Cultura & Società

Bagnate, asciutte ovvero balie

Si intitola «Balie di Toscana nel mondo» ed è la mostra allestita all’Istituto degli Innocenti a Firenze (piazza SS. Annunziata) dal 29 novembre al 15 dicembre (orario continuato tutti i giorni dalle 10 alle 17, ingresso libero). La rassegna, inserita nell’ambito della Festa della Toscana, è curata da Adriana Dadà e Alessandra Borsetti Venier e, per gli Innocenti, da Lucia Sandri. L’esposizione, allestita nel Salone delle Compagnie (Cripta della chiesa dei Santi Innocenti) propone materiali frutto della ricerca storica e iconografica (montati su 42 pannelli), ma anche mobili, arredi, oggetti d’epoca provenienti da archivi e collezioni pubbliche e private, proiezioni di documenti e foto d’epoca, diffusione di brani musicali e un’installazione d’arte contemporanea. Accompagna la mostra il catalogo «Balie da latte. Il mercato del latte fra istituzioni e privati in Toscana tra 800 e 900» di Adriana Dadà (Morgana edizioni).

DI LUCIA SANDRIPrima dell’avvento dell’allattamento artificiale, l’allevamento dei neonati ha rappresentato un problema cruciale per le coppie di ogni epoca e di ogni ceto. In Toscana ancora nella prima metà del XX secolo le famiglie più abbienti inviavano, senza motivo e secondo una consuetudine secolare, i propri figli a balia. Tra la povera gente, invece, la mancanza o la scarsità di latte della madre bastava a determinare la morte o l’abbandono dei bambini alle istituzioni assistenziali. In ogni epoca e in ogni civiltà i bambini sono stati abbandonati; tuttavia, se si pensa all’importanza del latte materno per la sopravvivenza dei neonati, ogni altra motivazione apportata a giustificazione del loro abbandono (povertà, onore, morte dei genitori) risulta di secondo piano.

Bambini abbandonati da una parte e rampolli dell’aristocrazia mercantile dall’altra contribuivano ad alimentare un mercato del latte che vedeva le balie riferirsi ora all’offerta dei privati, ora all’offerta degli ospedali. Quest’ultimi, presenti per tradizione secolare in ognuna delle principali città della regione, erano attrezzati, già dal tardo Medioevo, nell’allattamento e allevamento dei trovatelli. Gli ospedali toscani si rimettevano a due diverse categorie di balie: le balie interne (dette «di casa») e le balie esterne, mogli di lavoratori agricoli, braccianti e mezzadri, spesso a contratto sulle proprietà dei medesimi ospedali.

Le aree geografiche di provenienza delle balie, sia interne che esterne, coincidevano a disegnare, nel corso dei secoli, una Toscana economicamente povera, quella delle montagne, delle pianure, interessate dalla piccola proprietà contadina e dalla mezzadria. A Firenze, come a Siena, Arezzo, Pistoia, Prato, Pisa e Lucca, le balie interne erano rappresentate da madri nubili, provenienti da località diverse da quella nella quale sorgeva l’istituzione ospedaliera che le avrebbe accolte. Salari inferiori e motivi di onorabilità rendevano inoltre gli ospedali contraenti poco desiderati dalle giovani regolarmente sposate.

A Firenze, tale prassi si instaura in modo sistematico a partire dalla fine del ‘600, con l’accoglimento di madri e figli nell’ospedale degli Innocenti. A partire dalla fine del ‘700 le madri nubili, opportunamente remunerate ma intenzionate a lasciare il proprio figlio nel brefotrofio, dovevano assolvere ad almeno un anno di «baliatico», di allattamento cioè dei piccoli abbandonati. Nel corso dei secoli successivi si perfeziona la normativa di accoglimento delle ragazze madri e si definiscono due aree regionali, gravitanti una sull’ospedale degli Innocenti di Firenze e l’altra sul Santa Maria della Scala di Siena. Nel ‘900 la vicenda delle madri nubili si conclude nell’inaugurazione di una nuova stagione assistenziale che vede le donne passare ancora al servizio di baliatico dell’ospedale ma in vista del riconoscimento del proprio figlio.

Nell’ambito del mercato privato le balie toscane, richieste per competenza, accuratezza e proprietà di linguaggio, avevano finito per alimentare persino l’emigrazione femminile. Posizionate, per qualifica e remunerazione, vari gradini sopra alle serve, le donne partivano «bagnate» per rimanere poi accanto ai bambini loro affidati come balie «asciutte», le «tate», appunto, ricordate con affetto anche da adulti. È così che nel ‘900, e sino a tutta la prima metà del secolo, le giovani donne che avevano partorito da poco lasciavano i propri figli a casa, affidati alla cura di altre donne, per offrire il proprio latte ai figli dei signori di città. In cambio sollevavano la famiglia dalla miseria ma perdevano segmenti importanti dell’infanzia dei propri figli, un rammarico che traspare dal materiale documentario e dalle lettere recuperate.