Vita Chiesa

San Francesco: card. Betori, « credibilità annuncio si gioca su capacità di guardare ai poveri»

«Sarebbe pura illusione – il monito del porporato – pensare che la nostra fedeltà al Vangelo possa realizzarsi senza affrontare il confronto con il mistero del male che attraversa la storia e senza prendere sulle nostre spalle la croce, quella nostra e quella dei tanti sofferenti del mondo». «Con Paolo e con Francesco – ha proseguito Betori – noi condividiamo la fede che per essere nuova creatura occorre essere crocifissi per il mondo, segnando una rottura totale con i miti del benessere, del potere, dell’avido possesso, della ricerca dei piaceri che avvelenano la mentalità corrente». E questo, ha concluso, «non rende amara la nostra vita, perché la priva di qualcosa, ma la purifica orientandola verso ciò che davvero la edifica e la realizza nella sua autentica vocazione».

«Quel che ci è chiesto per entrare nell’orizzonte che Gesù ci chiede e che Francesco d’Assisi testimonia, è abbandonare ogni pretesa di dominio e di possesso e prendere sul serio la promessa di gioia, di ‘perfetta letizia’ direbbe San Francesco, e di consolazione che ci viene dallo scegliere la povertà e l’umiltà», ha proseguito il cardinale arcivescovo di Firenze. Di qui il richiamo alle parole pronunciate dal Papa al convegno ecclesiale di Firenze: «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri» . L’appello di San Francesco alla minorità , ha tuttavia precisato Betori, «non va però confuso con un venir meno alla nostra presenza nella Chiesa e nella società, non significa un ritirarsi in un’ambigua interiorità narcisistica. Al contrario, esso è il presupposto di una presenza più efficace perché più impregnata dei principi evangelici». Il Santo «con la sua opera ha edificato e fortificato la Chiesa in tempi travagliati, ma l’opera sua e dei suoi frati è stata un seme che ha fortificato e rinnovato la stessa convivenza degli uomini, dando un’anima alla trasformazione sociale delle città e orientandola in senso più umano». Per l’arcivescovo di Firenze, «la maggiore fedeltà a Cristo si traduce nella maggiore fedeltà al volto evangelico della sua Chiesa e alla radice umanistica della società. Di ambedue questi traguardi dobbiamo essere alla ricerca anche oggi e la testimonianza di Francesco ci illumina e ci sprona».