Vita Chiesa

Papa in Colombia: incontro autorità, servono «leggi giuste» per «superare i conflitti»

«Vengo in Colombia sulle orme dei miei predecessori, il beato Paolo VI e san Giovanni Paolo II, e come loro mi muove il desiderio di condividere con i miei fratelli colombiani il dono della fede, che tanto fortemente si è radicato in queste terre, e la speranza che palpita nel cuore di tutti. Solo così, con fede e speranza, si possono superare le numerose difficoltà del cammino e costruire un Paese che sia Patria e casa per tutti i colombiani». Sono le prime parole pronunciate dal Papa in Colombia, nel suo primo discorso, in spagnolo, pronunciato questa mattina (ora locale) a Bogotá, nel palazzo presidenziale, dopo il discorso del presidente della Colombia, Juan Manuel Santos Calderon.

«La Colombia è una nazione benedetta in moltissimi modi», ha proseguito Francesco: «La natura prodiga non solo lascia ammirati per la sua bellezza, ma invita anche ad aver cura con rispetto della sua biodiversità. La Colombia è il secondo Paese del mondo per biodiversità e, percorrendolo, si può gustare e vedere com’è stato buono il Signore a regalarvi una così immensa varietà di flora e fauna nelle sue selve piovose, nelle sue lande, nel Chocó, nei faraglioni di Cali e nelle montagne come quelle della Macarena e in tanti altri luoghi». «Ugualmente esuberante è la sua cultura», l’omaggio del Papa, secondo il quale «ciò che è più importante» è che «la Colombia è ricca per la qualità umana della sua gente, uomini e donne di spirito accogliente e buono; persone tenaci e coraggiose per superare gli ostacoli».

«Questo incontro mi offre l’opportunità di esprimere l’apprezzamento per gli sforzi compiuti, negli ultimi decenni, per porre fine alla violenza armata e trovare vie di riconciliazione», ha detto ancora il Papa, che nell’incontro con le autorità ha elogiato i progressi del Paese. «Nell’ultimo anno certamente si è progredito in modo particolare», l’omaggio di Francesco: «I passi avanti fanno crescere la speranza, nella convinzione che la ricerca della pace è un lavoro sempre aperto, un compito che non dà tregua e che esige l’impegno di tutti. Lavoro che ci chiede di non venir meno nello sforzo di costruire l’unità della nazione e, malgrado gli ostacoli, le differenze e i diversi approcci sul modo di raggiungere la convivenza pacifica, persistere nella lotta per favorire la cultura dell’incontro, che esige di porre al centro di ogni azione politica, sociale ed economica la persona umana, la sua altissima dignità, e li rispetto del bene comune». «Che questo sforzo ci faccia rifuggire da ogni tentazione di vendetta e ricerca di interessi solo particolari e a breve termine», il monito del Papa: «Quanto più difficile è il cammino che conduce alla pace e all’intesa, tanto più impegno dobbiamo mettere nel riconoscere l’altro, sanare le ferite e costruire ponti, nello stringere legami e aiutarci a vicenda».

