Vita Chiesa

Tardelli, da Lucca a San Miniato

di Riccardo BigiI suoi trent’anni di ordinazione sacerdotale (è prete dal 1974) li festeggerà… da vescovo. Monsignor Fausto Tardelli, vescovo eletto di San Miniato, riceve la consacrazione episcopale questa domenica, nella basilica di San Frediano a Lucca, dalle mani dell’arcivescovo di Lucca Bruno Tommasi: «Ho fortemente desiderato – spiega – che fosse il mio arcivescovo, al quale sono unito da una lunga collaborazione, a consacrarmi. E sono felice che insieme a lui ci possa essere il mio predecessore, il vescovo emerito di San Miniato Edoardo Ricci, di cui sono chiamato a raccogliere il testimone». A San Miniato, Tardelli farà il suo ingresso ufficiale il giorno di Pentecoste, domenica 30 maggio.

Quali sono le tappe del cammino che l’hanno portata a diventare vescovo?

«Lo studio, la parrocchia, il servizio alla diocesi. Dopo l’ordinazione ho passato alcuni anni a Roma, al collegio Capranica, per specializzarmi in teologia morale: rientrato in diocesi, ho insegnato prima in Seminario e poi allo Studio Teologico Interdiocesano di Camaiore, dove ancora insegno. Ho avuto impegni nella pastorale giovanile a Viareggio, poi ho svolto dei servizi in curia, dove sono stato anche Cancelliere, e in parrocchia: prima in una piccola comunità di campagna, poi a Massarosa, infine nel centro storico di Lucca. Dal 1996 al 1998 sono stato segretario del Sinodo diocesano, e nel 2001 sono stato nominato provicario generale».

Quale bagaglio si porterà dietro, nella nuova esperienza che sta per iniziare?

«Direi essenzialmente tre cose: l’attenzione alla pastorale giovanile, che mi è sempre rimasta dentro; l’amore per la gente, per il popolo di Dio nel suo vivere quotidiano; il senso della diocesi, del servizio alla Chiesa locale in tutte le sue componenti, presbiteri, laici, comunità parrocchiale, associazioni e movimenti».

Ha avuto modo di conoscere la diocesi di San Miniato? Che idea si è fatto?

«Per ora ho avuto solo qualche contatto: ho incontrato monsignor Ricci e alcuni responsabili diocesani dei vari settori della pastorale. Mi è parsa una diocesi bella, che raccoglie nel suo territorio una serie di realtà molto ricche e significative sul piano umano, culturale, lavorativo, paesaggistico; un territorio legato alle tradizioni e ai valori. Mi pare di cogliere un amore per la Chiesa che fa ben sperare, pur con tutte le difficoltà della società moderna che anche qui si fanno sentire. Mi sembra una popolazione attiva, laboriosa, partecipe».

Quali saranno le sue priorità pastorali?

«Vado a San Miniato prima di tutto per vedere, conoscere, con senso di profondo rispetto del cammino ecclesiale compiuto fino ad oggi. È importante conoscere le persone, la storia di una comunità, prima di operare scelte di qualsiasi tipo. La strada da percorrere in ogni caso non potrà che essere quella indicata dal Papa e dai vescovi italiani: la strada dell’evangelizzazione, la comunicazione del Vangelo agli uomini e alle donne di oggi. Questo comporta ovviamente anche una riqualificazione della nostra fede, un ripensamento della nostra vita per essere testimoni credibili. Dovremo porci nella dimensione della missione, per essere lievito all’interno della società».