Vita Chiesa

Prato piange il suo primo vescovo residenziale

Si terranno il giorno di S. Stefano le esequie di mons. Pietro Fiordelli. Per una singolare coincidenza il Vescovo emerito se n’è andato alla vigilia delle feste solenni della Chiesa di Prato: Natale, il patrono della città e della Diocesi S. Stefano, la conclusione delle celebrazioni del 350° dell’istituzione della Diocesi e del cinquantesimo della sua piena autonomia, avvenuta proprio con la nomina del primo Vescovo residenziale nella persona di Fiordelli.

Così lo speciale anno giubilare, apertosi l’8 settembre 2003, si chiuderà con l’estremo saluto a colui che questa autonomia ha segnato e incarnato. Il funerale è in programma per le ore 15 del 26 dicembre nella basilica cattedrale. Sono attesi i Vescovi della Toscana e numerosi altri prelati provenienti da fuori regione. Al termine del rito la salma di mons. Fiordelli verrà sepolta nella tomba dei Vescovi allestita nella navata laterale di sinistra. Sarà proprio il Vescovo emerito il primo ad essere tumulato in questo sepolcreto.

È stato il più giovane Vescovo d’Italia. A soli 38 anni fu nominato da Pio XII primo Vescovo residenziale di Prato.

Prete giornalista, vescovo attivissimo, grande «apostolo» della famiglia, mons. Fiordelli ha lasciato tracce indelebili non soltanto nella Chiesa e nella società pratese ma anche nella storia ecclesiale e civile italiana.

Nasce il 9 gennaio 1916 a Città di Castello, in Umbria. Laureato a Roma in teologia, a soli 22 anni viene ordinato sacerdote. Nella sua diocesi di origine si distingue per il grande e incisivo impegno pastorale. Si dedica soprattutto all’Azione cattolica, di cui è delegato diocesano. Ma è soprattutto la figura del giornalista che emerge. Quando ancora non era finita la guerra, fonda nella sua città il settimanale «La Voce Cattolica», che raggiunge presto le 7.000 copie di tiratura. Da quel giornale prese poi vita l’attuale settimanale delle diocesi umbre «La Voce», che lo ebbe come direttore fino alla nomina episcopale.

Il 7 luglio 1954 viene nominato primo vescovo residenziale di Prato. La Diocesi, infatti, istituita nel 1653 da Papa Innocenzo X, condivideva il Vescovo con la vicina Pistoia, cui era era stata unita con pari dignità. Fu il 22 gennanio 1954 che Papa Pio XII ne dispose la piena autonomia, assegnando poi pochi mesi dopo il primo Vescovo «tutto pratese». Il 3 ottobre mons. Fiordelli viene ordinato vescovo e, il 17 di quello stesso mese, fa ingresso in Diocesi.

Pur vecchia di 301 anni, la Chiesa di Prato era povera di strutture e risorse e inadeguata ad affrontare il boom demografico della città. Mons. Fiordelli si impegna con tutte le sue forze. Parte dalle «fondamenta»: la preghiera e la formazione e, per questo, acquista e ristaura la Villa del Palco. Riorganizza tutta la struttura ecclesiale, fondando 19 nuove parrocchie e costruendo altrettante nuove chiese. Dà vita a innumerevole iniziative pastorali. La preoccupazione per la famiglia è prioritaria, in tutti gli aspetti. Mons. Fiordelli si preoccupa anche delle vacanze: vengono aperte diverse case per ferie, pensate per i nuclei con meno possibilità, al mare e in montagna, tra cui la notissima «Versiliana» di Marina di Pietrasanta.

L’altra grande preoccupazione, in tempi di accesi confronti sociali e politici, è il lavoro: per quasi trenta anni porta la Chiesa dentro il mondo produttivo pratese, con la «Pasqua nelle fabbriche», occasione di evangelizzazione e di dialogo senza pregiudizi.

Ma la personalità e l’opera di mons. Fiordelli hanno lasciato tracce importanti non soltanto nella sua diocesi. Molti lo ricorderanno per aver difeso con fermezza il matrimonio cristiano nella famosa vicenda «dei concubini», per cui subì una clamorosa condanna in primo grado – correva l’anno 1958 – poi cancellata dalla piena assoluzione in appello. Fu un caso che fece il giro del mondo.

