Vita Chiesa

Viareggio, la «missione» di spiaggia

di Marco BenniciDopo Monopoli, in Puglia, e Ortona, in Abruzzo, è toccato a Viareggio. Per il terzo appuntamento di annuncio sulle spiagge d’Italia, la Gioventù Francescana nazionale ha scelto la Versilia. Sulle spiagge della darsena e della passeggiata tante maglie «azzurro cielo» hanno portato l’annuncio con la parola e con l’esempio. Un volantino la «scusa» per tentare l’aggancio. Sopra, il programma delle serate organizzate sul lungomare viareggino. Alla fine della missione il bilancio è stato più che positivo, nonostante i timori della vigilia. Sette giorni. Tanto è durata in tutto la missione. Da mercoledì 16 a martedì 22 agosto. I giorni dedicati all’annuncio quattro in tutto, contando gli arrivi e le partenza di mercoledì e martedì. Il giovedì invece una giornata speciale. Tutti i missionari si sono ritrovati al seminario di Lucca per una giornata di ritiro. Nella serata la celebrazione del «mandato» affidato ai missionari da monsignor Italo Castellani, Arcivescovo di Lucca. Il martedì invece la Messa conclusiva e i saluti. Da venerdì a lunedì le giornate di missione vera e propria. L’agenda di un «missionario» è generalmente fatta di tanti incontri, imprevisti, momenti di formazione e di condivisione. Un calendario-tipo come quello delle sane giornate estive. Mare il giorno, festa e svago la sera. Sono giornate piene, dense di senso e di significato. Se ne capisce la bellezza riguardando la sera le foto scattate durante il giorno. Nonostante il caldo, gli orari, il sonno che a volte può non mancare, l’entusiasmo è sempre alle stelle. Nei quattro giorni di missione sulle spiagge i missionari si sono divisi in equipe di lavoro. La maggior parte di queste sono state all’opera sulle spiagge di Viareggio. Alcune sui bagni del lungomare, altre sulle spiagge libere della darsena. Una equipe mobile ha invece portato la sua testimonianza in alcuni campeggi, mentre un’altra equipe ha operato all’interno del penitenziario di Lucca. Molto spazio anche alla preghiera. Una equipe si è dedicata infatti a sostenere nella preghiera l’opera degli amici in «azione» sotto il sole velato di queste giornate. Sotto gli ombrelloni o sulla spiaggia della darsena e nei campeggi i missionari avvicinano i giovani, si presentano e presentano la GiFra. Si introduco la mattina con qualche canto e un Padre Nostro e salutano il pomeriggio alla stessa maniera. Poi spazio alla fantasia, ma soprattutto al dialogo. Il programma delle serate, oltre ovviamente a costituire un’ulteriore occasione di annuncio, serve a dare supporto ai missionari. Molti invitano le persone incontrate nel pomeriggio agli appuntamenti della sera. Sul volantino che consegnano i missionari è tutto diligentemente segnato. Serate belle, certo non facili, ma ottime per dare l’annuncio di Cristo Risorto. Occasioni di festa, di riflessione e di condivisione. Un concerto di Francesco Sportelli il venerdì sera, un momento di adorazione eucaristica in piazza domenica e un incontro con don Oreste Benzi lunedì. Appuntamenti a cui non assistere da «spettatori», raccomanda Giovanni Turiano, Presidente Nazionale della Gifra Minori, ma da «inviati». L’invito è ad andare un po’ più in là rispetto al punto in cui si svolge l’evento, ad incontrare chi per timidezza o perplessità non si è ancora avvicinato.

Il sabato sera è stata introdotta una novità rispetto alle passate edizioni della missione. Le varie equipe hanno passato la notte in pub e discoteche. Tutti in maglia nera con lo stesso slogan del pomeriggio, «Annuncia la Parola». Dopo le celebrazione della Messa hanno raggiunto i loro coetanei nei luoghi del divertimento versiliano. «È tutta da inventare la serata di sabato», ha detto Giovanni Turiano alla partenza della missione. Adesso, a conti fatti, non ne è assolutamente pentito. Nelle discoteche due equipe sono state fatte entrare liberamente. Una di esse è riuscita addirittura ad andare in pista a dare l’annuncio della sua presenza.

Sette giorni è durata in tutto la missione. Forse pochi. Di sicuro sette giorni intensi, in cui non ci si è mai risparmiati. A Viareggio adesso al Convento Sant’Antonio rimangono tante stanze vuote dopo questa missione. Alcuni ragazzi vorrebbero prendere il «testimone». Potrebbe nascere una nuova fraternità GiFra in Toscana. Sono alcuni dei frutti di sette giorni passati ad annunciare la Parola.

Le testimonianze dei missionari«Per una volta solo due ore di treno, dalla Liguria…». Arrivano da tutta Italia. In massa dal Sud, solo due dal Piemonte. Mancano Lazio e Lombardia, le regioni che hanno aderito alla GiFra Unitaria. «Partiti la sera di Ferragosto, non pensavamo di avere davanti 15 ore di viaggio prima di arrivare a Viareggio, sede della missione nazionale che per molti di noi rappresenta la prima esperienza. Tutti assonnati, affamati e rannicchiati nelle nostre posizioni scoliotiche multiple, alle prime luci dell’alba abbiamo cominciato a renderci conto di quello che avremmo vissuto da lì a poco». Quindici ore di viaggio, tanto dista Viareggio dalla Sicilia. Tra tutti questi ragazzi c’è un minimo comune denominatore. «L’arrivo degli altri missionari ha fatto sì che la nostra tensione fosse attenuata dal grande senso di fraternità che si cominciava a respirare. Sorrisi, sguardi, persone, e soprattutto fratelli re-incontrati in questa occasione così speciale».

«Eravamo un fiume di 350 persone davanti a quella che ormai è diventata la “nostra” chiesa, S. Antonio…da lì siamo partiti, armati di megafoni, tanta voce e un immenso entusiasmo, pronti per invadere le strade di questa Viareggio». Laura è partita dal Piemonte con Lorena, forse un perplessa all’inizio, «ma la cosa più straordinaria è stata vederci uno, una sola voce, un solo battere di mani, un solo sorriso profuso a tutti coloro che, straniti e un po’ perplessi, ci vedevano arrivare. Sì, perché siamo 350 e proveniamo da tutta Italia; molti di noi conoscevano solo i compagni della propria regione fino due giorni prima…eppure i momenti insieme di fronte al Nostro Padre ci hanno fatti scoprire davvero fratelli, compagni di questa avventura che ci ha chiamati fino qui».