Vita Chiesa

Papa in Corea: ai vescovi, “Siate custodi della memoria e della speranza”

Il pontefice ha ricordato i martiri coreani che beatificherà il 16 agosto dai quali, ha affermato, “scaturisce un abbondante raccolto di grazia in questa terra”. Di questo raccolto fanno parte “parrocchie attive e movimenti ecclesiali, solidi programmi di catechesi, l’attenzione pastorale verso i giovani e nelle scuole cattoliche, nei seminari e nelle università. Da terra di missione, la Corea è diventata oggi una terra di missionari”. Tuttavia “essere custodi della memoria” significa, per il Papa, “qualcosa di più che ricordare, significa anche trarne le risorse spirituali per affrontare con lungimiranza e determinazione le speranze, le promesse e le sfide del futuro. Essere custodi della memoria significa rendersi conto che la crescita viene da Dio. La nostra memoria dei martiri e delle generazioni passate di cristiani deve essere realistica, non idealizzata o trionfalistica. Guardare al passato senza ascoltare la chiamata di Dio alla conversione nel presente non ci aiuterà a proseguire il cammino; al contrario frenerà o addirittura arresterà il nostro progresso spirituale”.

Ai vescovi coreani il Papa ha chiesto di essere “custodi della speranza”. “Custodite questa speranza mantenendo viva la fiamma della santità, della carità fraterna e dello zelo missionario nella comunione ecclesiale” ha dichiarato il Pontefice. Dal Papa è giunta anche una sollecitazione a prendersi cura “dell’educazione dei giovani, sostenendo nella loro missione non solo le università, ma anche le scuole cattoliche di ogni grado”. Non meno importante è la testimonianza della Chiesa “nella sua sollecitudine per i poveri e nei suoi programmi di solidarietà, soprattutto per i rifugiati e i migranti.

“Cari fratelli – ha concluso papa Bergoglio – una profetica testimonianza evangelica presenta alcune sfide particolari per la Chiesa in Corea, dal momento che essa vive ed opera nel mezzo di una società prospera ma sempre più secolarizzata e materialistica. In tali circostanze gli operatori pastorali sono tentati di adottare non solo efficaci modelli di gestione, programmazione e organizzazione tratti dal mondo degli affari, ma anche uno stile di vita e una mentalità guidati più da criteri mondani di successo e persino di potere che dai criteri enunciati da Gesù nel Vangelo. Guai a noi se la Croce viene svuotata del suo potere di giudicare la saggezza di questo mondo! Voglia il Cielo che possiamo salvarci da quella mondanità spirituale e pastorale che soffoca lo Spirito”.