Vita Chiesa

Vescovi toscani: da Betlemme a Nazareth per rilanciare i pellegrinaggi

I colpi ritmati dei bastoni sul selciato rimbombano fra i vicoli della Città Vecchia di Gerusalemme. Sono quelli dei due mazzieri in divisa ottomana, con tanto di scimitarra e fez, che fanno strada al turbinio marrone di un corteo di frati francescani

Dal Convento di San Salvatore la processione arriva fra due ali di folla davanti alla Basilica della Resurrezione dove sono in attesa i Superiori delle Comunità Francescana, Greco-ortodossa e Armena apostolica.

Uno dei frati avanza, la porta si apre e fra Francesco Patton, il nuovo «Custode del Monte Sion e del Santo Sepolcro», fa il suo ingresso solenne nella Basilica al canto del Te Deum.

Subito dietro di lui entra l’arcivescovo di Firenze, il cardinale Giuseppe Betori, seguito da altri nove vescovi toscani.

La loro partecipazione a questo evento non era programmata, solo per una felice coincidenza il loro pellegrinaggio speciale ha coinciso con l’insediamento del nuovo Custode di Terrasanta.

Tutto era cominciato quasi due mesi prima, a Fiesole, nel corso di una riunione convocata dai vescovi toscani e in particolare da mons. Cetoloni, vescovo di Grosseto, da sempre legato alla Terra Santa. Le cifre parlavano chiaro: nel corso del 2015 i pellegrini italiani nei luoghi di Gesù erano calati del 40% rispetto agli anni precedenti. Colpa della crisi, certamente, ma anche della paura di andare in una zona considerata a rischio. Nacque allora un coordinamento toscano per il rilancio dei pellegrinaggi con lo scopo di unire gruppi delle varie diocesi ma soprattutto per comunicare a chi era interessato che i viaggi in Terra Santa si svolgevano nella più assoluta sicurezza.

Quale modo migliore per i vescovi toscani di dimostrare che non c’erano pericoli che andarci tutti insieme? Decisero quindi di dedicare il loro incontro itinerante estivo proprio ad un pellegrinaggio in Terrasanta.

Ed eccoli entrare nella Basilica del Santo Sepolcro in un giorno di grande festa per le comunità cristiane locali. Con il cardinale Betori ci sono i vescovi di Grosseto, Rodolfo CetoloniFranco AgostinelliAntonio BuoncristianiRiccardo FontanaSimone GiustiStefano ManettiAndrea MigliavaccaGiovanni Santucci e di Volterra, Alberto Silvani.

Sempre preceduta dai due mazzieri la processione si snoda nella Basilica che con il suo tetto e le sue due cupole copre alcuni dei luoghi simbolo della cristianità.

Ecco la Pietra dell’Unzione sulla quale secondo la tradizione Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea prepararono il corpo di Gesù per la sepoltura. A pochi metri di distanza parte una stretta scala che porta al Golgota, la collinetta della crocifissione. Più avanti, sotto alla più grande delle due cupole della chiesa, c’è l’edicola del Santo Sepolcro, costruita attorno alla tomba vuota di Gesù, da sempre oggetto della venerazione da parte dei «nazareni».

Camminare in questi luoghi è un viaggio fra fede e storia che non lascia mai indifferenti. Anche per questo i vescovi toscani hanno ribadito l’importanza dei pellegrinaggi. Ma c’è un’altra ragione ancora più importante: esprimere la vicinanza alla comunità cristiana di Terra Santa in un momento tanto difficile.

I cristiani sono ormai meno del 2% della popolazione. Nei territori occupati da Israele sono rimasti non più di 48 mila su tre milioni di abitanti. Trovare un lavoro dignitoso è quasi impossibile, chi ha potuto è emigrato. Ormai ci sono più cristiani palestinesi in America Latina che nella Palestina storica.

Eppure questa piccola comunità gioca un ruolo essenziale per la pacificazione del Medio Oriente. Dei 22 ministri del governo di Abu Mazen, due sono cristiani e cinque hanno studiato in scuole cattoliche.

L’istruzione e l’assistenza sono i punti di forza della presenza cristiana in Palestina. Come l’Istituto Effetà di Betlemme che i 10 vescovi toscani hanno visitato nel corso del pellegrinaggio.

