Vita Chiesa

Sinodo sui giovani: documento preparatorio, una «mappa» per «accompagnare» e «intravvedere il mondo di domani». Due i questionari

Due le stelle polari del testo, diffuso oggi: l’Evangelii Gaudium, con il suo mandato ad «annunciare la gioia del Vangelo» come «missione che il Signore ha affidato alla sua Chiesa», e l’Amoris Laetitia, l’esortazione apostolica con cui si è concluso il primo Sinodo – in due tappe – di Papa Francesco, dedicato «all’accompagnamento delle famiglie incontro a questa gioia». «In continuità con questo cammino, attraverso un nuovo percorso sinodale – si legge nel documento preparatorio – la Chiesa ha deciso di interrogarsi su come accompagnare i giovani a riconoscere e accogliere la chiamata all’amore e alla vita in pienezza, e anche di chiedere ai giovani stessi di aiutarla a identificare le modalità oggi più efficaci per annunciare la Buona Notizia». «Ascoltando le loro aspirazioni possiamo intravvedere il mondo di domani che ci viene incontro e le vie che la Chiesa è chiamata a percorrere», il tributo della Chiesa alle nuove generazioni. «La vocazione all’amore assume per ciascuno una forma concreta nella vita quotidiana attraverso una serie di scelte», il dato di partenza del documento: «Assunte o subite, consapevoli o inconsapevoli, si tratta di scelte da cui nessuno può esimersi. Lo scopo del discernimento vocazionale è scoprire come trasformarle, alla luce della fede, in passi verso la pienezza della gioia a cui tutti siamo chiamati».

Al via la consultazione. Con il documento di oggi – indirizzato ai Sinodi dei Vescovi e ai Consigli dei Gerarchi delle Chiese Orientali Cattoliche, alle Conferenze episcopali, ai Dicasteri della Curia Romana e all’Unione dei superiori generali  – si dà avvio alla fase della consultazione di tutto il popolo di Dio. Il testo, infatti, termina con un questionario destinato alle Conferenze episcopali di tutto il mondo, che dovranno far pervenire le loro risposte entro il mese di ottobre di quest’anno. È prevista, inoltre, «una consultazione di tutti i giovani attraverso un sito Internet, con un questionario sulle loro aspettative e la loro vita». Le risposte ai due questionari costituiranno la base per la redazione dell’Instrumentum laboris, che sarà il punto di riferimento per la discussione dei padri sinodali. Il documento presentato oggi si articola in «tre passi»: nella prima parte si delineano «alcune dinamiche sociali e culturali del mondo in cui i giovani crescono e prendono le loro decisioni, per proporne una lettura di fede». Nella seconda, si ripercorrono «i passaggi fondamentali del processo di discernimento, che è lo strumento principale che la Chiesa sente di offrire ai giovani per scoprire, alla luce della fede, la propria vocazione». Nella terza, infine, «si mettono a tema gli snodi fondamentali di una pastorale giovanile vocazionale».

Ci sono molte «differenze» tra i giovani dei cinque Continenti – la prima delle quali è quella tra maschile e femminile – ma ciò che accomuna i giovani tra i 16 e i 29 anni, destinatari del documento preparatorio del Sinodo, è il fatto di vivere «in un contesto di fluidità e incertezza mai sperimentato in precedenza». Nel testo diffuso oggi, si segnala la necessità di «assumere uno sguardo integrale e acquisire la capacità di programmare a lungo termine, facendo attenzione alla sostenibilità e alle conseguenze delle scelte di oggi in tempi e luoghi remoti». «La crescita dell’incertezza incide sulla condizione di vulnerabilità, cioè la combinazione di malessere sociale e difficoltà economica, e sui vissuti di insicurezza di larghe fasce della popolazione», la denuncia: tra i mali di cui soffrono i giovani: la disoccupazione, l’aumento della flessibilità e lo sfruttamento «soprattutto minorile», senza contare l’insieme di «cause politiche, economiche, sociali e persino ambientali che spiegano l’aumento esponenziale del numero di rifugiati e migranti». «A fronte di pochi privilegiati che possono usufruire delle opportunità offerte dai processi di globalizzazione economica molti vivono in situazione di vulnerabilità e di insicurezza, il che ha impatto sui loro itinerari di vita e sulle loro scelte», l’analisi del documento, in cui sulla scorta della Laudato sì si stigmatizza la «cultura scientista» e la «cultura dello scarto» che «esclude milioni di persone, tra cui molti giovani».

