Cultura & Società

ARTE, LEON BATTISTA ALBERTI AUTORE DELLA «CITTA’ IDEALE»? IPOTESI DA DISEGNO INEDITO IN MOSTRA A FIRENZE

Potrebbe esserci la mano di Leon Battista Alberti e non di Piero della Francesca, come comunemente ritenuto, dietro La Città Ideale, il celebre e misterioso dipinto quattrocentesco, simbolo universalmente noto del classicismo e della perfezione formale raggiunta dall’architettura e dall’urbanistica rinascimentale. Lo proverebbe un inedito e altrettanto misterioso disegno (2,35 metri x 68 centimetri circa) nascosto sotto la superficie pittorica, che è stato individuato grazie ai più moderni strumenti diagnostici, tra cui radiografia e riflettografia. La sua immagine sarà esposta per la prima volta, per di più a fianco del dipinto originale, nella grande mostra che si svolgerà a Palazzo Strozzi dall’11 marzo al 23 luglio per iniziativa dell’Ente Cassa di Risparmio in occasione dei 600 anni dalla nascita del celebre fiorentino: “L’uomo del Rinascimento. Leon Battista Alberti e le Arti a Firenze tra Ragione e Bellezza” (www.albertiefirenze.it).

La qualità è stupefacente e, secondo gli esperti che lo hanno esaminato, ha la assoluta particolarità di essere identico al dipinto in tutti i dettagli. Un rarissimo caso di fotocopia monocroma, lo definisce in una nota l’esperto internazionale di diagnostica che ha condotto le analisi, Maurizio Seracini, autore, tra l’altro, della ricerca dei perduti affreschi di Leonardo e Michelangelo raffiguranti “La battaglia di Anghiari” nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio.

“Anche maestri della prospettiva come Piero della Francesca – osserva lo studioso – non ricorrevano a simili artifici, bensì preparavano tavole e tele limitandosi a poche linee guida, ad accenni di costruzione geometrica. Il resto era affidato all’abilità del pennello”.

Nel darne oggi notizia, Gabriele Morolli, docente di Storia dell’architettura all’Università di Firenze, tra i massimi conoscitori di Alberti e curatore con Cristina Acidini (soprintendente dell’Opificio delle Pietre Dure) della mostra, sostiene la tesi che a realizzare il disegno sia stato Alberti in persona. “Le sue teorie – spiega – hanno influenzato molti dei massimi artisti dell’epoca, tra cui Piero della Francesca, al quale La Città Ideale è di solito attribuita. Ma in questo caso si va ben oltre la paternità mentale. Il disegno prefigura alla perfezione forme, volumi e prospettiva dell’intera rappresentazione rivelando l’opera non di un pittore, ma di un architetto come Alberti, che secondo Vasari era bravissimo a disegnare prospettive di città ‘senza le figure'”.

“Gli edifici rappresentati – aggiunge Morolli – non solo sono fedeli trascrizioni di architettura descritte nel trattato albertiano De Re Aedificatoria, ma citano anche note opere di Alberti, in particolare Palazzo Rucellai e la facciata di Santa Maria Novella a Firenze, il tempio Malatestiano a Rimini. Niente ci proibisce dunque di pensare che Alberti abbia realizzato il disegno da par suo e che, poi, altri lo abbiano colorato”. E’ inoltre noto che, oltre altre alla tavola in questione, custodita nel Museo Nazionale delle Marche ad Urbino, esistono altre due Città ideali conservate a Berlino e a Baltimora, raffiguranti analoghe scene urbane, realizzate in apparenza secondo una stessa concezione e forse da una stessa mano.

Per Morolli il palinsesto grafico alla base del dipinto di Urbino risalirebbe alla meta del Quattrocento e potrebbe essere stato concepito nell’ambito dei grandi progetti di papa Niccolò V (di cui Alberti fu consigliere e al quale donò la prima copia del De Re Aedificatoria) per rinnovare Roma e restaurare le antichità in vista del Giubileo del 1450. E questa sua ipotesi trova conforto nei soggetti delle altre due Città ideali. Quella di Baltimora raffigurerebbe, dunque, non un generico foro, bensì proprio il Foro Romano con tanto di Colosseo e Arco di Costantino accanto a edifici moderni: il grande tempio ottagonale fasciato di marmi bianchi e verdi come la facciata di Santa Maria Novella, i tanti palazzi all’antica che sembrano copie o sviluppi di Palazzo Rucellai. Quella di Berlino raffigurerebbe invece la grande strada urbana che doveva mettere in comunicazione il Vaticano con l’approdo sul Tevere presso Castel Sant’Angelo (come l’attuale Via della Conciliazione) per favorire l’afflusso dei pellegrini. Quella di Urbino, infine, sarebbe l’immagine della Piazza vaticana circondata da modernissimi palazzi cardinalizi e con al centro il tempio rotondo del nuovo San Pietro. Seracini vorrebbe ora analizzare con i suoi strumenti anche le altre due Città ideali nella convinzione che nascondano anch’esse un disegno. (ANSA).