Cultura & Società

Bibiana, la Santa della fede semplice

di Carlo LapucciBibiana, Vibiana, Viviana, Bibbiana, Vivian è la Santa nella quale la leggenda e la storia si confondono: pare che sia stata una fanciulla di nobile famiglia cristiana, martirizzata sotto Giuliano l’Apostata (361-363). Non mancano attestazioni per considerarla una figura storica, ma dai Santi si chiede di più e la recente riforma liturgica l’ha tolta dal calendario ufficiale.

Il documento fondamentale riguardante Bibiana si trova nel Liber pontificalis, nella vita di S. Simplicio (468-483, il solo papa a portare questo nome) dove si dice che questi dedicò nel 470 una basilica nella città di Roma alla beata martire Bibiana e vi depose il suo corpo. Questa chiesa si trova entrando nel centro di Roma per la via della Porta Maggiore e fu eretta, come vuole la tradizione, dalla matrona romana Olimpia subito dopo la morte della Santa, nel luogo che era chiamato ad Ursum Pileatum, vicino al palazzo di Licinio.

La passio del VI secolo non è molto attendibile contenendo molte cose irreali, ma la chiesa a lei dedicata sull’Esquilino c’è ancora, rifatta nel 1626 dal Bernini, al quale è dovuta anche la splendida statua che vi si conserva. Nel secolo IX ancora parla di lei il Martirologio di Adone.

Il suo culto si diffuse soprattutto in Italia, in Germania e in Spagna, con numerose chiese a lei dedicate, soprattutto dopo il XVI secolo, quando riprese il culto dei Santi. La sua festa che cade il 2 di dicembre è attestata a Roma fino dal V secolo, vale a dire a pochi anni dalla morte, quando potevano essere ancora vive memorie personali.

La leggendaLe fasi della persecuzione e del martirio si ripetono quasi con monotonia nella passione dei primi Santi del Cristianesimo del periodo imperiale e per quanto riguarda Bibiana la regola non cambia. Si presenta una fanciulla giovanissima, felice tra i genitori e nella famiglia, che i tempi di persecuzione coinvolgono e poi travolgono nella rovina dei suoi cari. La ragazza evidentemente si presenta con una sensibilità particolare, capace di cogliere l’insufficienza e la sterilità della vecchia religione pagana, per cui segue con entusiasmo la parola del Vangelo, regolando la sua vita sull’impegno umano e sui valori religiosi. Questa è la prima parte della storia di Bibiana come di tante altre Sante del suo tempo. È al momento nel quale si fa dura la lotta e spietata la volontà di piegarla alla vecchia legge che si desta nella donna un’energia insospettata, una forza invincibile, una maturità segretamente già raggiunta: elementi che, uniti alla giovinezza, alla sua innocenza e al suo incanto, rendono la figura radiosa, esemplare e di grande fascino.Difficile è rintracciare un tratto sicuro nella sua passio, tante sono state le pie aggiunte, le devote fantasie impossibili che la riempiono e che ne hanno fatto una narrazione ammirata e letta a lungo in tutta l’Europa. Vissuta probabilmente al tempo di Giuliano l’Apostata, vide da questo imperatore perseguitati a morte i suoi genitori: il prefetto Flaviano (Fausto secondo altre tradizioni) venne esiliato e poco dopo morì; la madre Dafrosa fu chiusa in carcere venendo in poco tempo a morte. Non passò molto tempo che la stessa fine toccò anche alla sorella Demetria, che condannata al carcere duro, morì di stenti e di consunzione.Bibiana, risparmiata per la giovane età, sopravvisse, ma fattisi certezza i sospetti sulla sua inflessibile volontà di rimanere cristiana, fu affidata al governatore Aproniano che decise di sopprimerla per impadronirsi del consistente patrimonio della famiglia, spettante secondo la legge a chi riceveva danno da uno che esercitasse magia o male arti.

Aproniano infatti era ancor più invelenito nella persecuzione per il fatto che aveva perduto un occhio ed era convinto che ciò fosse dovuto ai malefici dei cristiani. Riservò quindi a Bibiana, giovanissima un trattamento particolarmente crudele. Viste vane tutte le minacce per farla abiurare, la consegnò a una sordida mezzana perché l’avviasse sulla strada del vizio, ma la fanciulla uscì indenne da ogni tentazione e da ogni luogo di perdizione dove la condusse la sua aguzzina. Aproniano tornò allora alle minacce e alle torture, ma sempre inutilmente. Allora dette ordine che fosse flagellata fino alla morte. Legata a una colonna, Bibiana subì le percosse per ben quattro giorni, in capo ai quali morì.

