Arte & Mostre

Massa, tesori di fede nel palazzo dei Cybo

di Giorgio CristalliniSaranno in molti il prossimo venerdì ad esprimere il loro stupore e la loro emozione assistendo all’inaugurazione del museo diocesano di Massa Carrara-Pontremoli. Sono trascorsi quasi otto anni da quando, terminato il restauro del palazzo, sono iniziati i lavori per l’allestimento del museo fortemente voluto da monsignor Eugenio Binini che ha destinato a tale scopo parte del Palazzo vescovile che Alberico I Cybo Malaspina, tra il 1500 e il 1600, fece erigere proprio nel cuore della città di Massa. Alla prima sezione del museo di arte sacra è stato riservato il «piano nobile» del palazzo che la duchessa Maria Beatrice D’Este donò, quale residenza episcopale, al primo vescovo, Francesco Maria Zoppi, nel momento in cui – era l’anno 1822 – venne eretta a diocesi la città di Massa, fino a quel momento sottoposta all’antica diocesi di Luni-Sarzana.Una sede stupenda, abitata negli anni dai primi dieci vescovi, degna di accogliere nelle proprie sale alcune delle opere più significative del ricco patrimonio artistico-religioso che testimonia la fede, la cultura la devozione popolare della gente apuana. Proprio la consapevolezza della presenza di queste preziose e insostituibili testimonianze ha suggerito dapprima la costituzione di un ufficio dei beni culturali, quindi la catalogazione, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni artistici e storici che si era fatta promotrice, di tutte le opere, gran parte delle quali rischiavano il completo degrado o addirittura di andare perdute. Oggi, una parte di queste testimonianze del passato rivivono anche nel museo diocesano di Massa e sono opere di immenso pregio che meritavano una collocazione di alto prestigio per essere valorizzate.

Al nucleo originario delle pitture, delle sculture, degli arredi sacri appartenenti in gran parte alla Cattedrale, si sono aggiunti in questi ultimi anni altri «pezzi» di valore provenienti da vari luoghi di culto ormai abbandonati a rischio di deperimento e di furto a seguito del degrado del territorio, dell’impoverimento culturale delle aree della campagna e della periferia.

Al momento sono tre le sale, delle sette a disposizione, che accoglieranno le opere, ordinate da Severina Russo della Soprintendenza ai beni artistici e storici di Pisa nonché da Barbara Sisti ed Elena Scaravella dell’ufficio diocesano per l’arte sacra secondo un criterio tematico.

Una collezione unica per importanza e ricchezza. Tutto l’impegnativo lavoro è stato reso possibile grazie alla piena disponibilità di don Luca Franceschini, attuale parroco della Cattedrale e grazie al contributo della Provincia di Massa Carrara e della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara.

Il tesoro della Cattedrale raccoglie oggi i corredi dell’antica Pieve di San Pietro in Bagnara, distrutta nel 1807 per volere di Elisa Baciocchi e della chiesa e del convento di San Francesco che dopo la soppressione della Pieve ne acquisì il titolo oltre a molte opere d’arte.Attraverso queste opere, che saranno esposte nelle prime due sale del museo, accompagnate da un esauriente apparato didascalico e didattico, si potrà leggere la complessa storia di queste due chiese. Nella sala dedicata alla Pieve di San Pietro, che sorgeva nell’attuale Piazza Aranci, sarà esposto il trittico di Bernardino del Castelletto che è stato recentemente restaurato a cura della Soprintendenza dal laboratorio «Lo Scoiattolo» di Lucca.

Il pezzo più pregiato rimane naturalmente proprio il trittico che risale all’ultimo quarto del quindicesimo secolo anche se, per quantità e qualità l’intero «tesoro della Cattedrale» non è da meno comprendendo oggetti legati alla storia più recente della chiesa, ma anche alle testimonianze della storia precedente con i corredi di opere di alto valore che erano dovute alla committenza della famiglia Cybo.

