Arte & Mostre

La Pietà di Marcialla «ricalcata» dal bozzetto di Michelangelo

Fari e obiettivi puntati sui tesori di campagna e sull’arte italiana dei piccoli centri. Un fascio di raggi ad infrarossi si accende e rivela aspetti inediti della storia della Pietà di Marcialla. L’indagine, condotta questa mattina dalla diagnosta Emanuela Massa del laboratorio di restauro Art Test di Firenze, svela nuovi interessanti elementi utili alla ricerca scientifica e allo studio del dipinto murale situato nella Chiesa di Santa Maria a Marcialla. L’esistenza di un disegno e di una struttura unitaria, incisa, dipinta, corretta a più riprese nel corso dei secoli, tra il quindicesimo e il sedicesimo secolo, da autori diversi. Per l’esperto americano di fama internazionale Robert Schoen, specializzato nello studio di Michelangelo, l’avvio dell’attività diagnostica conferma l’ipotesi della paternità michelangiolesca. La creazione del cartoon è opera del giovane Michelangelo che tra il 1492 e il 1495 alloggiava nel convento dei frati agostiniani, dove ora è situata la chiesa di Marcialla. Il disegno originale ha ispirato l’intervento del coetaneo Sebastiano Mainardi (San Gimignano, 1460 – Firenze, 1513), genero di Domenico Ghirlandaio, e dopo circa sessant’anni quello di Tommaso Stefano Di Lunetti (Firenze 1490-1564).

«Senza dubbio c’è la mano di Michelangelo in questo affresco – commenta Robert Schoen – un tesoro che racconta la storia del territorio e il grande valore del patrimonio culturale italiano, la Pietà marciallina esprime l’anima del genio toscano nella bellezza, nell’armonia e nell’impianto compositivo ricalcato da più artisti in fasi e anni successivi». E’ tornato tra le colline della Valdelsa per osservare la Pietà sulla quale il Comune di Barberino Val d’Elsa, in collaborazione con Lions Barberino Montelibertas ha avviato una campagna di ricerche che per la prima volta si propone di indagare sull’identità degli autori, sulle tecniche e sulle fasi di lavorazione dell’opera, con il supporto delle strumentazioni scientifiche ad infrarossi e di un percorso di osservazioni a luce radente . «E’ la filosofia visuale di Michelangelo che da forma all’opera e ne attesta la paternità, la struttura piramidale, semplice, armoniosa – continua – contiene una metafora spirituale e religiosa, è il punto di vista del grande artista in cui i peccatori, interpretati dai due ladroni, appaiono sotto il profilo espressivo come santi e condividono l’esperienza di Cristo che lascia le vesti umane per assumere quelle divine. In questo dipinto c’è l’idea di Michelangelo sulla profondità della condizione umana, un’analisi introspettiva e trascendentale che si riscontra in ogni altra sua opera. Nel ladrone cattivo situato a destra ravviso un autoritratto di Michelangelo, un riflesso dell’artista invecchiato».

Altro aspetto è il tratto del gesso, la campitura e le tonalità cromatiche fredde che a Robert Schoen ricordano il lavoro svolto da Michelangelo all’interno della Cappella Sistina. Sulle mani altre rispetto a quella di Michelangelo si profila l’ipotesi di una successione non consecutiva di autori che hanno lavorato al dipinto a distanza di anni l’uno dall’altro. E’ l’impressione espressa dalla restauratrice diagnosta Emanuela Massa. «La prima ispezione – ha precisato – ha evidenziato le incisioni dovute al riporto dal cartone, ci sono parti del dipinto realizzate a secco, il fondale e sezioni del disegno sono stati creati in momenti diversi, ci sono ripensamenti e spostamenti su alcune parti del dipinto. Tutto questo sta a significare che il dipinto è stato attenzionato nel corso dei secoli e la tradizione orale che ce lo porta fino ai nostri giorni attesta l’importanza dell’opera sulla quale la scienza può intervenire per ricostruirne la storia. «Sosteniamo questo percorso come amministrazione comunale – aggiunge il sindaco Giacomo Trentanovi – continueremo ad indagare utilizzando tecniche di analisi ad immagine che permetteranno di valutare la stratigrafia della pittura, e andare ancora più a fondo sull’idea progettuale e consentire una visione dello stato conservativo in cui versa l’opera. Un dipinto che fa sentire casa anche per la presenza delle tre torri, forse San Gimignano, che si scorgono in lontananza tra la testa della Madonna e il buon ladrone. Lo considero un invito ad approfondire la conoscenza di quest’opera in una terra che ha dato i natali ad alcuni dei più grandi artisti dell’arte mondiale. Dai piccoli borghi, come il nostro, affiorano i gioielli del patrimonio culturale italiano».