Vita Chiesa

Voglia di comunione tra diocesi e vita consacrata

di Riccardo BigiUn incontro per superare gli steccati che dividono la Chiesa e che vedono, da un lato, le diocesi con il loro clero, i vescovi, i laici; dall’altro lato le congregazioni e gli istituti religiosi impegnati nella preghiera, in attività di servizio e di apostolato che sono importantissime ma non sempre in piena sintonia con la pastorale diocesana. Lunedì scorso a Villa Agape, sulle colline fiorentine, i rappresentanti degli istituti religiosi maschili e femminili e degli istituti secolari della Toscana si sono incontrati con i rappresentanti del clero toscano e con tre vescovi: l’arcivescovo di Firenze Ennio Antonelli, il vescovo di Montepulciano Rodolfo Cetoloni e l’abate di Monteoliveto Maggiore Michelangelo Tiribilli. Obiettivo dell’incontro, proprio quello di far nascere una mentalità nuova, un maggiore spirito di comunione tra vita consacrata e chiese locali. Da parte loro i religiosi e le religiose chiedono alle diocesi più attenzione, chiedono di diventare soggetto attivo nella pastorale e non solo «forza di supplenza» a cui si ricorre quando si devono risolvere emergenze e carenze del clero diocesano. Le comunità religiose, ha spiegato madre Daniela Capaccioli, vivono un momento difficile che può essere fecondo: hanno però bisogno di aiuto e di incoraggiamento per vivere bene questa fase di trasformazione, anziché subirla. La diminuzione numerica, l’apporto consistente di suore straniere (il 90% delle religiose sotto i trent’anni presenti in Toscana proviene dall’estero), la fatica sempre maggiore a gestire servizi educativi o assistenziali porta a rivedere una presenza che, scendendo quantitativamente, va però crescendo qualitativamente. I religiosi, aggiunge l’abate di Vallombrosa Lorenzo Russo, chiedono di essere coinvolti a livello di programmazione pastorale e non dopo, a cose fatte. Un aspetto particolare poi è quello vocazionale: «Siamo sulla stessa barca – dice l’abate Russo – non dobbiamo sentirci in concorrenza ma promuovere azioni comuni». Una realtà particolare è quella dei laici consacrati: sono 557 in Toscana, appartenenti a 21 istituti secolari. Una realtà recente (riconosciuta ufficialmente solo dal 1947) ma in crescita. «Il nostro specifico – spiega la coordinatrice regionale Piera Grilli – è quello di vivere la nostra consacrazione nel mondo: la nostra spiritualità è quella dell’essere lievito in mezzo agli uomini, una spiritualità estremamente attuale. Alle diocesi chiediamo di essere ricordati nelle iniziative vocazionali, di poter incontrare sacerdoti e seminaristi perché la nostra realtà sia conosciuta da tutta la Chiesa».

Le diocesi, a loro volta, chiedono ai consacrati di essere più disponibili a lasciarsi coinvolgere nella vita ecclesiale, ad adeguare i loro ritmi e le loro scelte ai tempi e alle priorità della comunità diocesana. I preti, ha sottolineato don Adriano Moro, guardano con interesse sempre maggiore alle comunità religiose come a un modello di vita: ad esse si ispirano le esperienze di piccole comunità sacerdotali che si stanno diffondendo. Il clero diocesano sente spesso il peso dell’isolamento, della solitudine: gli istituti religiosi presenti sul suo territorio possono offrirgli il calore di una comunità, a partire dai gesti più semplici della vita quotidiana.