Tra le sfide da raccogliere, quella delle «multiculturalità», caratteristica delle società globalizzate, dove «in molte parti del mondo i giovani sperimentano condizioni di particolare durezza»: «Pensiamo ai giovani in situazione di povertà ed esclusione; a quelli che crescono senza genitori o famiglia, oppure non hanno la possibilità di andare a scuola; ai bambini e ragazzi di strada di tante periferie; ai giovani disoccupati, sfollati e migranti; a quelli che sono vittime di sfruttamento, tratta e schiavitù; ai bambini e ai ragazzi arruolati a forza in bande criminali o in milizie irregolari; alle spose bambine o alle ragazze costrette a sposarsi contro la loro volontà». Nonostante questi scenari spesso a tinte fosche, «non pochi» giovani «desiderano essere parte attiva dei processi di cambiamento del presente», si fa presente nel documento, in cui si cita in senso opposto il fenomeno dei «Neet», cioè giovani non impegnati in un’attività di studio né di lavoro né di formazione professionale. «La discrepanza tra i giovani passivi e scoraggiati e quelli intraprendenti e vitali – la tesi – è il frutto delle opportunità concretamente offerte a ciascuno».

Sfiducia nelle istituzioni. «Tendenzialmente cauti nei confronti di coloro che sono al di là della cerchia delle relazioni personali, i giovani nutrono spesso sfiducia, indifferenza o indignazione verso le istituzioni». È l’analisi del documento preparatorio del Sinodo sui giovani. «Questo non riguarda solo la politica, ma investe sempre più anche le istituzioni formative e la Chiesa, nel suo aspetto istituzionale», si legge nel testo diffuso oggi: «La vorrebbero più vicina alla gente, più attenta ai problemi sociali, ma non danno per scontato che questo avvenga nell’immediato». Tutto ciò si svolge «in un contesto in cui l’appartenenza confessionale e la pratica religiosa diventano sempre più tratti di una minoranza e i giovani non si pongono ‘contro’, ma stanno imparando a vivere ‘senza’ il Dio presentato dal Vangelo e ‘senza’ la Chiesa, salvo affidarsi a forme di religiosità e spiritualità alternative e poco istituzionalizzate o rifugiarsi in sette o esperienze religiose a forte matrice identitaria». «In molti luoghi la presenza della Chiesa si va facendo meno capillare e risulta così più difficile incontrarla – si fa notare nel documento – mentre la cultura dominante è portatrice di istanze spesso in contrasto con i valori evangelici, che si tratti di elementi della propria tradizione o della declinazione locale di una globalizzazione di stampo consumista e individualista».

Tra virtuale e reale. «Le giovani generazioni  – si legge ancora nel documento preparatorio – sono oggi caratterizzate dal rapporto con le moderne tecnologie della comunicazione e con quello che viene normalmente chiamato ‘mondo virtuale’, ma che ha anche effetti molto reali». Nel testo si fa notare che il mondo digitale «offre possibilità di accesso a una serie di opportunità che le generazioni precedenti non avevano, e al tempo stesso presenta rischi». Per questo è «di grande importanza mettere a fuoco come l’esperienza di relazioni tecnologicamente mediate strutturi la concezione del mondo, della realtà e dei rapporti interpersonali e con questo è chiamata a misurarsi l’azione pastorale, che ha bisogno di sviluppare una cultura adeguata». Nel testo, si evidenzia la centralità delle «scelte» che sono chiamati a compiere i giovani, in un contesto di «fluidità e precarietà». Oggi, la denuncia, «si rifiuta che costruire un percorso personale di vita significhi rinunciare a percorrere in futuro strade differenti: ‘Oggi scelgo questo, domani si vedrà’. Nelle relazioni affettive come nel mondo del lavoro l’orizzonte si compone di opzioni sempre reversibili più che di scelte definitive». In questo contesto, «i vecchi approcci non funzionano più e l’esperienza trasmessa dalle generazioni precedenti diventa rapidamente obsoleta». «Rischia», perché «chi non rischia non cammina», l’imperativo ai giovani sulla scorta del Papa, anche se gli ostacoli sono tanti. Il mondo degli adulti, da parte sua, deve rispondere a quell’«emergenza educativa» già segnalata da Benedetto XVI.  «L’innovazione sociale esprime un protagonismo positivo che ribalta la condizione delle nuove generazioni», l’assunto del documento: «Da perdenti che chiedono protezione dai rischi del mutamento a soggetti del cambiamento capaci di creare nuove opportunità. È significativo che proprio i giovani – spesso rinchiusi nello stereotipo della passività e dell’inesperienza – propongano e pratichino alternative che mostrano come il mondo o la Chiesa potrebbero essere. Se nella società o nella comunità cristiana vogliamo far succedere qualcosa di nuovo, dobbiamo lasciare spazio perché persone nuove possano agire».