Quello che si prefigge il museo è un compito assai impegnativo dal momento che viene in aiuto delle comunità parrocchiali perché possano riconoscere e valorizzare alcune tra le più belle ed importanti attestazioni di fede del loro passato. Sarà possibile ripercorrere le tappe principali della storia della diocesi attraverso le opere raccolte. Nel territorio apuano ce ne sono molte, «disseminate» nei luoghi più impensati che attendono di essere restaurate e valorizzate. Anche queste, se non verranno a mancare i necessari contributi, saranno quanto prima raccolte nel museo che costituirà un motivo di richiamo non solo per la gente della provincia apuana, ma anche per i turisti che nel periodo estivo affollano la riviera.

La cerimonia della inaugurazione avrà luogo venerdì 21 marzo prossimo alle ore 16.30. Nel quadro dei «Colloqui davanti alla Madre» – incontri –conversazioni di fronte alle grandi immagini della devozione mariana in Toscana, patrocinati dalla Conferenza Episcopale Italiana, dalla Regione, e da «Memoria Ecclesiae», la dottoressa Severina Russo approfondirà il discorso artistico sul trittico di Bernardino del Castelletto, mentre monsignor Giuseppe Taliercio svilupperà la conversazione con un «taglio» religioso. Alle ore 18, infine, è prevista l’apertura della prima sezione del Museo.

Il bel «trittico» di BernardinoMa chi è Bernardino del Castelletto? A parlare del grande artista è Barbara Sisti da anni impegnata presso l’Ufficio per l’arte sacra e i beni culturali della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli.

Si tratta di un pittore di origine lombarda, attivo per circa trent’anni nella Toscana Nord Occidentale, in località della Garfagnana, della Versilia, della Lucchesia e nelle città di Carrara e Massa dove risiede almeno a partire dal 1481.

Perché proprio a Massa?

«Il motivo principale per cui Bernardino è giunto nel capoluogo apuano va ricercato nei continui rapporti tra i Marchesi Malaspina Jacopo e Taddea con la corte milanese».

Com’è che il «Trittico» è stato attribuito a Bernardino del Castelletto?

«La “Sacra Conversazione”, firmata e datata 1490, conservata a Pomezzana in Versilia, ha rappresentato il punto di partenza per confrontare stilisticamente le altre opere e ipotizzare l’attribuzione a Bernardino. Proprio per il “trittico” che sarà conservato al museo, la strada che ha condotto all’identificazione certa è stata lunga e faticosa. Per molti anni, infatti, gli storici hanno attribuito il dipinto a Filippo Lippi o più genericamente all’ambiente toscano. Finalmente, grazie a studi recenti si è potuto definitivamente ricondurre il “trittico” alla figura di Bernardino Del Castelletto, dopo un confronto anche con altre opere conservate a Vallico e a San Pietro in Vico, anch’esse recentemente attribuite al maestro lombardo. Certamente, il “trittico” che figurerà nel museo diocesano è una delle opere più interessanti tra quelle del “Nostro”. Di particolare pregio la composizione a tre scomparti in cui sono raffigurati la Madonna con Bambino e i Santi Pietro, Paolo, Giovanni Battista e Nicola, che, purtroppo, è giunta a noi “mutila” di numerose parti di “contorno” quali la predella, i laterali e le cuspidi superiori. Nonostante queste mancanze, l’opera conserva intatto tutto il suo fascino. Il naturalismo toccante dei volti, la vivacità della gamma cromatica, l’equilibrata disposizione delle figure nella composizione, la preziosa cornice in oro, sono tutte particolarità che oggi, dopo il sapiente restauro, potranno finalmente essere godute appieno».

Le parti mancanti sono andate completamente perdute?«Purtroppo, ad oggi le uniche parti conosciute sono state rintracciate in musei stranieri. Si tratta di piccoli frammenti che facevano parte, come già detto, della struttura di “contorno” dell’intera opera. Nonostante ci si debba ancora una volta rammaricare per le “mutilazioni” subìte, è comunque importante poter finalmente restituire all’ammirazione di un vasto pubblico un dipinto così splendido».

Oltre al «trittico» esiste a Massa un’altra opera del Castelletto?

«Sì. Esiste la “Sacra conversazione” (Madonna con bambino e i Santi), già del convento di Santa Elisabetta, che troverà, quanto prima, degna collocazione nel museo diocesano».