Vita Chiesa

Papa in Estonia: discorso autorità, in 25 anni fatti «passi da gigante», «coltivare la memoria»

Papa Francesco ha lasciato questa mattina, alle 7.30 locali (6.30 ora di Roma), la Nunziatura Apostolica lituana e si è trasferito in auto all’aeroporto internazionale di Vilnius dove, alle 8.15 locali (7.15 ora di Roma) si è svolta la cerimonia di congedo dalla Lituania. Al suo arrivo, il Papa è accolto dalla presidente della Repubblica, Dalia Grybauskaitė, in un’area riservata per un breve incontro. Erano presenti circa 200 volontari che hanno eseguito un canto. Due di loro hanno offerto al Papa un dono in ricordo della visita. Dopo gli onori militari e il saluto delle rispettive delegazioni, alle 8.30 locali (7.30 ora di Roma) il Papa è salito a bordo di un CS300 dell’airBaltic alla volta di Tallinn, in Estonia.

Prima del decollo, Francesco ha inviato due telegrammi. Nel primo alla presidente lituana ha assicurato a lei e alla nazione «preghiere e abbondanti benedizioni». Nel secondo al presidente della Lettonia, Raymond Vejonis, e ai cittadini lettoni invoca su di loro «benedizioni divine di pace». L’aereo con a bordo il Papa è arrivato alle 9.50 locali (8.50 ora di Roma) all’aeroporto internazionale di Tallinn. Al suo arrivo, è stato accolto dalla presidente della Repubblica dell’Estonia, Kersti Kaljulaid, e da quattro bambini in abito tradizionale che hanno offerto a Francesco un omaggio floreale. Di qui il trasferimento del pontefice in auto al palazzo presidenziale di Tallinn per la cerimonia di benvenuto in Estonia. Poi l’incontro con le autorità, la società civile e i diplomatici.

«Avete compiuto passi da gigante». «Il vostro popolo ha dovuto sopportare in diversi periodi storici duri momenti di sofferenza e tribolazione. Lotte per la libertà e l’indipendenza, che sono sempre state messe in discussione o minacciate»: tuttavia, «negli ultimi poco più di 25 anni – in cui siete rientrati a pieno titolo nella famiglia delle nazioni – la società estone ha compiuto passi da gigante e il vostro Paese, pur essendo piccolo, si trova tra i primi per l’indice di sviluppo umano, per la sua capacità di innovazione, oltre a dimostrare un alto livello riguardo a libertà di stampa, democrazia e libertà politica. Inoltre avete rafforzato i legami di cooperazione e amicizia con diversi Paesi». È l’omaggio del Papa al popolo estone, di cui già nel suo primo discorso (testo integrale), pronunciato nel palazzo presidenziale per l’incontro con le autorità, la società civile e il Corpo diplomatico, ha lodato «la capacità di resilienza che ha permesso di ricominciare di fronte a tante situazioni di avversità».

«Da secoli queste terre sono chiamate ‘Terra di Maria’, Maarjamaa», ha detto Francesco: «Un nome che non solo appartiene alla vostra storia, ma fa parte della vostra cultura», ha sottolineato incentrando il suo discorso su due parole: «Memoria e fecondità». «Essere terra della memoria significa saper ricordare che il posto che avete raggiunto oggi è dovuto allo sforzo, al lavoro, allo spirito e alla fede dei vostri padri», ha spiegato Francesco: «Coltivare la memoria riconoscente permette di identificare tutti i risultati di cui oggi godete con una storia di uomini e donne che hanno combattuto per rendere possibile questa libertà, e che a sua volta vi chiama a rendere loro omaggio aprendo strade per coloro che verranno dopo».

«Il benessere non è sempre sinonimo di vivere bene», ha detto il Papa al popolo estone, nel suo discorso, in cui ha sottolineato che «l’umanità vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone». Ciononostante, quello che nel nostro tempo si registra è una «fatica esistenziale», la tesi di Francesco: «Uno dei fenomeni che possiamo osservare nelle nostre società tecnocratiche – ha affermato – è la perdita del senso della vita, della gioia di vivere e, quindi, uno spegnersi lento e silenzioso della capacità di meraviglia, che spesso immerge la gente in una fatica esistenziale». «La consapevolezza di appartenere e di lottare per gli altri, di essere radicati in un popolo, in una cultura, in una famiglia può andare perduta a poco a poco privando, soprattutto i più giovani, di radici a partire dalle quali costruire il proprio presente e il proprio futuro, perché li si priva della capacità di sognare, di rischiare, di creare», il grido d’allarme del Papa, che ha ammonito: «Mettere tutta la fiducia nel progresso tecnologico come unica via possibile di sviluppo può causare la perdita della capacità di creare legami interpersonali, intergenerazionali e interculturali, vale a dire di quel tessuto vitale così importante per sentirci parte l’uno dell’altro e partecipi di un progetto comune nel senso più ampio del termine. Di conseguenza, una delle responsabilità più rilevanti che abbiamo quanti assumiamo un incarico sociale, politico, educativo, religioso sta proprio nel modo in cui diventiamo artigiani di legami». «Una terra feconda richiede scenari a partire dai quali radicare e creare una rete vitale in grado di far sì che i membri delle comunità si sentano a casa», la proposta di Francesco, secondo il quale «non c’è peggior alienazione che sperimentare di non avere radici, di non appartenere a nessuno».

Legami di integrazione tra generazioni. «Una terra sarà feconda, un popolo darà frutti e sarà in grado di generare futuro – ha concluso il Papa – solo nella misura in cui dà vita a relazioni di appartenenza tra i suoi membri, nella misura in cui crea legami di integrazione tra le generazioni e le diverse comunità che lo compongono; e anche nella misura in cui rompe le spirali che annebbiano i sensi, allontanandoci sempre gli uni dagli altri». «Potete sempre contare sul sostegno e sull’aiuto della Chiesa cattolica, una piccola comunità tra di voi, ma con tanta voglia di contribuire alla fecondità di questa terra», ha assicurato Francesco: «Vi ringrazio ancora per l’accoglienza e l’ospitalità. Il Signore benedica voi e l’amato popolo estone. In modo speciale, benedica gli anziani e i giovani affinché, conservando la memoria e facendosi carico di essa, facciano di questa terra un modello di fecondità».