Il suo corpo, ormai sfigurato, per maggiore infamia non venne sepolto, ma gettato in una discarica dove andavano a cibarsi cani e animali randagi. Ma fu proprio un cane che segnalò a una pia donna la presenza delle spoglie della martire. Queste vennero raccolte e sepolte dalla donna cristiana presso le tombe della madre e della sorella nel luogo dove era il palazzo del padre.

Il simbolo e l’esempioDi Bibiana non restano grandi gesti, parole famose, miracoli strepitosi che ne facciano una figura particolarmente adatta per predicatori, immagini devote, leggende. Forse non aveva neppure l’età per contrapporsi con le parole, la controversia: solo una grande fede semplice. Si sa di lei che scivolò via da luoghi infami senza riportarne alcuna macchia e allo stesso modo resistette alla torture opponendo ai carnefici la pazienza e il silenzio. È per questo che forse la passio ha dovuto esagerare nei particolari e nei riempitivi. La caratteristica rimasta sovente nell’iconografia è l’anima che esce dal suo corpo martoriato in forma di colomba e vola dritta verso il cielo: l’innocenza non fa scandali, non fa strepito e non raduna folle entusiaste. Bibiana nell’arteNon vi è nell’arte antica un appiglio di nessun genere, come invece accadde per Santa Cecilia, al quale possa rifarsi l’iconografia della Santa, per cui si tratta di raffigurazioni di fantasia, interpretazioni di una personalità che abbiamo visto già piuttosto evanescente. Le rovine della chiesa fatta costruire sull’Esquilino da Papa Simplicio richiesero la ricostruzione che venne ordinata da Urbano VIII ed eseguita dal Bernini nel 1626. Tutto questo s’inquadra nella tendenza alla valorizzazione dei Santi locali, e alla ripresa dei loro culti, che sulla fine del Cinquecento e l’inizio del secolo successivo, interpretano la nuova spiritualità derivata dal Concilio di Trento.Nel tempio romano è conservata anche la colonna, a sinistra dell’ingresso, alla quale la Santa fu legata e morì sotto la fustigazione. Questa fu oggetto di una pratica devota pressoché superstiziosa: veniva grattata dai fedeli per ricavarci polvere, che veniva sciolta nell’acqua e bevuta, nella convinzione che fosse capace di guarire ogni male.Del Bernini è anche la celebre statua di Santa Bibiana che si trova sull’altare: un’opera giovanile (l’artista era sulla trentina) ma di grande bellezza che ha improntato tutta l’iconografia successiva che si è diffusa con la stampa. Bibiana sta accanto alla colonna con gli occhi rivolti al cielo, quasi emergendo dalla veste fluttuante, come l’anima che esca dal corpo materiale; con la mano destra cerca di allontanare il mondo circostante, come se la distogliesse dalla sua visione celeste, nella quale è ormai tutta rapita.Per dire come lo zelo possa guastare anche un capolavoro di questo livello vale la pena riferire un particolare curioso. Siccome Bibiana tiene nella mano sinistra la palma, simbolo del martirio, e somigliando questa vagamente ad un fascio di verghe, i ciceroni della vecchia Roma avevano preso l’abitudine di riferire che, per somma e raffinata crudeltà, prima della fustigazione, Bibiana era stata costretta ad andare a cercarsi le verghe che dovevano servire al supplizio. I devoti arrivano talvolta più lontano dei carnefici.

Pietro da Cortona affrescò nella navata sinistra alcuni episodi del martirio: il rifiuto di sacrificare agli idoli, la flagellazione, il ritrovamento del corpo da parte di un cane. Sulla destra di trovano altre storie della Santa dipinte da Agostino Ciampelli.

Di Bibiana era devoto in particolare il mondo della campagna, ritenendola una specie di tutrice alle porte dell’inverno contro i danni del freddo e di ogni malanno dovuto al clima e alle intemperie. Le sue immagini devote a stampa sono numerosissime, tanto che anche Jaques Callot la inserì nella sua serie di immagini devote.

I proverbiSanta Bibiana ha goduto di una continua venerazione dai primi secoli cristiani ai nostri giorni. I proverbi che la riguardano sono soprattutto legati al giorno della sua festa (2 dicembre) e alla pioggia, ma hanno larghissima diffusione. È il primo segno calendariale che si presenta all’affacciarsi dell’inverno per le previsioni del tempo, dando un pronostico che arriva fino al 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate, considerato il cuore del freddo invernale: S. Antonio dalla gran freddura. Gli altri lunghi pronostici vengono presi per la Conversione di S. Paolo (25 gennaio): San Paolo chiaro e la Ceriola scura, dell’inverno non si ha più paura. Poi per la Candelora. Se piove per Santa Bibianapiove quaranta dì e una settimana.

