Vita Chiesa

Settimana sociale: Tajani, priorità a disoccupazione giovanile, terrorismo e immigrazione clandestina

Dopo un intervento iniziale, Tajani ha poi colloquiato con Marco Tarquinio, direttore del quotidiano «Avvenire». Ampio il ventaglio di nodi affrontati da Tajani a partire dal tema di fondo della Settimana di Cagliari. Dunque nel suo discorso, il presidente dell’Euroassemblea ha parlato dello stato dell’economia e dell’occupazione in Italia e in Europa, di armonizzazione fiscale e lotta al dumping sociale, di competitività dei territori, di digitalizzazione e infrastrutture, di sostegno al settore industriale. Un occhio particolare è stato rivolto al ruolo della Banca centrale e alla riforma del sistema economico e finanziario europeo, «reduce» dai contraccolpi della crisi apertasi nel 2008. Quindi alcune valutazioni sulla promozione del lavoro, specie per i giovani e le donne, sul sostegno alla famiglia, sulla necessità di intervenire «a favore di chi vive situazione di emarginazione, malattia e disagio», fra cui – citati da Tajani – i tossicodipendenti, i carcerati, i migranti. Non è mancato un impegno politico: «Occorre investire fondi, decine di miliardi di euro, per assicurare lo sviluppo all’Africa, perché anche in Africa il lavoro e la vita siano sicuri e degni».

Le tre priorità. «Dobbiamo garantire ai nostri figli la possibilità di trovare lavoro. La sfida della disoccupazione giovanile è una delle priorità che ci dobbiamo dare insieme alla lotta contro il terrorismo e quella contro l’immigrazione clandestina», ha affermato il presidente del Parlamento europeo, rispondendo poi alle domande dei giornalisti. Secondo Tajani, il nuovo approccio sul tema del lavoro venuto dall’evento di Cagliari «trova forza nel documento che i capi di Stato e di governo insieme a quelli delle istituzioni europee hanno firmato il 25 di marzo in occasione dei 60 anni dei Trattati di Roma».

«Il pilastro sociale incentrato sulla dignità del lavoro diventa fondamentale. L’esperienza di Cagliari, il messaggio di questi giorni rafforza le scelte che l’Unione europea sta facendo». «Questo – ha ammesso – non è sufficiente, alcune cose le abbiamo già realizzate ma l’impegno non può diminuire visto che in Europa ci sono circa 120 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà o rischiano di finire nella condizione di povertà. E senza lavoro non si vince questa sfida».

Catalogna: le urne soluzione sensata. «Non c’è da sostenere l’autonomia ma solo invitare al dialogo. La scelta sensata di inviare i catalani alle urne perché si diano un governo autonomo è la più saggia che si potesse fare». Così il presidente del Parlamento Europeo, rispondendo ai giornalisti. «La questione della Catalogna è un problema interno della Spagna. Nessuno intende riconoscere l’indipendenza della Catalogna, che è una regione della Spagna e la Spagna è un Paese democratico». Secondo Tajani, «non ci sono le condizioni per proclamare l’indipendenza in violazione del diritto costituzionale spagnolo ed europeo». Quella dell’indipendenza – ha aggiunto – è «una volontà politica di una minoranza di catalani, di un governo che non ha avuto neanche la maggioranza sufficiente per far svolgere un referendum legittimo».

«Per quanto riguarda gli immigrati economici serve una strategia complessiva che riguarda l’Africa e i flussi regolari di persone il più possibilmente formate che non finiscano nelle fauci della malavita, del racket della prostituzione o che vadano a fare i trafficanti di droga o gli spacciatori per strada o i semi-schiavi vittime del caporalato in qualche sperduta campagna. Questo è inaccettabile», ha affermato il presidente del Parlamento Europeo, sempre rispondendo ai giornalisti. «Abbiamo bisogno di persone che vengano a lavorare in Europa. Però bisogna fare in modo che – come prevede il piano Marshall – attraverso la formazione arrivino e possano essere integrati». «L’integrazione richiede due cose: che noi sappiamo chi siamo e rinforziamo la nostra identità; chi viene dev’essere rispettato e rispettare i nostri valori». Tajani ha ribadito che, «per i rifugiati c’è già una strategia. Stiamo rivedendo gli accordi di Dublino con un impegno da parte di tutti, cioè maggior solidarietà. Non possono essere soltanto i Paesi del Mediterraneo a farsi carico del problema dei rifugiati».