«La Colombia ha bisogno di tutti per aprirsi al futuro con speranza». Ne è convinto il Papa, che nel discorso è partito dal motto del Paese – «Libertà e ordine» – per affermare che «i cittadini devono essere stimati nella loro libertà e protetti con un ordine stabile». «Non è la legge del più forte, ma la forza della legge, quella che è approvata da tutti, a reggere la convivenza pacifica», ha ammonito Francesco, secondo il quale «occorrono leggi giuste che possano garantire tale armonia e aiutare a superare i conflitti che hanno distrutto questa azione per decenni; leggi che non nascono dall’esigenza pragmatica di ordinare la società bensì dal desiderio di risolvere le cause strutturali della povertà che generano esclusione e violenza». «Solo così si guarisce da una malattia che rende fragile e indegna la società e la lascia sempre sulla soglia di nuove crisi», ha spiegato il Papa ricordando che «l’ingiustizia è la radice dei mali sociali». Di qui l’invito a «rivolgere lo sguardo a tutti coloro che oggi sono esclusi ed emarginati dalla società, quelli che non contano per la maggioranza e sono tenuti indietro e in un angolo». «Tutti siamo necessari per creare e formare la società», ha affermato Francesco, perché quest’ultima «non si fa solo con alcuni di sangue puro, ma con tutti. E qui sta la grandezza e la bellezza di un Paese: nel fatto che tutti sono accolti e tutti sono importanti. Nella diversità sta la ricchezza». Poi la citazione del primo viaggio di san Pietro Claver da Cartagena fino a Bogotá solcando il fiume Magdalena: «La sua meraviglia è la nostra. Ieri e oggi, fissiamo lo sguardo sulle diverse etnie e gli abitanti delle zone più remote, sui contadini. La fissiamo sui più deboli, su quanti sono sfruttati e maltrattati, su quelli che non hanno voce perché ne sono stati privati, o non l’hanno avuta, o non è loro riconosciuta. Fissiamo lo sguardo anche sulla donna, sul suo apporto, il suo talento, il suo essere madre nei diversi compiti».

«Il sacro rispetto della vita umana, soprattutto la più debole e indifesa, è una pietra angolare nella costruzione di una società libera dalla violenza». Lo ha detto il Papa, che nella parte finale del discorso rivolto alle autorità, nel palazzo presidenziale di Bogotá, ha ricordato che «la Chiesa, fedele alla sua missione, è impegnata per la pace, la giustizia e il bene comune»: «È consapevole – ha aggiunto – che i principi evangelici costituiscono una dimensione significativa del tessuto sociale colombiano e per questo possono contribuire molto alla crescita del Paese; in modo speciale il sacro rispetto della vita umana, soprattutto la più debole e indifesa, è una pietra angolare nella costruzione di una società libera dalla violenza». «Non possiamo non mettere in risalto l’importanza sociale della famiglia, sognata da Dio come il frutto dell’amore degli sposi, luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri», ha detto Francesco proseguendo nel suo decalogo: «E, per favore, vi chiedo di ascoltare i poveri, quelli che soffrono. Guardateli negli occhi e lasciatevi interrogare in ogni momento dai loro volti solcati di dolore e dalle loro mani supplicanti. Da loro si imparano autentiche lezioni di vita, di umanità, di dignità. Perché loro, che gemono in catene, comprendono le parole di colui che morì sulla croce – come recita il vostro inno nazionale».

La citazione di Gabriel Garcia Marquez. «Tuttavia, davanti all’oppressione, il saccheggio e l’abbandono, la nostra risposta è la vita. Né diluvi né pestilenze, né fame né cataclismi, e nemmeno le guerre infinite lungo secoli e secoli hanno potuto ridurre il tenace vantaggio della vita sulla morte. Un vantaggio che aumenta e accelera». Ai colombiani il Papa ha consegnato le parole del loro «grande compatriota», Gabriel Garcia Marquez, come pegno per il futuro. Riprendendo le parole usate dal Premio Nobel nel 1982, ricevendo il prestigioso riconoscimento, Francesco ha rilanciato il sogno di  «una nuova e travolgente utopia della vita, dove nessuno possa decidere per gli altri persino il modo di morire, dove davvero sia certo l’amore e sia possibile la felicità, e dove le stirpi condannate a cent’anni di solitudine abbiano infine e per sempre una seconda opportunità sulla terra». «Molto è il tempo passato nell’odio e nella vendetta», ha proseguito il Papa parafrasando il titolo del più celebre romanzo di Marquez: «La solitudine di stare sempre gli uni contro gli altri si conta ormai a decenni e sa di cent’anni; non vogliamo che qualsiasi tipo di violenza restringa o annulli ancora una sola vita. E ho voluto venire fino a qui per dirvi che non siete soli, che siamo tanti a volervi accompagnare in questo passo; questo viaggio vuole essere un incitamento per voi, un contributo che spiani un po’ il cammino verso la riconciliazione e la pace. Siete presenti nelle mie preghiere. Prego per voi, per il presente e per il futuro della Colombia».