Vita Chiesa

Sinodo: relazione finale, ecco le proposte per rilanciare la famiglia

«Discernimento e integrazione». Sono le due parole d’ordine della Relazione finale per la pastorale dei divorziati risposati. «I battezzati che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei diversi modi possibili, evitando ogni occasione di scandalo», si legge nella terza parte del documento, dedicata alle «situazioni complesse delle famiglie». Da notare che questo paragrafo, il n. 85, è stato quello che ha ricevuto il maggior numero di voti contrari (80). «La logica dell’integrazione – si legge nel testo – è la chiave del loro accompagnamento pastorale, perché non soltanto sappiano che appartengono al corpo di Cristo che è la Chiesa, ma ne possano avere una gioiosa e feconda esperienza. Sono battezzati, sono fratelli e sorelle», e «la loro partecipazione può esprimersi in diversi servizi ecclesiali: occorre perciò discernere quali delle diverse forme di esclusione attualmente praticate in ambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionale possano essere superate». Una «integrazione», questa, «necessaria pure per la cura e l’educazione cristiane dei loro figli, che devono essere considerati i più importanti». Per il «discernimento», il documento citato è la Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II, dove si esortano i sacerdoti ad «accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del vescovo».

«Nei confronti delle famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, la Chiesa ribadisce che ogni persona, indipendentemente dalla propria tendenza sessuale, vada rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni ingiusta discriminazione». Nella Relazione finale si afferma che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». No, dunque, ai «progetti di equiparazione al matrimonio delle unioni tra persone omosessuali», ma anche alle «pressioni in questa materia» da parte degli organismi internazionali.

Sul matrimonio civile o altre forme di convivenza, determinate da «situazioni culturali contingenti», si può crescere «verso una prospettiva di stabilità», si legge nella Relazione finale del Sinodo, in cui si fa presente che «questa volontà, che si traduce in un legame duraturo, affidabile e aperto alla vita può considerarsi un impegno su cui innestare un cammino verso il sacramento nuziale, scoperto come il disegno di Dio sulla propria vita». Di qui la possibilità di incoraggiare questo «cammino di crescita», tramite un percorso in cui siano valorizzati quei segni di amore che corrispondono al riflesso dell’amore di Dio in un autentico progetto coniugale». «Tolleranza zero», nel testo, nei casi di abuso sessuale sui minori, «prevenzione e cura» nei casi di violenza familiare.