Ma è tutta la Chiesa a dovergli molto: la pastorale italiana, a cominciare dalla formazione prematrimoniale, è nata soprattutto grazie alle intuizioni del Vescovo di Prato. Al Concilio Vaticano II, cui partecipò fin dall’inaugurazione, intervenne più volte sulla famiglia e il matrimonio, lasciando tracce fondamentali nell’elaborazione dottrinale della Chiesa universale. A lui si deve soprattutto l’elaborazione del concetto di famiglia come «Chiesa domestica».

Poche persone hanno inciso come lui nella vita religiosa e sociale di Prato. Non a caso al termine del suo mandato episcopale, il Comune di Prato gli conferì la cittadinanza onoraria.

Al compiersi del 75° anno di età, il 9 gennaio del 1991, rassegnò le dimissioni come prevede il Codice di Diritto canonico, accettate poi da Giovanni Paolo II il 7 dicembre successivo. Il 23 febbraio 1992 consegnava il pastorale al suo successore, mons. Gastone Simoni. Da Vescovo emerito si è dedicato, finché la salute glielo ha consentito, alla predicazione in più parti d’Italia, con la passione pastorale di sempre.

La vicenda dei «concubini»È universalmente nota come la vicenda dei «concubini di Prato». Fece il giro del mondo, lacerando le coscienze. Mons. Fiordelli, che ne fu protagonista, più volte in anni recenti lo chiamava, scherzando, «il mio caso».

Due fidanzati, entrambi battezzati, Mauro Bellandi, attivista del partito Comunista, e Loriana Nunziati, cristiana praticante, decidono – per quei tempi una scelta «di rottura» – di sposarsi civilmente. Mons. Fiordelli, che aveva cercato più volte di dissuadere la sposa da questa decisione, decide di intervenire pubblicamen-te. La sua intenzione era quella di difendere e promuovere il matrimonio cristiano.

Questi, in dettaglio, fuorono i passaggi della vicenda: 12 agosto 1956: nella chiesa di S. Maria del Soccorso viene letta, per disposizione del Vescovo di Prato, monsignor Pietro Fiordelli, una notificazione di condanna di un matrimonio civile celebrato quello stesso giorno tra due battezzati. L’atto viene defi-nito “l’inizio di uno scandaloso concubinato” e i due sposi indicati come “pubblici concubini”. 6 settembre 1956: le persone chiamate in causa sporgono querela per diffamazione nei confronti del parroco don Danilo Aiazzi e del Vescovo Fiordelli.27 giugno 1957: la Sezione istruttoria della Corte d’appello di Firenze emette una sentenza di rinvio a giudizio del presule e del suo diretto collaboratore. Il fatto, senza precedenti, ha una risonanza enorme, in Italia e nel mondo. Al Vescovo arrivano atte-stazioni di solidarietà da vasti settori del mondo cattolico.24 febbraio 1958: si apre il processo e il Vescovo Fiordelli si rifiuta di assistere al dibattimento, affermando che “il motivo per il quale sono chiamato in giudizio non è altro che un atto della mia potestà spirituale”.1° marzo 1958: dopo sei giornate di dibattimento, viene emessa una sentenza di con-danna. Si tratta della prima condanna, da parte di un Tribunale italiano, di un Vesco-vo.Alla notizia il Papa Pio XII, “nella presente condizione di amarezza,di mestizia e di oltraggio”, annulla la prevista e solenne Festa dell’anniversario delal sua Incorona-zione in S.Pietro alla presenza del corpo diplomatico. Il cardinale Giacomo Lercaro, arcivescovo di Bologna, fa parare a lutto tutte le chiese della sua Diocesi. Seguono mesi di dura polemica tra cattolici e laici. 25 Ottobre 1958: la Corte d’Appello emette una seconda sentenza, questa volta di segno opposto,di assoluzione con formula piena. Il mondo cattolico tira un sospiro di sollievo, anche se non mancano voci discordi (una per tutti, quella di don Lorenzo Milani).Nel periodo che intercorre tra le due sentenze, si assiste ad un passaggio cruciale di consegne alla guida della Chiesa universale, con la morte di Papa Pacelli e l’elezione di Papa Giovanni.

Si apre una pagina del tutto nuova anche nell’attività pastorale di monsignor Fiordel-li.