«Attraverso il percorso di questo Sinodo, la Chiesa vuole ribadire il proprio desiderio di incontrare, accompagnare, prendersi cura di ogni giovane, nessuno escluso». Comincia così la seconda parte del documento. «Non possiamo né vogliamo abbandonarli alle solitudini e alle esclusioni a cui il mondo li espone», prosegue il testo. «Che la loro vita sia esperienza buona, che non si perdano su strade di violenza o di morte, che la delusione non li imprigioni nell’alienazione», l’auspicio, affinché ogni giovane possa sperimentare «la fiducia di non essere abbandonato alla mancanza di senso e al buio della morte e la speranza di poter esprimere la propria originalità in un percorso verso la pienezza di vita». Sulla scorta della «sapienza della Chiesa orientale», nel testo si parla di «tre nascite»: «la nascita naturale come donna o come uomo in un mondo capace di accogliere e sostenere la vita; la nascita del battesimo e poi una terza nascita, quando avviene il passaggio ‘dal modo di vita corporale a quello spirituale’, che apre all’esercizio maturo della libertà». Di qui la necessità di «accompagnarli lungo questo percorso, affiancandoli nell’affrontare le proprie fragilità e le difficoltà della vita, ma soprattutto sostenendo le libertà che si stanno ancora costituendo». La Chiesa, a partire dai suoi pastori, «è chiamata a mettersi in discussione e a riscoprire la sua vocazione alla custodia con lo stile che Papa Francesco ha ricordato all’inizio del suo pontificato».

«Riconoscere, interpretare, scegliere». Sono i tre verbi, presi dall’Evangelii gaudium, in cui è riassunta l’essenza del «discernimento vocazionale», cioè del «processo con cui la persona arriva a compiere, in dialogo con il Signore e in ascolto della voce dello Spirito, le scelte fondamentali, a partire da quella sullo stato di vita». «Prendere decisioni e orientare le proprie azioni in situazione di incertezza e di fronte a spinte interiori contrastanti è l’ambito dell’esercizio del discernimento», si legge nel documento preparatorio del Sinodo sui giovani, in cui si afferma che «il percorso della vita impone di decidere, perché non si può rimanere all’infinito nell’indeterminatezza». Di qui l’importanza dell’accompagnamento personale, che non è «teoria del discernimento» ma capacità di «favorire la relazione tra la persona e il Signore, collaborando a rimuovere ciò che la ostacola». Sta qui «la differenza tra l’accompagnamento al discernimento e il sostegno psicologico»: «Lo psicologo sostiene una persona nelle difficoltà e la aiuta a prendere consapevolezza delle sue fragilità e potenzialità; la guida spirituale rinvia la persona al Signore e prepara il terreno all’incontro con Lui». Nel testo, viene delineato anche il «profilo ideale» di chi accompagna un giovane nel discernimento vocazionale»: «Lo sguardo amorevole, la parola amorevole; la scelta di ‘camminare accanto’; la testimonianza di autenticità, senza paura di andare contro i pregiudizi più diffusi».

«Tutta la comunità cristiana deve sentirsi responsabile del compito di educare le nuove generazioni». È quanto si legge nella parte finale del documento, in cui si auspica il «coinvolgimento dei giovani negli organismi di partecipazione delle comunità diocesane e parrocchiali, a partire dai consigli pastorali». No, quindi, «all’improvvisazione e all’incompetenza», sì invece al «compito di pensare, concretizzare, coordinare e realizzare la pastorale giovanile in modo corretto, coerente ed efficace», attraverso «una preparazione specifica e continua dei formatori». Servono «adulti degni di fede, credenti autorevoli, con una chiara identità umana, una solida appartenenza ecclesiale, una visibile qualità spirituale, una vigorosa passione educativa e una profonda capacità di discernimento». A volte, invece, «adulti impreparati e immaturi tendono ad agire in modo possessivo e manipolatorio, creando dipendenze negative, forti disagi e gravi controtestimonianze, che possono arrivare fino all’abuso». «Insostituibile» il ruolo educativo svolto dalle famiglie, «decisivo» l’incontro «con figure ministeriali capaci di mettersi autenticamente in gioco con il mondo giovanile». Senza contare i «tanti insegnanti cattolici impegnati come testimoni nelle università e nelle scuole di ogni ordine e grado».

Testo integrale del documento preparatorio