Santa Bibiana è il 2 dicembre. Come molti altri proverbi anche questo prevede una stagione di piogge dovute, oltre che alla rima, anche al fatto che si usava prendere dai primi giorni del mese le indicazioni per il periodo successivo. Il numero 40 è legato tradizionalmente ai riti dell’acqua o ai periodi della pioggia, come il Diluvio universale: «Piovve sopra la terra per quaranta dì e quaranta notti» (Genesi VIII, 12). Altri proverbi seguono lo stesso schema: San Gallo, quaranta dì durallo. Se piove per S. Gallo piove per cento giorni. Terzo aprilante quaranta dì durante. Se piove il dì dei Quaranta Martiri piove quaranta giorni. Quando l’Angelo si bagna l’ale piove fino a Natale. Se S. Medardo o S. Gervasio piova dopo quaranta dì rifà la prova.

Ut Bibianae diessic quadraginta dies. Come Santa Bibiana, così (sono) altri quaranta giorni. Un simile pronostico si dice per il 4 dicembre, Santa Barbara: Si a Sanda Barbere chjove assà n’alte e quarantde dì a da chendà. Santa Bibianascarpe di ferro e calze di lana.

Il freddo e la pioggia impongono di proteggere soprattutto i piedi.

Gli attributiL’anima uscì dal suo corpo in forma di colomba.Palma del martirio.La colonna alla quale fu legata per la flagellazione. I patrociniÈ la patrona della città di Siviglia. Protegge i malati di epilessia. Per il nome collegato impropriamente col verbo latino bibere, protegge i bevitori, cosa ben difficile, trattandosi praticamente d’un vizio, e quindi li proteggerà spingendoli sulla via del ravvedimento. È invocata contro il mal di testa. Protegge dalle occlusioni intestinali. un’erba come panaceaA Roma è conosciuta l’erba di Santa Bibiana e considerata come una sorta di panacea. È detta così perché cresceva in ogni stagione nel giardino attiguo alla chiesa dedicata alla Santa in Via Giolitti, nella zona della stazione ferroviaria. La pianta veniva raccolta, essiccata, triturata e quindi preparata in infuso e bevuta come rimedio a diverse malattie, come influenze, dolori delle ossa e altro. E probabilmente alle caratteristiche della sua erba che si rifanno i patrocini della Santa.

Viene il sospetto che l’uso s’inserisca in un’antica tradizione del luogo, l’Esquilino, dove si trova la chiesa, il quale in epoca romana fu per lungo tempo un colle quasi disabitato, finché Mecenate non lo bonificò costruendoci la sua splendida villa e i grandi giardini. Rimase comunque un luogo di cimiteri, dove si lasciavano insepolti i corpi degli schiavi, dei servi, dei poveri e di coloro che avevano subito sentenze capitali, che qui erano eseguite. A dispetto di Mecenate il luogo continuò ad essere battuto di giorno e di notte da maghe, stregoni e fattucchiere per riti e ricerche d’erbe magiche e d’altri ingredienti. Comunque sia l’erba di Santa Bibiana è l’Eupatorium cannabinum, detto anche canapa acquatica (somigliando le sue foglie a quelle della canapa), canapa selvatica, eupatorio di Avicenna, cannavo selvaggio a Napoli, erba della febbre terzana in Veneto. Il nome eupatore le fu posto poiché Mitridate Eupatore (120-63 a. C.), re del Ponto, colui che scoprì il metodo mitridatico, per primo ne indicò gli usi medicinali. È una pianta erbacea perenne, a fusti eretti, angolosi, muniti di foglie divise, simili a quelli della canapa, fiori rosso porporini a corimbo. Il fusto è rossastro, è alta da 60 cm. a un metro e mezzo, fiorisce da luglio a ottobre. Si trova in zone umide, in prati acquosi, lungo i fossati. È stata largamente impiegata nella farmacopea antica fino al recente passato, tanto che in Olanda era la panacea di contadini. La fibra dei fusti veniva impiegata per fare uno spago non troppo robusto. Era inoltre usata per l’idropisia, l’itterizia, come depuratore; se ne ricavava una poltiglia per unguenti capaci di sanare le ferite. Era un medicamento forte, da usarsi con una certa cautela.

Un tempo era detta anche santa fune perché si voleva che dalle sue fibre fossero state fatte le funi impiegate per legare Cristo durante la Passione. Ma la fibra della pianta, poco tenace, non si usava per funi, al più per spaghi.Le grandi sante: le precedenti puntate

9. Barbara, la santa oppressa dall’amore materno

8. Cecilia, la santa della bellezza spirituale

7. Perpetua e Felicita, le martiri madri

6. Agnese, santa della forza e della mitezza

5. Cristina di Bolsena, la martire fanciulla

4. Mustiola, la santa che camminò sulle acque

3. S. Caterina d’Alessandria tra culto e mito

2. Agata, la Santa del mistero della vita