Vita Chiesa

Papa in Ecuador: a mondo scuola e università, «Coltivare e custodire la terra è un imperativo»

Gesù non cercava di «sdottorare». Ha usato questa sorta di «neologismo», il Papa, pronunciando l’esordio del suo discorso per l’incontro con il mondo della scuola e dell’università, svoltosi presso la sede dell’Università Cattolica dell’Ecuador. «Nel Vangelo abbiamo ascoltato come Gesù, il Maestro, insegnava alla folla e al piccolo gruppo dei discepoli, adeguandosi alla loro capacità di comprensione. Lo faceva con parabole, come quella del seminatore. In modo che tutti potessero capire», ha detto il Papa: «Gesù non cercava di sdottorare. Al contrario, vuole arrivare al cuore dell’uomo, al suo ingegno, alla sua vita, affinché questa dia frutto». «La parabola del seminatore ci parla di coltivare», ha proseguito Francesco sulla scorta del brano evangelico: «Ci indica i tipi di terreno, i tipi di semina, i tipi di frutto e la relazione che tra questi si crea. Già dalla Genesi, Dio sussurra all’uomo questo invito: coltivare e custodire». «Non gli dà solamente la vita, gli dà la terra, il creato», ha puntualizzato: «Non gli dà solamente una compagna e infinite possibilità. Gli fa anche un invito, gli dà una missione. Lo invita a far parte della sua opera creatrice e gli dice: coltiva! Ti affido le sementi, la terra, l’acqua, il sole, ti do le tue mani e quelle dei tuoi fratelli. Ecco, è anche tuo».

Il creato «è un regalo, un dono, un’offerta. Non è qualcosa di acquistato, di comprato. Ci precede e ci succederà. È un dono dato da Dio affinché con Lui possiamo farlo nostro», ha detto il Papa, che nel discorso ha ripreso i temi della sua ultima enciclica, «Laudato si’». «Dio non vuole un creato per sé, per guardare sé stesso», ha precisato Francesco: «Tutto al contrario. Il creato è un dono che dev’essere condiviso. È lo spazio che Dio ci dà per costruire con noi, per costruire un ‘noi’. Il mondo, la storia, il tempo, è il luogo dove andiamo a costruire il noi con Dio, il noi con gli altri, il noi con la terra. La nostra vita nasconde sempre questo invito, un invito più o meno consapevole, che permane sempre». Nel racconto della Genesi, ha poi ricordato il Papa, insieme alla parola «coltivare» ce n’è un’altra: «Custodire», avere cura: «Una si comprende a partire dall’altra. Una mano va verso l’altra. Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva». Ciò significa che «non solo siamo invitati ad essere parte dell’opera creatrice coltivandola, facendola crescere, sviluppandola, ma siamo anche invitati ad averne cura, a proteggerla, custodirla».

«Una cosa è certa: non possiamo continuare a girare le spalle alla nostra realtà, ai nostri fratelli, alla nostra madre terra. Non ci è consentito ignorare quello che sta succedendo attorno a noi come se determinate situazioni non esistessero o non avessero nulla a che vedere con la nostra realtà». È il forte monito del Papa sul creato, sulla scorta della «Laudato si’». Secondo Francesco, «ancora una volta, si ripete con forza questa domanda di Dio a Caino: ‘Dov’è tuo fratello?’. Io mi chiedo se la nostra risposta continuerà ad essere: ‘Sono forse io il custode di mio fratello?’». Coltivare e custodire la terra, infatti, oggi non è «una semplice raccomandazione, ma un’esigenza che nasce per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei». «Esiste una relazione fra la nostra vita e quella della nostra madre terra», ha ribadito il Papa citando la «Laudato si’»: «L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale». L’alternativa, allora, è tra uno scenario «di trasformazione, di vita», e un altro «di distruzione e di morte».

Come entra la vita nei programmi di studio? «Vegliate sui vostri studenti aiutandoli a sviluppare uno spirito critico, uno spirito libero, in grado di prendersi cura del mondo d’oggi? Uno spirito che sia in grado di trovare nuove risposte alle molte sfide che la società ci presenta?». Sono alcune delle domande che il Papa ha posto agli educatori. «Siete in grado – ha proseguito Francesco – di incoraggiarli a non ignorare la realtà che li circonda? Come entra nei diversi programmi universitari o nelle diverse aree di lavoro educativo la vita intorno a noi con le sue domande, i suoi interrogativi, le sue questioni? Come generiamo e accompagniamo il dibattito costruttivo, che nasce dal dialogo in vista di un mondo più umano?». Secondo il Papa, «c’è una riflessione che ci coinvolge tutti: le famiglie, le scuole, i docenti: come possiamo aiutare i nostri giovani a non identificare il diploma universitario come un sinonimo di status più elevato, soldi, prestigio sociale. Come li aiutiamo a identificare questa preparazione come un segno di maggiore responsabilità per i problemi di oggi, rispetto alla cura dei più poveri, rispetto alla salvaguardia dell’ambiente». Ai giovani ha detto: «Sapete che questo tempo di studio non è solo un diritto, ma anche un privilegio? Quanti vorrebbero un posto in questo luogo e non lo hanno avuto?».

Quale tipo di cultura. Di fronte alla «globalizzazione del paradigma tecnocratico», dobbiamo interrogarci «su quale tipo di cultura vogliamo o pretendiamo non solo per noi ma per i nostri figli, per i nostri nipoti». Ne è convinto il Papa, che ha riformulato uno degli interrogativi fondamentali della «Laudato si’», articolandolo attorno alla parola «cultura». «Questa terra l’abbiamo ricevuta come eredità, come un dono, come un regalo», ha spiegato incontrando a Quito il mondo della scuola e dell’università: «Faremmo bene a chiederci: come la vogliamo lasciare? Quali indicazioni vogliamo imprimere all’esistenza?». «Le comunità educative hanno un ruolo vitale, essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura», ha esordito: «Non basta fare le analisi, la descrizione della realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti». Per realizzare tale obiettivo, «le iniziative individuali sono sempre buone e fondamentali, ma ci viene chiesto di fare un ulteriore passo avanti: ci incoraggiano a guardare la realtà in modo organico e non frammentario; a porci domande che includono tutti noi». «Come Università, come istituzioni educative, come docenti e studenti, la vita vi sfida a rispondere a questa domanda: perché abbiamo bisogno di questa terra? Dov’è tuo fratello?», ha concluso il Papa.