del carcere si riduce soprattutto a un castigo, senza offrire strumenti adeguati per attivare processi»,  ha denunciato il Papa. «E questo non va bene», ha commentato. «La società ha l’obbligo di reinserire tutte voi», ha aggiunto a braccio: «Ognuna di voi, verso il reinserimento. Questo dovete mettervelo in testa, dovete esigerlo». Gli spazi che «promuovono programmi di apprendistato lavorativo e di accompagnamento per ricomporre legami sono segno di speranza e di futuro»: «Adoperiamoci perché crescano», l’invito. «La sicurezza pubblica non va ridotta solo a misure di maggior controllo ma soprattutto va costruita con misure di prevenzione, col lavoro, l’educazione e più vita comunitaria», la ricetta di Francesco, secondo il quale «la vita fiorisce, la vita riesce ad offrirci la sua più grande bellezza quando riusciamo a lavorare insieme gli uni con gli altri per far sì che la vita vinca, che sia sempre più forte». Infine il saluto a tutti gli operatori pastorali, i volontari, il personale, i funzionari della Gendarmeria e le loro famiglie: «Prego per voi. Voi avete un compito delicato e complesso, e per questo auspico che le autorità possano assicurarvi anche le condizioni necessarie per svolgere il vostro lavoro con dignità. Dignità che genera dignità». Dopo lo scambio dei doni e una foto con le guardie carcerarie, il Papa si è recato in auto alla Cattedrale di Santiago, per l’incontro con il clero e con i vescovi.