«Effetà» è una scuola per la rieducazione di bambini audiolesi, voluta da Papa Paolo VI dopo la sua visita in Terrasanta del 1964 e gestita dalle Suore Dorotee. L’istituto ha forti legami con la Toscana perché molti progetti sono finanziati dalla Fondazione Giovanni Paolo II in collaborazione con specialisti dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze.

Solo 2 sui 172 bambini ospitati sono cristiani, tutti gli altri appartengono a famiglie musulmane.

«Non ci sono mai stati problemi qui fra cristiani e musulmani», dice Suor Luigina Carpanedo che dirige l’Istituto. «Un tempo in questa zona la maggioranza degli abitanti era cristiana. Oggi siamo diventati una minoranza», continua suor Luigina, «ma per noi non cambia niente, assistiamo chi ha bisogno senza guardare alla religione».

Che i rapporti fra cristiani e mussulmani siano assolutamente tranquilli in Terra Santa lo dice anche il ministro del Turismo dell’Autorità nazionale palestinese, Rula Maaya, che i vescovi toscani hanno incontrato a Betlemme insieme a Vera Baboun, sindaco della città. Due donne, entrambe cristiane, che occupano una posizione di rilievo in una terra a grande maggioranza mussulmana.

«In tanti anni mai nessun pellegrino è stato ferito o si è trovato in pericolo in Terra Santa», osserva il ministro Maaya.

«I problemi certamente ci sono, specialmente dopo il muro costruito da Israele attorno alle zone occupate», dice il sindaco Baboun, «ma queste tensioni non riguardano i pellegrini, i luoghi sacri sono sempre raggiungibili in tutta sicurezza».

Altro incontro, questa volta di là del muro, a Gerusalemme. I dieci vescovi toscani sono stati ricevuti da Amir Halevi, il Direttore generale del ministero del turismo israeliano. Anche lui sottolinea l’assoluta sicurezza dei pellegrinaggi. È interesse di tutti che non ci siano incidenti anche perché i viaggi nei luoghi Santi assicurano una fonte di reddito per tutti, ebrei, mussulmani e cristiani. Dove non arriva la fede arriva il guadagno.

È tempo di riattraversare il muro per tornare a Betlemme. Solo un breve controllo dei documenti al check point per il nostro pullman. Ore di attesa invece per i palestinesi in possesso del permesso che non è facile da ottenere. La maggior parte dei cristiani dei territori occupati non ha mai potuto visitare il Santo Sepolcro. Paradossalmente il pellegrinaggio è più facile per un americano o un europeo che per chi vive a solo 8 chilometri di distanza.

Ed ecco il luogo dove è cominciata la storia della Cristianità: la Basilica della Natività, fatta costruire dall’imperatore Costantino nel 330 sopra alla grotta dove secondo la tradizione nacque Gesù di Nazareth. Un luogo che si è incredibilmente salvato nel corso dei secoli. Nel 614 la chiesa non fu distrutta dall’occupazione persiana solo grazie alla presenza, sulla facciata, della raffigurazione dei Magi con il costume persiano.

Anche la successiva invasione araba la risparmiò e nel tempo la costruzione è stata ampliata con nuove cappelle e monasteri.

Basta rimanere pochi minuti davanti all’ingesso per capire quante cose sono cambiate negli ultimi anni nel mondo. Oggi una delle lingue più parlate dai pellegrini è il russo ma tanti arrivano anche dall’Indonesia e dall’India. In calo invece gli europei che fino a qualche tempo fa erano la maggioranza insieme agli americani.

Il problema, dice mons. Cetoloni, è che le notizie dei nostri mezzi di comunicazione danno l’impressione che tutto il Medio Oriente, Terra Santa compresa, sia in fiamme. Spesso la gente non distingue fra fatti accaduti in Iraq, Siria o Palestina. In realtà oggi questa zona è forse più sicura dal terrorismo delle città europee.

Tanti gli incontri organizzati dall’infaticabile padre Ibrahim Faltas per i vescovi toscani che nei pochi giorni della loro permanenza in Terra Santa hanno potuto prendere contatto con personalità sia palestinesi che israeliane trovando ovunque entusiasmo nel loro progetto di rilanciare i pellegrinaggi.

I frutti degli accordi presi dovrebbero vedersi già nei prossimi mesi e soprattutto nel pellegrinaggio regionale in Terra Santa organizzato dal coordinamento toscano dal 28 dicembre al 4 gennaio per trascorrere il Capodanno a Gerusalemme.